Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19139 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19139 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Oliveto Citra il 22/09/1999 rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l ‘ordinanza emessa in data 03/02/2025 dal Tribunale di Salerno, sezione per il riesame
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610, commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte depositate in data 17/03/2025 con le quali il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni scritte depositate in data 26/03/2025 dal difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Salerno, in sede di appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen, confermava l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Salerno in data 10/01/2025 con la quale era stata sostituita la misura cautelare degli arresti domiciliari con la custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME appellante avverso la sentenza emessa in data 16/04/2024 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Salerno che lo aveva dichiarato responsabile dei reati di rapina, tentata estorsione, porto ingiustificato di coltello lesioni personali, violenza privata, danneggiamento, indebito utilizzo di carta di pagamento, e condannato alla pena detentiva di anni cinque mesi quattro di reclusione.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando un unico motivo con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen, la violazione di legge in relazione agli artt. 273, 274, 275, 276, comma 1ter, del codice di rito e all’art. 385 cod. pen., nonchè la manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per non avere il Tribunale ritenuto ‘di lieve entità’ l’allontanamento dell’imputato dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, protratto per un brevissimo lasso di tempo e per la necessità di procurarsi presso la vicina di casa NOME COGNOME (abitante al civico INDIRIZZO, posto a pochi metri dalla sua abitazione) il farmaco tachipirina, da somministrare al figlio di soli due anni mezzo che aveva la febbre alta.
Il luogo ove è stato sorpreso l’imputato e la giustificazione da questi fornita nell’immediatezz a alle F orze dell’ Ordine (confermata dalla stessa COGNOME in sede di indagini difensive) erano elementi c he configuravano un’evasione determinata da primarie necessità; le due persone con le quali COGNOME era visto parlare, in attesa della consegna del farmaco, erano soggetti che stavano semplicemente eseguendo lavori di manutenzione nei pressi del balcone della vicina di casa; il Tribunale ha escluso l’ipotesi di lieve entità valorizzando precedenti violazioni alle prescrizioni avvenute un anno prima che, tuttavia, il giudice per le indagini preliminari aveva , all’epoca, ritenuto non idonee all’aggravamento della misura cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Con motivazione puntuale e scevra da manifesta illogicità, l’ordinanza impugnata (pagg. 3 e 4) ha evidenziato che COGNOME, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari con divieto di comunicazione con persone diverse dalle conviventi, in data 28 dicembre 2024, nel corso di un controllo, era stato trovato sulla pubblica via, a circa 15 metri dall’abitazione in compagnia di NOME COGNOME, pregiudicato, e di NOME COGNOME, attinto da precedenti di polizia.
Il Tribunale ha ritenuto non credibile la giustificazione offerta dall’imputato in merito all’allontanamento dalle mura domestiche (e cioè la necessità di farsi consegnare dalla vicina di casa il farmaco Tachipirina per somministrarlo al figlio di due anni e mezzo), richiamando dati logici e fattuali contrastanti con l’urgente bisogno rappresentato.
Ha quindi affermato che la condotta di evasione non era qualificabile in termini di ‘lieve entità’ , considerato che, già nei mesi precedenti, COGNOME era stato sorpreso per due volte fuori dal domicilio, nella prima occasione nel piazzale antistante la propria abitazione unitamente ad altro soggetto ed aveva giustificato la violazione sempre con necessità sanitarie del figlio non comprovate, la seconda volta era stato sorpreso in compagnia del pregiudicato COGNOMEAngelo COGNOME
Alla luce di tali precedenti violazioni di analoga natura, il giudice della cautela ha, dunque, ritenuto che l’ultima condotta di evasione non pote va essere valutata in termini di modesto rilievo, essendo, invece, espressione di pervicace propensione alla sistematica inosservanza delle prescrizioni imposte e di perseveranza nei contatti con soggetti pregiudicati, così da palesare l’incapacità di autocontrollo dell’imputato, con conseguente inadeguatezza della misura domiciliare a fronteggiare le sussistenti esigenze cautelari.
Si tratta di un costrutto motivazionale esaustivo, scevro da incoerenze, aderente ai dati fattuali disponibili ed in linea con le direttive ermeneutiche di legittimità secondo cui, ai fini della valutazione della ‘lieve entità’ e della sostituzione della misura in atto con una più grave, quale che sia la prescrizione violata, il giudice deve verificare se la condotta di trasgressione -alla stregua delle modalità, del grado di colpevolezza da essa desumibile e dell’entità del danno o del pericolo che ne è derivato -presenti caratteri rivelatori della sopravvenuta inidoneità della misura in corso a fronteggiare le inalterate esigenze cautelari, valutazione che, ove sorretta, come nel caso di specie, da adeguata, corretta e logica motivazione, non è sindacabile in sede di legittimità (cfr., ex multis , Sez. 6, n. 8071 del 16/12/2020, dep. 2021, P., Rv. 281153-01; Sez. 5, n. 36060 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280036-01; Sez. 5, n. 3175 del 08/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275260-01; Sez. 6, n. 58435 del 04/12/2018, COGNOME, Rv. 275040-01).
E va anche sottolineato che, nell’ipotesi di trasgressione alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, ove ritenuta non di lieve entità, la misura va revocata obbligatoriamente e sostituita con la custodia cautelare in carcere, non dovendo il giudice previamente valutare l’idoneità degli arresti domiciliari con modalità elettroniche di controllo (Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 27046301; Sez. 4, n. 44410 del 15/10/2019, COGNOME, Rv. 277696-01).
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi, ai sensi dell’art. 94, comma 1 -ter , delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente si trova ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1bis del citato articolo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 03/04/2025