Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3699 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 3699  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a TRANI il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 26/01/2023 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
lette le conclusioni della Procuratrice generale, NOME COGNOME, la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
 Con decreto del 26/1/2023, depositato il 10/2/2023, la Corte di appello di Bari, in veste di giudice della prevenzione, ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento del Tribunale in sede del 22/6/2022, con il quale era stata aggravata la misura della sorveglianza speciale di PS per un ulteriore anno, originariamente imposta con decreto n. 103 del 2006.
Nel decreto si è illustrato che la pericolosità sociale dell’appellante, inquadrata nella categoria dell’art. 4, lett. c), D. Lgs. n. 159 del 2011, si e aggravata per l’intervenuta condanna per il delitto di detenzione di arma da guerra, nonché per la sottoposizione del COGNOME a procedimento penale per reati in materia di spaccio di sostanze stupefacenti in Andria, dal 2014 al 2015, infine per l’arresto, avvenuto a Tortoreto Lido, per detenzione e ricettazione di arma comune da sparo, con condanna in primo grado.
Avverso detta ordinanza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo profili di violazione di legge, nei seguenti termini.
2.1. Si denuncia la violazione dell’art. 14 D. Lgs. n. 159 del 2011, per la riqualificazione dell’originaria proposta di sottoposizione a misura di prevenzione in una proposta di aggravamento della precedente misura.
Illustra il ricorrente di essere stato destinatario di una nuova proposta di misura di prevenzione, ma ciò era ostacolato dalla preesistenza di altra misura di prevenzione; peraltro, una nuova domanda avrebbe radicato la competenza dell’autorità giudiziaria del luogo di abituale dimora del proposto, da individuarsi in Gallarate, ove da tempo è domiciliato il COGNOME. È stato poi rilevato che la nuova proposta postulava una pericolosità sociale qualificata, in quanto derivante da un procedimento per delitti aggravati dal metodo mafioso, anche se tale circostanza era già caduta in sede cautelare.
A fronte di tali criticità, il Tribunale aveva accolto la richiesta della Procu di mutare la domanda in quella di aggravamento della preesistente misura di prevenzione, peraltro senza adeguatamente argomentare sull’attualità e permanenza della pericolosità sociale del COGNOME. Sul punto, il Tribunale si era basato su una relazione della Questura di Andria, che – ad avviso del ricorrente – non era a conoscenza delle condizioni di vita del proposto, ormai da anni stabilitosi a Gallarate. Inoltre, non si è considerato che durante l’applicazione dell’originaria misura di prevenzione, COGNOME era stato sottoposto a detenzione domiciliare con autorizzazione al lavoro esterno, e prima del disposto aggravamento, nonché ancor prima della risottoposizione alla precedente misura di prevenzione, non era
stata verificata la perdurante attualità della pericolosità sociale a seguito dell citata misura alternativa.
2.2. Nel secondo motivo si approfondisce la criticata assenza di una relazione di verifica della persistente pericolosità sociale del COGNOME, non ritenendosi valida fonte di informazione quella della Questura di Andria, per le ragioni già esposte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo punto attiene alla dedotta violazione di legge per essere stata mutata l’originaria domanda di nuova misura di prevenzione con una richiesta di aggravamento della preesistente misura di prevenzione.
La censura è infondata, come ha illustrato l’impugnato decreto.
Alla stregua dell’esegesi di legittimità, «Nel procedimento di prevenzione, l’autorità giudiziaria può operare una diversa qualificazione giuridica della domanda e ritenere, in presenza dei presupposti e delle condizioni di legge, che la richiesta di aggravamento di una misura di prevenzione formulata ai sensi dell’art. 7 L. n. 1423 del 1956 possa qualificarsi come richiesta di una nuova misura ex artt. 3 e 4 della stessa legge, senza che tanto valga ad integrare una violazione del principio del contraddittorio» (Sez. 6, n. 26820 del 07/06/2012, Lunetto e altro, Rv. 253116). Deve ritenersi che tale principio sia valido anche in senso inverso, in quanto la possibilità di operare una diversa qualificazione giuridica della pericolosità del proposto costituisce un potere generale che spetta ad ogni giudice procedente che, se esercitato previa interlocuzione delle parti sulle questioni dedotte o deducibili collegate alla proposta, non comporta alcuna violazione del contraddittorio (in termini, vds. Sez. 6, n. 45815 del 29/10/2008, Cammarata e altro, Rv. 242005; Sez. 6, n. 26820 del 07/06/2012, cit.; Sez. 6, n. 43446 del 15/06/2017, COGNOME e altri, Rv. 271220).
