Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1814 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1814 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME
NOME> nato a Roma il 02/02/1990
avverso l’ordinanza del 03/10/2024 del Tribunale di L’Aquila
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte di cassazione voglia dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento qui impugnato il Tribunale di L’Aquila rigettava l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME (sottoposto a indagini per i reati ex artt. 628, terzo comma, nn. 1 e 3-bis, e 493-ter cod. pen.) avverso l’ordinanza con la quale, in data 11 settembre 2024, il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva aggravato la originaria misura cautelare degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, a mezzo del proprio difensore, in ragione dei seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla omessa valutazione della entità, dei motivi e delle circostanze dell’unica violazione commessa da COGNOME, il quale accolse presso la propria abitazione, in una sola occasione, le due persone offese (la ex convivente, madre dei due figli, e il suo nuovo compagno), così contravvenendo alla disposizione con la quale il G.i.p., ad integrazione dell’ordinanza genetica, gli aveva vietato di avere contatti con persone diverse dai familiari conviventi.
Il Tribunale, inoltre, per legittimare il provvedimento di aggravamento della misura, ha valorizzato elementi già considerati nell’ordinanza con cui il G.i.p. aveva applicato gli arresti domiciliari, quali le modalità della condotta e il comportamento tenuto da COGNOME dopo la commissione dei fatti.
2.2. Violazione di legge e vizio motivazionale in quanto il Tribunale non ha rilevato la inosservanza dell’art. 275, comma 3-bis, cod. proc. pen. da parte del G.i.p., che ha aggravato la misura senza nulla argomentare sulla ritenuta inadeguatezza degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’art. 611, commi 1-bis e 1-ter, del codice di rito.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato perché proposto con motivi infondati.
La difesa non ha considerato l’elemento fondamentale rimarcato dal G.i.p. nel provvedimento emesso ex art. 276 cod. proc. pen. e nell’ordinanza qui impugnata, costituito dalla natura della violazione in relazione ai reati per i quali NOME COGNOME è stato cautelato.
Il ricorrente, infatti, risulta indagato per il reato di rapina, aggravata pe avere commesso il fatto armato di coltello e all’interno dell’abitazione di privata dimora della vittima: secondo l’imputazione, COGNOME, di notte era andato per tre volte a casa della ex convivente minacciando di morte lei ed il suo nuovo compagno, malmenando quest’ultimo e sottraendo il portafoglio e l’autovettura della donna; si era poi introdotto di nuovo nella sua abitazione, forzando e
rompendo una serranda, sottraendo una carta libretto di risparmio postale della ex convivente, utilizzata indebitamente per effettuare un prelievo di 600 euro.
Il G.i.p., appreso dalla p.g. che la donna si era recata a casa di Mattioni, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, in data 5 settembre 2024 integrò l’ordinanza genetica, prescrivendo all’indagato il divieto di avere contatti con familiari non conviventi.
Dopo soli tre giorni presso l’abitazione del ricorrente la polizia giudiziaria accertò nuovamente la presenza della ex convivente, accompagnata nell’occasione dal nuovo compagno, anch’egli persona offesa.
La motivazione dei giudici di merito è incensurabile là dove ha rimarcato la insensibilità dell’indagato ai provvedimenti coercitivi e alle prescrizioni imposte e la inadeguatezza della misura in atto, inidonea a salvaguardare l’elevato pericolo di recidiva in relazione al quale è tutt’altro che irrilevante, in ragione di quanto disposto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la condotta minacciosa reiterata da COGNOME successivamente ai gravi fatti contestati, evidenziata nella ordinanza impugnata.
Il ricorrente, poi, non ha neppure dedotto che il contatto (vietato) con le due persone offese presso la propria abitazione sarebbe avvenuto a seguito di una loro autonoma iniziativa.
Il G.i.p. e il Tribunale, quindi, hanno rispettato il principio, affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, per disporre l’aggravamento della misura cautelare, il giudice deve puntualmente valutare che la trasgressione inerente alla misura già imposta risulti inconciliabile con le finalità per le quali gli obblighi stessi furono imposti (cfr., ad es., Sez. 5, n. 317 del 08/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275260 – 01; Sez. 6, n. 58435 del 04/12/2018, COGNOME, Rv. 275040 – 01; Sez. 5, n. 489 del 02/07/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262209 – 01), riferendosi il fatto di lieve entità di cui all’ar 276, comma 1 -ter, cod. proc. pen. a violazioni di modesto rilievo ovvero a quelle che non sono in grado di smentire la precedente valutazione di idoneità degli arresti domiciliari a tutelare le esigenze cautelari (Sez. 4 n. 44410 del 15/10/2019, COGNOME, Rv. 277696 – 01; Sez. 4 n. 13348 del 09/02/2018, COGNOME, Rv. 272943 – 01; da ultimo vds. Sez. 6, n. 43190 del 24/09/2024, Distaso, non mass.).
Va altresì ribadito che il giudizio sulla gravità della condotta trasgressiva è riservato al giudice del merito e, ove fornito – come nel caso di specie – di adeguata, corretta e logica motivazione, non è sindacabile in sede di legittimità (Sez. 5, n. 36060 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280036 – 01).
3. Anche il secondo motivo è privo di fondamento.
L’ordinanza impugnata ha specificamente motivato in ordine alla inadeguatezza della misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, osservando, con logica argomentazione, che dal tipo di violazione commessa risulta “come l’imposizione dello strumento elettronico di controllo sarebbe del tutto inidoneo ad evitare future violazioni del presidio, analoghe a quelle poste alla base dell’aggravamento, non impedendo detto strumento all’indagato di continuare ad intrattenere contatti con terzi, ospitandoli presso il proprio domicilio, al pari di quanto fatto in passato”.
Risulta irrilevante la omessa specifica motivazione sul punto da parte del G.i.p., nel provvedimento emesso ex art. 276 cod. proc. pen., se solo si considera che, anche in sede di riesame, il Tribunale ha il potere-dovere di integrare le insufficienze motivazionali dell’ordinanza di custodia cautelare relative alla valutazione di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari con l’uso del braccialetto elettronico, poiché l’art. 309, comma 9, cod. proc. pen. non prevede quale causa di annullamento dell’ordinanza cautelare la mancanza di indicazioni sull’adeguatezza della misura (cfr. Sez. 2, n. 42557 del 04/07/2017, COGNOME, Rv. 270773 – 01; Sez. 2, n. 10150 del 24/02/2016, COGNOME, Rv. 266190 – 01; da ultimo vds. Sez. 3, n. 41897 del 14/09/2024, COGNOME, non mass.).
Al rigetto dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 05/12/2024.