Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44106 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44106 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Castiglia NOME nato a Cosenza il 02/03/1951
avverso l’ordinanza del 28/05/2024 del Tribunale per il riesame di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarat inammissibile;
letti i motivi aggiunti depositati dall’avvocato NOME COGNOME difensore di COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento del ricorso; lette le note di replica dell’avvocato NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Catanzaro ha respinto l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari ha applicato nei suoi confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari, in relazione ai delitti cui agli artt. 2, 4 e 7 865 del 1967, per aver illegalmente detenuto e portato in luogo pubblico o aperto al pubblico un’arma comune da sparo, in concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con l’aggravante di cui all’art 416-bis.1 cod. pen., per aver agito al fine di agevolare un’associazione di tipo mafioso.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione agli artt. 125, 192, 273 cod. pen., 2, 4 e 7 I. n. 865 del 1967. Nella prospettazione difensiva le intercettazioni valorizzate nel provvedimento impugnato sono generiche ed equivoche, per cui la motivazione è manifestamente illogica circa l’integrazione della fattispecie concorsuale. Il ricorrente non ha mai avuto autonoma disponibilità del bene e, in ogni caso, la detenzione è stata di breve durata, per cui la sua condotta può, al più, essere qualificata come connivenza non punibile.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 416-bis.1 cod. pen.
Non vi sono elementi concreti da cui desumere, in capo all’agente, la rappresentazione circa l’esistenza di un sodalizio mafioso nonché l’effettiva possibilità che la propria azione si iscriva nel programma criminale dell’associazione. L’eventuale consapevolezza dell’appartenenza all’associazione del concorrente NOME COGNOME che ha fornito l’arma, non è sufficiente a integrare l’aggravante, che richiede che sia l’intero consesso criminale e non il singolo, ancorché posto in posizione apicale, a trarre beneficio della condotta.
Difettano, inoltre, l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, considerato che il ricorrente risponde di un unico reato, realizzato in un lasso di tempo molto ristretto, ha precedenti penali gravi ma molto datati, tanto da aver beneficiato di misure alternative alla detenzione, attualmente sospese proprio a causa del titolo custodiale impugnato.
Nella memoria qualificata come “motivi aggiunti” il difensore dell’imputato ha richiamato, a sostegno della insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen., la giurisprudenza secondo cui il semplice svolgimento di una acclarata attività illecita, che veda coinvolto anche un soggetto appartenente a una consorteria di tipo mafioso, non può, per ciò solo, far presumere che l’autore della condotta abbia agito con il dolo specifico richiesto dall’aggravante dell’agevolazione mafiosa. Ha, poi, sottolineato che la detenzione e il porto dell’arma erano connessi alla necessità, esclusivamente personale, del figlio di difendersi nell’ipotesi in cui l’incontro chiarificatore con gli autori dell’aggression di cui era stato vittima non si fosse risolto positivamente, e che, in secondo luogo, non è sufficiente per ritenere integrata l’aggravante la qualità di associato di colui che ha fornito l’arma. Infine, ha sottolineato l’assenza di ulteriori elementi dai quali dedurre la rappresentazione circa l’esistenza di un sodalizio di stampo mafioso.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Preliminarmente si osserva che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, la Corte di cassazione è tenuta a verificare, nei limiti consentiti dalla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno determinato ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, verificando il rispetto dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Non è, dunque, consentito proporre censure riguardanti la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, come invece richiesto dal ricorrente, soprattutto attraverso l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se non quando manifestamente illogico ed irragionevole (tra le tante Sez. 3, n. 44938 del 5/10/2021, Rv. 282337).
Con primo motivo di ricorso si sollecita una non consentita rilettura degli elementi di prova già esaminati dal Tribunale per il riesame, che ha puntualmente analizzato il contenuto delle intercettazioni telefoniche da cui emergono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestati.
