Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44105 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44105 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a Cosenza il 27/09/1987
avverso l’ordinanza del 28/05/2024 del Tribunale per il riesame di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
letti i motivi aggiunti depositati dall’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento del ricorso; lette le note di replica dell’avvocato NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Catanzaro ha respinto l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza
con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione ai delitti cui agli artt. 2, e 7 I. n. 865 del 1967, per avere illegalmente detenuto e portato in luogo pubblico o aperto al pubblico un’arma comune da sparo, in concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con l’aggravante di cui all’art 416bis.1 cod. pen., per aver agito al fine di agevolare un’associazione di ‘ndrangheta.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore della persona sottoposta ad indagini denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione agli artt. 125, 192, 273 cod. pen., 2, 4 e 7 I. n. 865 del 1967. Nella prospettazione difensiva le intercettazioni valorizzate nel provvedimento impugnato sono generiche ed equivoche, per cui la motivazione è manifestamente illogica circa l’integrazione della fattispecie concorsuale. Il ricorrente non ha mai avuto autonoma disponibilità del bene e la detenzione dello stesso ha avuto breve durata, per cui la sua condotta può, al più, essere qualificata come connivenza non punibile.
2.2. Con il secondo motivo di impugnazione si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 416-bis.1 cod. pen., in quanto non vi sono elementi concreti da cui desumere, in capo al ricorrente, la rappresentazione circa l’esistenza di un sodalizio mafioso nonché l’effettiva possibilità che la sua azione si iscrivesse nel programma criminale dell’associazione.
L’eventuale consapevolezza dell’appartenenza all’associazione del concorrente NOME COGNOME che ha fornito l’arma, non è sufficiente a integrare l’aggravante, che richiede che sia l’intero consesso criminale e non il singolo, ancorché posto in posizione apicale, a trarre beneficio della condotta.
Si contesta, in secondo luogo, l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, considerato che il ricorrente risponde di un unico reato, che non ha precedenti penali e che il carico pendente richiamato dal Tribunale per il riesame é stato definito con sentenza assolutoria per non aver commesso il fatto.
In ogni caso si rileva che la misura della custodia carceraria non è adeguata né proporzionata alle esigenze cautelari, laddove ritenute sussistenti, potendo queste essere soddisfatte con misure meno afflittive
Con memoria qualificata come “motivi aggiunti” il difensore dell’imputato si è limitato a richiamare, a sostegno della già denunciata insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., la giurisprudenza secondo cui il semplice svolgimento di una acclarata attività illecita, che veda coinvolto anche un soggetto appartenente ad una consorteria di tipo mafioso, non può per ciò solo far presumere che l’autore della condotta abbia agito con il dolo specifico richiesto dall’aggravante dell’agevolazione mafiosa. Ha, poi, sottolineato: a) che la detenzione e il porto dell’arma sono giustificati da un motivo esclusivamente personale, dovendo con tale arma tutelare se stesso, nel caso in cui l’incontro chiarificatore con gli autori dell’aggressione di cui è stato vittima non si fosse risolto positivamente); b) che il fatto che il fornitore dell’arma sia un soggetto appartenente ad una associazione mafiosa non è sufficiente per ritenere integrata l’aggravante; c) l’assenza di ulteriori elementi dai quali dedurre la rappresentazione circa l’esistenza di un sodalizio di stampo mafioso.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Preliminarmente si osserva che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, la Corte di cassazione è tenuta a verificare, nei limiti consentiti dalla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno determinato ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, verificando il rispetto dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Non è, dunque, consentito proporre censure riguardanti la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, come invece richiesto dal ricorrente, soprattutto attraverso l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se non quando manifestamente illogico ed irragionevole (tra le tante Sez. 3, n. 44938 del 5/10/2021, Rv. 282337).
Con primo motivo di ricorso si sollecita una non consentita rilettura degli elementi di prova già esaminati dal Tribunale per il riesame, che ha puntualmente analizzato il contenuto delle intercettazioni telefoniche, da cui emergono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestati.
La vicenda si inserisce in una problematica connessa al dominio sul territorio del sodalizio criminoso capeggiato da NOME COGNOME e da NOME COGNOME compagna di quest’ultimo e sorella del ricorrente.
