Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11970 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11970 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME ( CUI CODICE_FISCALE ) nato il 04/01/1988
avverso l’ordinanza del 24/10/2024 del TRIB. LIBERTA di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 24.10.2024 il Tribunale ordinario di Roma, sezione per il riesame, ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 14.8.2024 con cui la Corte d’appello di Roma aveva aggravato la misura cautelare originariamente applicata del divieto di dimora in Roma con quella della custodia cautelare in carcere.
Per una migliore comprensione dell’oggetto del ricorso, va premesso che NOME COGNOME veniva raggiunto dalla misura del divieto di dimora in Roma con ordinanza emessa in data 15.2.2024, a seguito di convalida dell’arresto in flagranza avvenuto il 14.2.2024, in relazione al reato di detenzione a fini di cessione di sostanza stupefacente (art. 73, comma 5, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309) per il quale veniva condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 1400,00 di multa con sentenza del Tribunale di Roma del 15.2.2024, confermata in appello con sentenza del 24.5.2024.
Appena pochi mesi dopo l’esecuzione della misura, ovvero in data 4.8.2024, l’imputato veniva nuovamente arrestato perché trovato in possesso di gr. 4,60 di cocaina in una nota piazza di spaccio in Roma.
A seguito del nuovo arresto, la Corte d’appello ha emesso l’ordinanza di aggravamento della misura in atto con la custodia cautelare in carcere.
Interposto gravame avverso detto provvedimento, il giudice dell’appello cautelare ha rigettato il gravame proposto dal difensore dell’imputato, ritenendo la sussistenza di profili di inammissibilità per difetto di specificità dei motivi ed i ogni caso ha ritenuto corretta la valutazione della Corte d’appello atteso che la reiterazione del reato e la violazione delle prescrizioni inerenti il divieto di dimora in Roma, quando già era in atto la misura cautelare di tipo non detentivo, costituiscono gravi violazioni in relazione alle quali né l’appellante né il difensore hanno fornito una versione alternativa. Concludendo quindi per la legittimità dell’ordinanza di aggravamento.
Avverso l’ordinanza reiettiva dell’appello l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Con il primo deduce ai sensi dell’art. 606, lett. c) ed e) cod.proc.pen. l’illogicità della motivazione con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza e la mancata violazione del principio devolutivo.
Si assume che l’ordinanza impugnata, come del resto l’ordinanza genetica, ritiene che nel caso di specie ricorrano le condizioni previste dall’art. 273 cod.proc.pen. ma in realtà non c’é alcun riscontro dei legami di natura criminale del prevenuto ed, anzi, proprio l’assoluta impossidenza del medesimo ben potrebbe costituire una causa di esclusione dell’applicazione della misura ai sensi
dell’art. 273, comma 2, cod.proc.pen. avendo essa nella specie valore di vera e propria causa di giustificazione ai sensi dell’art. 54 cod.pen.
Con il secondo motivo deduce ai sensi dell’art. 606 lett. c) ed e) cod.proc.pen. la mancanza e l’illogicità della motivazione con riferimento alle esigenze cautelari.
Si assume che l’ordinanza impugnata non tiene conto della tesi difensiva secondo cui nell’instaurando giudizio la pena ben potrebbe essere ridotta, pur essendo già contenuta al di sotto dei tre anni di reclusione, considerando inoltre l’atteggiamento collaborativo dell’imputato.
Ed inoltre che l’impugnata ordinanza richiama acriticamente il provvedimento genetico secondo il quale non sarebbero dedotti con l’appello elementi di critica al provvedimento della Corte d’appello circa la violazione della precedente misura e non fornisce una analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
La difesa dell’imputato ha depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le censure proposte, da scrutinarsi congiuntamente in quanto afferenti alla medesima questione, sono inammissibili.
Va preliminarmente ribadito che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
Nella specie le doglianze difensive non si confrontano con l’impianto motivatorio dell’ordinanza impugnata, che già peraltro aveva in via preliminare ritenuto i motivi di appello aspecifici, ma si limitano a contestare il quadro di gravità indiziaria e la sussistenza delle esigenze cautelari, senza quindi in alcun modo misurarsi con il diverso profilo che viene qui in rilievo afferente alle ragioni giustificative dell’aggravamento della misura.
Peraltro, giova evidenziare che in tema di aggravamento delle misure cautelari per la violazione alle prescrizioni imposte, il giudizio sulla gravità della condotta trasgressiva è riservato al giudice del merito e, ove fornito di adeguata, corretta
e logica motivazione, non è sindacabile in sede di legittimità. (Sez. 5, n. 36060 del 09/10/2020, Rv. 280036).
Per converso nel caso all’esame, il Tribunale di Roma con motivazione logica e conseguenziale, ha confermato l’ordinanza di aggravamento della misura adottata ex art. 276 cod.proc.pen. della Corte d’appello in quanto l’odierno ricorrente già gravato da un precedente specifico, la cui pena ha espiato dal 2018 al 2021 é ricaduto nel reato nel 2024 (fatto oggetto del presente procedimento) e subito dopo nell’agosto del 2024 é stato nuovamente sorpreso in possesso di stupefacenti, così violando palesemente le prescrizioni della misura del divieto di dimora in Roma cui era sottoposto.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter dis.att. cod.proc.pen.
Così deci o 1’11/3/2025
Il Consi i tensore
NOME
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Il Presidente
NOME COGNOME