La vicenda si inserisce in una problematica associativa connessa al dominio sul territorio del sodalizio criminoso capeggiato da NOME COGNOME e da NOME –COGNOME n 14.0 COGNOME, compagna di quctt’ultimo, figlia del ricorrente e sorella di NOME COGNOME
Il 2 ottobre 2023 il NOME COGNOME aveva subito un’aggressione da parte di un gruppo di “zingari” che gli avevano anche sottratto l’autovettura. Dalle conversazioni intercettate emerge con chiarezza che, dopo l’aggressione, NOME COGNOME ha gestito e organizzato un incontro chiarificatore con gli “zingari” e che a NOME COGNOME è stata fornita, a questo scopo, una pistola.
Dalle conversazioni intercettate, richiamate nell’ordinanza impugnata, emerge il concorso morale di NOME COGNOME che ha rafforzato il proposito criminoso del figlio, raccomandandogli di presentarsi all’incontro munito dell’arma. Inoltre, ha contestato alla figlia NOME l’efficienza dell’arma consegnata al figlio, chiedendole di dire al suo compagno di mandarne un’altra.
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È, poi, del ( insussistente la violazione di legge dedotta, in quanto il provvedimento impugnato appare pienamente coerente con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha chiarito che «in tema di detenzione illegale di arma, la brevità della detenzione non comporta l’esclusione dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 2 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, in quanto il legislatore ha previsto la pura e semplice detenzione, senza l’aggiunta di alcuna oggettivazione che valesse comunque a dare al significato proprio del termine una portata più limitata dell’usuale» (Sez. F, n. 12682 del 02/08/1990, Rv. 185434 01) e che «risponde di concorso in porto illegale di armi colui che aderisce ad un’impresa criminosa comportante l’impiego, nel luogo programmato, di un’arma» (Sez. 1, n. 40702 del 21/12/2017, dep. 13/09/2018, Rv. 274364 – 01).
4. Anche il secondo motivo di ricorso, ribadito con i motivi aggiunti, è infondato. Secondo le Sezioni Unite «l’aggravante agevolatrice dell’attività mafiosa prevista dall’art. 416-bis.1 cod. pen. ha natura soggettiva ed è caratterizzata da dolo intenzionale; nel reato concorsuale si applica al concorrente non animato da tale scopo, che risulti consapevole dell’altrui finalità» (così Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep, 2020, COGNOME, Rv. 278734-01), finalità che non presuppone necessariamente l’intento del consolidamento o rafforzamento del sodalizio criminoso, essendo sufficiente l’agevolazione di qualsiasi attività esterna dell’associazione, anche se non coinvolgente la conservazione ed il perseguimento
delle finalità ultime tipizzate dall’art. 416-bis cod.pen. (Sez. 6, n. 53691 del 17/10/2018, COGNOME, Rv. 274615).
Infine, va aggiunto che la “finalità tipizzante” della fattispecie di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen., è costituita dallo scopo di agevolare non il singolo esponente dell’associazione di tipo mafioso, bensì l’attività dell’associazione quale gruppo sopraindividuale, come si desume dal dato testuale della previsione legislativa: infatti, l’art. 416-bis.1 cod. pen. prevede l’aggravante con riferimento ai «delitti commessi al fine di agevolare le associazioni previste [dall’art. 416-bis cod. penl».
L’ordinanza impugnata evidenzia che il delitto contestato si inserisce in problematiche associative connesse al dominio sul territorio del gruppo COGNOME e che, dal complesso delle intercettazioni, emerge in modo inequivoco la cessione da parte di NOME COGNOME dell’arma a NOME COGNOME con la complicità NOME COGNOME e NOME COGNOME al fine di recarsi armato al regolamento di conti con il gruppo avversario.
Quanto alle esigenze cautelari, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame ed essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv. 269438; Sez. 2, n. 18713 del 18/01/2023).
Nel caso di specie, con motivazione logica ed immune da vizi, il Tribunale ha evidenziato che il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede emerge dalla personalità dell’imputato, che non ha avuto alcuno scrupolo nell’invitare il figlio alla detenzione dell’arma, caldeggiandone l’uso ove necessario per affermare il predominio sul territorio e sottomettere il gruppo rivale. Il requisito dell’attualità è stato desunto dal fatto che il reato è stato post in essere in epoca recente, mentre quello della proporzionalità dall’assenza di effetto deterrente delle precedenti condanne per reati di estrema gravità (associazione per delinquere e omicidio).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 12/11/2024