Il 2 ottobre 2023 il ricorrente aveva subito un’aggressione da parte di un gruppo di “zingari”, che gli avevano anche sottratto l’autovettura. Dalle conversazioni intercettate emerge con chiarezza che NOME COGNOME ha, allora, gestito e organizzato un incontro chiarificatore con gli “zingari” e che al ricorrente è stata fornita, a questo scopo, una pistola.
Con motivazione logica e immune da vizi il Tribunale ha escluso che l’arma fosse un coltello e ha ritenuto una mera congettura l’ipotesi difensiva che attribuisce il rumore dello scarrellamento dell’arma registrato nelle captazioni audio a uno spostamento del sedile dell’autovettura.
È, poi, insussistente la violazione di legge dedotta, in quanto il provvedimento impugnato appare pienamente coerente con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha chiarito che «in tema di detenzione illegale di arma, la brevità della detenzione non comporta l’esclusione dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 2 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, in quanto il legislatore ha previsto la pura e semplice detenzione, senza l’aggiunta di alcuna oggettivazione che valesse comunque a dare al significato proprio del termine una portata più limitata dell’usuale» (Sez. F, n. 12682 del 02/08/1990, COGNOME, Rv. 185434 01), e che «risponde di concorso in porto illegale di armi colui che aderisce ad un’impresa criminosa comportante l’impiego, nel luogo programmato, di un’arma» (Sez. 1, n. 40702 del 21/12/2017, COGNOME, Rv. 274364 – 01).
4. Anche il secondo motivo di ricorso, ribadito con i motivi aggiunti, è infondato. Va preliminarmente osservato che, secondo le Sezioni Unite, «l’aggravante agevolatrice dell’attività mafiosa prevista dall’art. 416-bis.1 cod. pen. ha natura soggettiva ed è caratterizzata da dolo intenzionale; nel reato concorsuale si applica al concorrente non animato da tale scopo, che risulti consapevole dell’altrui finalità» (così Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 27873401), finalità che non presuppone necessariamente l’intento del consolidamento o rafforzamento del sodalizio criminoso, essendo sufficiente l’agevolazione di qualsiasi attività esterna dell’associazione, anche se non coinvolgente la conservazione ed il perseguimento delle finalità ultime tipizzate dall’art. 416-bis cod. pen. (Sez. 6, n. 53691 del 17/10/2018, COGNOME, Rv. 274615).
Infine, va aggiunto che la “finalità tipizzante” della fattispecie di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen., è costituita dallo scopo di agevolare non il singolo esponente dell’associazione di tipo mafioso, bensì l’attività dell’associazione quale gruppo sopraindividuale, come si desume dal dato testuale della previsione legislativa: infatti, l’art. 416-bis.1 cod. pen. prevede l’aggravante con riferimento ai «delitti commessi al fine di agevolare le associazioni previste ».
L’ordinanza impugnata, con motivazione logica e immune da vizi, evidenzia che il delitto per cui si procede si inserisce in problematiche associative connesse al dominio sul territorio del gruppo Sganga e che di tale contesto il ricorrente, che aveva subito in prima persona l’aggressione che aveva originato il contrasto con un altro gruppo, era ben consapevole (cfr. dialogo riportato a pag. 6 dell’ordinanza in cui NOME COGNOME parla dell’importanza dell’incontro per le dinamiche dell’associazione e per l’affermazione del potere e del prestigio della stessa sul territorio).
Quanto alle esigenze cautelari, secondo il consolidato orientamento, che il Collegio condivide, l’ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame ed essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv. 269438; Sez. 2, n. 18713 del 18/01/2023).
Nel caso di specie il grave e attuale pericolo di reiterazione del reato è stato desunto dallo spessore criminale del ricorrente, che ha un rapporto paritario con NOME COGNOME e che ha intessuto rapporti con i vertici e con i sodali dell’associazione, dall’intensità del dolo, dalla presenza di un precedente penale, dalla circostanza che il delitto contestato è stato posto in essere in epoca molto recente.
Tale motivazione, logica ed esaustiva, non viene scalfita dalle argomentazioni addotte dalla difesa, non potendo attribuirsi valenza determinante alla positiva conclusione della vicenda cui si riferiva il carico pendente richiamato dal Tribunale per il riesame, in mancanza della dimostrazione della recisione dell’ampia rete di rapporti intessuta dal ricorrente con i vertici e sodali dell’associazione.
Al rigetto del ricorso consegue l’obbligo al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. doc. proc. pen.
Così deciso il 12/11/2024