Nella specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tal principi di diritto, osservando che – alla stregua dei plurimi elementi di fat analizzati nell’ordinanza in esame e correlati all’emersione di fatti nuovi ai sensi dell’art. 11, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (nuove condanne riportate dal COGNOME per delitti in materia di armi, anche da guerra; indagini a suo carico per reati di spaccio di sostanze stupefacenti, già esitati in una richiesta di rinvio a giudizio) – è evidente la incrementata pericolosità sociale de ricorrente, così da giustificare il proposto aggravamento dell’originaria misura di prevenzione. E su tale determinazione non incide in alcun modo la caducazione dell’aggravante di mafia, che si asserisce esclusa in sede cautelare (ma il dato non è supportato documentalmente), né ciò refluisce sul profilo della compe-
tenza territoriale, poiché la richiesta di aggravamento si configura in termini accessori rispetto alla misura di prevenzione genetica, ancora in corso: infatti, «La competenza a provvedere sulle proposte di aggravamento di misure di prevenzione personali, così come su ogni istanza di revoca o modifica delle stesse, anche a seguito della nuova previsione di cui all’art. 11, comma secondo, d.lgs. n. 159 del 2011, spetta in via funzionale all’organo giurisdizionale che ha emesso il provvedimento di cui si chiede la modifica» (Sez. 1, n. 18224 del 09/01/2015, Concas, Rv. 263316). Ivi si è osservato che trattasi di competenza inderogabile, sorretta da una precisa ratio, ossia quella di consentire l’apprezzamento delle sopravvenienze da parte dello stesso organo già pronunziatosi sulla sussistenza dei presupposti applicativi, poiché nell’ambito delle misure di prevenzione non si opera un giudizio penale su un “fatto”, bensì un apprezzamento di circostanze idonee a modificare (in senso favorevole o sfavorevole) le ricadute di una prognosi di pericolosità sociale.
1.2. In ordine al tema della perdurante attualità della pericolosità sociale del COGNOME, inquadrato nella categoria dei soggetti dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la pubblica sicurezza, si osserva che l’argomento difensivo utilizzato sul punto è privo di ogni incidenza.
Infatti, la pregressa ammissione del ricorrente alla detenzione domiciliare con autorizzazione al lavoro esterno è stata revocata dal Tribunale di sorveglianza – sia pure con “benevola” efficacia ex nunc a causa delle condotte antigiuridiche del COGNOME, sicché l’ammissione alla misura alternativa non è stata considerata indicativa di alcuna attenuazione della pericolosità sociale nel senso indicato dalla difesa. Quanto alla verifica di perdurante pericolosità sociale ai sensi dell’art. 14, comma 2 ter, D. Lgs. n. 159/2011, adempimento richiesto qualora l’esecuzione della sorveglianza speciale sia rimasta sospesa durante il tempo in cui l’interessato è stato sottoposto a detenzione per espiazione di pena protrattasi per almeno due anni, nel caso di specie, non risultano né sono stati allegati i presupposti giuridici che avrebbero determinato tale obbligo di verifica; peraltro, la permanenza, anzi l’incremento della pericolosità sociale del COGNOME si è ricavato dai nove indicati in precedenza, così da legittimare l’aggravamento della misura di prevenzione per gravi esigenze di sicurezza pubblica, che è stato disposto su richiesta del AVV_NOTAIO ministero.
In conclusione, ritiene questa Corte che l’impugnato provvedimento abbia attuato un vaglio esaustivo dell’attualità della pericolosità sociale del COGNOME, alla stregua dei plurimi elementi di fatto analizzati nell’ordinanza in esame, dei quali ha dato conto coerentemente alle direttrici del riesame della pericolosità sociale, come elaborate dalla giurisprudenza di legittimità.
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve ess respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali.
Così deciso il 12 settembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente