Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31818 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31818 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 18/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 18/09/2025
R.G.N. 23886/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Vibo Valentia il giorno 05/12/1972 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l’ordinanza in data 6/5/2025 del Tribunale di Catanzaro in funzione di giudice del riesame, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che nonostante sia stata richiesta dal difensore la trattazione orale del procedimento nessuno Ł comparso per l’indagato;
letti i motivi nuovi formulati dalla difesa del ricorrente con atto datato 2/9/2025;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 6 maggio 2025, a seguito di giudizio ex art. 310 c.p.p., il Tribunale di Catanzaro ha rigettato l’appello presentato nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza di aggravamento della misura cautelare emessa in data 20 febbraio 2025 dal Tribunale di Vibo Valentia.
Il COGNOME in origine era stato sottoposto alla misura cautelare personale della custodia in carcere in relazione ai reati di estorsione (tentata e consumata), aggravata ex art. 416-bis.1 cod. pen., nonchØ per violazione della legge sulle armi, misura successivamente gradata dal Tribunale del riesame mediante la concessione degli arresti domiciliari.
A seguito di un’annotazione di P.G. del 12 febbraio 2025 dalla quale Ł emerso che l’indagato ha violato le prescrizioni inerenti la misura degli arresti domiciliari essendo stato sorpreso dai Carabinieri il giorno precedente, mentre all’interno della propria abitazione si trovava in compagnia unitamente ad altri soggetti poi tratti in arresto in flagranza per violazione della legge sugli stupefacenti il Tribunale ripristinava nei confronti dello stesso la misura cautelare personale della custodia in carcere.
Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagato, deducendo:
2.1. Illogicità della motivazione e omessa valorizzazione delle condizioni di salute del ricorrente.
Lamenta, al riguardo, la difesa l’omissione di una puntuale e coerente valutazione
delle condizioni di salute del ricorrente già in precedenza ritenute incompatibili con il regime carcerario, nonchØ il fatto che il Tribunale ha ritenuto che la valutazione delle condizioni di salute non può essere valorizzata nella sede di riesame in quanto condizione stabile risalente nel tempo.
Inoltre, il Tribunale non avrebbe tenuto conto della circostanza che le condizioni di salute del Cichello sono non solo persistenti ma oggetto di peggioramento.
In ogni caso il fatto che il Tribunale del riesame ha ritenuto di non poter esaminare la questione relativa alle condizioni di salute dell’odierno ricorrente, oggetto di disciplina da parte dei commi 4 e 4-bis dell’art. 275 cod. proc. pen., comporterebbe un difetto di motivazione su di un punto rilevante della vicenda procedimentale.
2.2. Illogicità della motivazione ed erronea valutazione di un episodio estraneo al ricorrente.
Si duole la difesa del ricorrente del fatto che il Tribunale ha posto a fondamento dell’aggravante della misura cautelare un episodio non riconducibile alla persona del COGNOME e che non Ł oggetto di indagine a carico dello stesso trattandosi di vicenda relativa alla violazione della legge sugli stupefacenti posta in essere ad opera di terzi.
I fatti descritti, infatti, si sono svolti mentre il COGNOME era allettato per un malore e non sono emersi elementi a carico dello stesso in ordine alla vicenda delittuosa.
Infine, evidenzia la difesa del ricorrente che il COGNOME non risulta aver mai posto in essere nel lungo tempo nel quale si Ł trovato agli arresti domiciliari violazioni della misura cautelare e che non Ł emerso alcun coinvolgimento od ausilio da parte dello stesso alla fuga dei soggetti che si trovavano presso la di lui abitazione.
2.2. Con atto datato 2 settembre 2025 la difesa del ricorrente ha presentato ‘motivi nuovi’ deducendo violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 275, 299, 292 e 125 cod. proc. pen. evidenziando che la relazione dei Carabinieri che ha dato luogo all’iter per l’aggravamento della misura cautelare si Ł limitata esclusivamente ad indicare l’ingresso nell’abitazione del Cichello e la successiva fuga del Pititto senza che si sia tenuto conto che all’interno dell’abitazione vi erano altri familiari dell’odierno ricorrente, abilitati ai colloqui. In sostanza, i Giudici del merito avrebbero affermato, senza la sussistenza di elementi probatori a conforto, che sia stato proprio il COGNOME, consapevole dell’altrui agire illecito e, in particolar modo della commissione del reato di cui all’art. 73 del D.P.R n. 309/90, a dare l’avviso al COGNOME per consentirne la fuga.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Osserva il Collegio in via preliminare che a seguito di accertamento relativo al regime cautelare in corso di applicazione nei confronti dell’indagato Ł emerso dalla certificazione del D.A.P. acquisita agli atti che con ordinanza in data 8 luglio 2025 (quindi successiva all’ordinanza impugnata ed alla presentazione del ricorso qui in esame) il Tribunale del riesame di Catanzaro ha sostituito nei confronti del COGNOME la misura cautelare personale della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Ciò doverosamente premesso, rileva la Corte che il ricorso Ł manifestamente infondato in entrambe le sue articolazioni.
E’, innanzitutto, doveroso evidenziare che il Tribunale del riesame ha fornito risposta congrua, logica e corrispondente ai principi di diritto che regolano la materia alle questioni che la difesa del ricorrente ha riproposto anche in questa sede.
Il Tribunale ha dato correttamente atto che già il Giudice di prime cure ha evidenziato che le violazioni accertate avevano comunque aggravato il quadro cautelare
sussistente a carico dell’indagato in quanto non solo rappresentano violazioni delle prescrizioni inerenti al titolo custodiale, ma incidono aggravandolo sul quadro di cautela.
Del resto, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, appare all’evidenza irrilevante il fatto che il COGNOME non sia stato chiamato a rispondere a titolo di concorso nel reato ipotizzato a carico dei soggetti che si trovavano presso la sua abitazione, in quanto la violazione delle prescrizioni della misura cautelare in atto Ł per l’appunto consistita nell’avere accolto presso la propria abitazione soggetti che, alla vista dei Carabinieri, hanno cercato di darsi alla fuga e che una volta raggiunti sono stati tratti in arresto in flagranza del reato di violazione della legge sugli stupefacenti.
Trattasi di elemento evidenziato nell’ordinanza impugnata che rende logicamente fondata la valutazione operata dai Giudici dell’incidente cautelare.
Con riguardo, poi, vizi di motivazione dedotti nei ‘motivi nuovi’ giova innanzitutto ricordare che «In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, Ł ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito» (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
Nel caso in esame le questioni proposte nei ‘motivi nuovi’ superano il limite di sindacabilità da parte della Corte di cassazione sul provvedimento impugnato nel quale, come detto, sono state adeguatamente ricostruite in fatto le condotte che hanno dato luogo alla valutazione del Tribunale senza che siano ravvisabili vizi di motivazione che sul punto potrebbero portare ad un annullamento del provvedimento impugnato.
Sul punto appare solo doveroso rilevare che non risulta alcuna conferma di quanto sostenuto dalla difesa circa il fatto che il COGNOME era soggetto ‘allettato’ a causa delle condizioni di salute, atteso che dalla informativa redatta dai Carabinieri in data 12 febbraio 2025, risulta che lo stesso «veniva visto precipitarsi all’interno dell’abitazione».
Quanto, poi, alla questione dei profili inerenti alla compatibilità delle condizioni di salute del Cichello con il regime carcerario, il Tribunale, nell’ordinanza impugnata, ha correttamente rilevato l’inammissibilità della stessa, risultando dagli atti che la questione Ł stata sottoposta autonomamente al Tribunale di Vibo Valentia con apposita istanza de libertate formulata alla successiva udienza del 24 febbraio 2025, e che il Tribunale ha subito proceduto ad adottare le determinazioni di competenza, avviando la ricerca di un Istituto dotato di apposito presidio sanitario.
Il Tribunale del riesame ha, inoltre, debitamente evidenziato, che:
la decisione con la quale si era stabilito (in altro procedimento) che le condizioni di salute del Cichello erano incompatibili con il regime carcerario risale ad oltre un triennio e, pertanto, non risulta valorizzabile nella sede nella quale Ł intervenuta l’ordinanza impugnata in quanto non Ł possibile ai Giudici dell’appello cautelare procedere ad una valutazione nell’attualità di dette condizioni di salute e della relativa incompatibilità con la misura della .detenzione in istituto custodiale;
la valutazione della compatibilità carceraria non poteva essere devoluta al Tribunale del riesame trattandosi di questione non sottoposta al vaglio del Giudice di primo grado;
non Ł, infine, possibile una rivalutazione del quadro cautelare, trattandosi di questione preesistente alle condotte contestate e inidonea ad incidere sull’oggettiva gravità
dei fatti commessi e posti a fondamento dell’aggravamento.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 18/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME