Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24905 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24905 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
– Presidente –
COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 42867/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a null (ALBANIA) il 28/04/1995 avverso l’ordinanza del 02/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Genova udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME udito il difensore
L’avv. COGNOME NOME conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del Riesame di Genova, con ordinanza in data 2 dicembre 2024, in accoglimento dell’appello proposto dal PM avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova in data 30 agosto 2024 che aveva rigettato la richiesta di aggravamento della misura dell’obbligo di dimora nel comune di Roma applicata a NOMECOGNOME in quanto gravemente indiziato dei reati di cui all’art. 13 tredicesimo comma D.Lgs. 286/1998, applicava a COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere, in aggravamento rispetto alla precedente, dichiarando l’esecuzione della stessa sospesa fino alla sua definitività.
Il provvedimento impugnato esponeva che NOME era sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione quotidiana all’Ufficio Stranieri della Questura di Roma in quanto gravemente indiziato di due differenti episodi di reingresso illegale nello Stato.
L’indagato fino al 2 novembre 2023, data in cui veniva ristretto in carcere in forza di una ulteriore ordinanza di custodia cautelare, non aveva mai ottemperato alle prescrizioni di cui alla misura.
Nelle more, prima il Tribunale di Genova in data 29 aprile 2024, e poi il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, avanti al quale era regredito il procedimento per nullità del decreto che disponeva il giudizio, rigettavano le istanze del Pm di aggravamento della misura.
NOME veniva poi scarcerato in data 25 luglio 2024 e gli veniva rivolto l’invito a presentarsi alla Questura di Roma per sottoporsi alla misura dell’obbligo di presentazione, invito cui non ottemperava.
Su richiesta del Pm in data 30 agosto 2024 veniva aggravata tale misura cautelare e sostituita con la misura dell’obbligo di dimora che non veniva eseguito, poichØ l’indagato si rendeva irreperibile.
A seguito di ulteriore richiesta del PM di aggravamento della misura in ragione della perpetua inottemperanza alle misure meno afflittive che gli erano state applicate, il giudice per le indagini preliminari emetteva l’ordinanza di rigetto appellata avanti al Tribunale del Riesame.
Il provvedimento di diniego dell’aggravamento si fondava sulla inesistenza delle condizioni previste dall’art. 280 comma 3 cod. proc. pen., poichØ non sarebbero state violate le prescrizioni
dell’ordinanza che dispone la misura dell’obbligo di dimora, in quanto mai notificata per irreperibilità dell’indagato.
Il Tribunale del Riesame, andando di contrario avviso e accogliendo l’appello del PM, rigettava le eccezioni procedimentali proposte dalla difesa e nel merito sottolineava le reiterate violazioni delle prescrizioni inerenti la primigenia misura che avrebbero integrato le condizioni richieste dall’art. 280 comma 3 cod. proc. pen per applicare la misura custodiale anche in caso di reati che prevedono una pena edittale inferiore nel massimo a cinque anni.
Avverso detto proponeva ricorso l’indagato tramite il difensore, articolando tre motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo denunciava violazione di legge, in particolare degli artt. 111 bis, 111 ter, 178 e 179 cod. proc. pen.
Il ricorrente premetteva di non avere mai avuto notizia delle precedenti richieste rigettate di aggravamento della misura e, solo a fronte dell’appello del PM avverso l’ultima ordinanza di rigetto del giudice per le indagini preliminari, diveniva destinatario di un avviso di fissazione di udienza e in ragione della richiesta di trattazione orale chiedeva in via informatica la copia del fascicolo.
Il Tribunale del Riesame faceva presente che il fascicolo era disponibile solo in forma analogica.
Secondo il ricorrente l’omissione della formazione del fascicolo informatico avrebbe inficiato di nullità la procedura di riesame, non potendosi invocare, come fatto nel provvedimento impugnato, la discrezionalità consentita dal Decreto ministeriale 217/23 nella formazione del fascicolo.
La mancata predisposizione del fascicolo informatico avrebbe impedito una piena discovery degli atti in vista della udienza di riesame.
2.2 Con il secondo motivo lamentava la ritenuta irrilevanza della mancata conoscenza della misura che disponeva l’obbligo di dimora in quanto mai notificata, nonchØ la ritenuta automaticità dell’aggravamento e la mancata valutazione della proporzionalità del periodo presofferto rispetto alla pena irroganda.
In particolare, il provvedimento impugnato non ha valutato in concreto il pericolo di reiterazione, limitandosi a procedere in automatico all’aggravamento della misura; non ha esercitato alcuna discrezionalità nella scelta; non ha valutato l’aspetto soggettivo della mancata conoscenza dell’aggravamento e non ha analizzato la proporzionalità del presofferto rispetto alla pena irroganda.
2.3 Con il terzo motivo lamenta violazione degli artt. 276 e 280 cod. proc. pen. e mancata applicazione dell’art. 299 quarto comma cod. proc. pen.
La mancata presentazione dell’indagato agli uffici della questura di Roma immediatamente dopo la sua scarcerazione e prima dell’aggravamento della misura con l’obbligo di dimora, non poteva costituire violazione di una misura, quella dell’obbligo di dimora, che aveva una sua cogenza solo astratta, non essendo mai stata notificata a mani di NOME.
Pertanto, il meccanismo che avrebbe potuto portare alla emissione della misura non era quello derogatorio previsto dall’art. 280 comma 3 cod. proc. pen., bensì quello di cui all’art. 299 comma 4 cod. proc. pen., che aveva necessità di altro impegno motivazionale nella redazione del titolo cautelare.
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
All’udienza il difensore insisteva per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
1.1 Ilprimo motivo Ł infondato.
Come già rilevato nel provvedimento impugnato, l’entrata in vigore del regime ridisegnato dagli artt. 111 bis,111 ter cod. proc. pen., avente ad oggetto sia la disciplina del deposito degli atti, sia la formazione del fascicolo telematico Ł subordinata alla emanazione dei regolamenti di cui ai commi primo e terzo dell’art. 87 Decreto legislativo 150/2022.
Il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ha disposto (con l’art. 87, comma 5) che “Le disposizioni di cui agli articoli 111, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, 111-bis, 111-ter, 122, comma 2-bis, 172, commi 6-bis e 6-ter, 175-bis, 386, comma 1-ter, 483, comma 1-bis, 582, comma 1-bis, del codice di procedura penale, così come introdotte dal presente decreto, si applicano a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero a partire dal diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e per le tipologie di atti in esso indicati”.
Il regolamento in questione Ł stato emanato e si tratta del regolamento recante: «Decreto ai sensi dell’articolo 87, commi 1 e 3 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 e dell’articolo 4, comma 1 del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, recante modifiche al decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione 21 febbraio 2011, n. 44».
Tali disposizioni determinano le modalità di entrata in vigore della disciplina telematica in oggetto e la transizione dal sistema analogico a quello telematico.
L’art. 3 primo comma del Decreto Ministeriale citato ha disposto che a partire dal 14 gennaio 2024, durante la fase delle indagini preliminari il deposito degli atti in via telematica Ł prevista solo per la procura della Repubblica, la procura europea, il tribunale ordinario, ma limitatamente all’ufficio del giudice per le indagini preliminari, per la procura generale, ma solo per i procedimenti di avocazione; per gli altri uffici Ł prevista la possibilità del deposito anche in via analogica.
Quindi del tutto correttamente il Tribunale del riesame ha respinto l’eccezione di nullità del ricorrente, stante il fatto che nessuna delle norme invocate Ł ancora entrata in vigore.
Si osserva, in ogni caso, che la presenza del fascicolo analogico e la possibilità perdifensore di consultarlo ed estrarre copia degli atti in vista dell’udienza di appello avanti al Tribunaledel Riesame esclude qualunque lesione del diritto di difesa.
Inoltre, come rilevato nell’impugnato provvedimento, COGNOME al momento in cui gli venne aggravata la misura non era piø indagato, bensì imputato, quindi vi era già stata la piena discovery degli atti.
1.2 Il provvedimento impugnato motiva ampiamente circa la reiterazione delle violazioni inerenti le misure meno cogenti e sulla inadeguatezza delle medesime.
COGNOME così motiva il Tribunale, era perfettamente consapevole della pendenza della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla PG a seguito della scarcerazione in data 2 novembre 2023; all’atto della scarcerazione in data 25 luglio 2024 veniva invitato a presentarsi presso la Questura di Roma, invito cui non ottemperava, rendendosi irreperibile e impedendo, così, la notifica della misura in aggravamento emessa il 30 agosto 2024.
1.3 L’ordinanza applicativa della custodia cautelare Ł stata emessa in deroga ai limiti edittali grazie al richiamo all’art. 280 cod.proc.pen., cioŁ a seguito della violazione delle prescrizioni relative alle ordinanze applicative della misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria prima e dell’obbligo di dimora nel Comune di Roma, mai applicata, perchØ mai notificata per irreperibilità.
Il dato letterale dell’art. 280 comma 3 cod. proc. pen. individua la non applicazione della disposizione di cui al comma 2 , cioŁ il limite edittale dei cinque anni, ‘nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti una misura cautelare’.
Posto che non Ł specificato a quale misura cautelare, Ł ragionevole ritenere che sia sufficiente che il soggetto sia stato inottemperante alle prescrizioni inerenti una misura e già ciò sarebbe
sufficiente per giustificare la deroga all’art. 280 comma 2 cod proc pen.
Ciò in quanto la ratio sottesa all’aggravamento della misura Ł la necessità di dare una risposta di maggiore afflittività nei casi in cui, pur non consentendolo la pena edittale, le esigenze cautelari si siano rivelate di spessore maggiore di quanto originariamente ritenuto con l’emissione della misura poi trasgredita che, per contro, si Ł rilevata inadeguata sotto il profilo cautelare.
Nel caso in esame Ł evidente che il ricorrente si era già reso inottemperante alla prima misura e tale inottemperanza si Ł mantenuta invariata anche in costanza della seconda misura, che non Ł stato possibile eseguire in ragione della irreperibilità del soggetto : il provvedimento impugnato ha fatto riferimento alla reiterata e perdurante violazione delle prescrizioni imposte, esprimendo un motivato giudizio di gravità della condotta trasgressiva e ciò in perfetta ottemperanza ai principi piø volte ribaditi dalla giurisprudenza di questa Corte in materia.
In tema di aggravamento delle misure cautelari per la violazione alle prescrizioni imposte, il giudizio sulla gravità della condotta trasgressiva Ł riservato al giudice del merito e, ove fornito di adeguata, corretta e logica motivazione, non Ł sindacabile in sede di legittimità. (Conf. Sez. 2, n. 3629 del 18/8/1994, Rv. 201400). (Sez. 5, n. 36060 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280036 – 01).
Inoltre, in tema di aggravamento delle misure cautelari, rientra tra i poteri discrezionali del giudice la sostituzione della misura in atto con una piø grave, quale che sia la prescrizione violata, previa verifica di una condotta di trasgressione che presenti caratteri rivelatori della sopravvenuta inadeguatezza della misura in corso a fronteggiare le inalterate esigenze cautelari. (Sez. 6, n. 58435 del 04/12/2018, COGNOME, Rv. 275040 – 01).
1.4 NØ la circostanza che la seconda misura cautelare sia rimasta ineseguita in ragione della irreperibilità del ricorrente può avere un qualche rilievo, come ritenuto nel provvedimento impugnato che ha sottolineato come il ricorrente fosse perfettamente consapevole della sussistenza a suo carico della primigenia misura cautelare e come il suo rendersi irreperibile ne abbia impedito di fatto la sottoposizione alla successiva ordinanza cautelare di aggravamento.
Certamente, infatti, il provvedimento di aggravamento di una misura cautelare non può non presupporre la validità della primigenia ordinanza coercitiva: il provvedimento ex art. 276 c.p.p., si fonda invero sulla mera recrudescenza del quadro cautelare, mentre sono presupposte e dunque devono sussistere legittimamente ab origine le ulteriori condizioni di validità del titolo coercitivo ex artt. 273, 280, 291 e 292 c.p.p.. (Sez. 6, n. 33874 del 12/05/2015, COGNOME, Rv. 264458 – 01); ma gli adempimenti esecutivi non sono elemento di validità dell’ordinanza trasgredita, ex art 293 cod. proc. pen. : diversamente opinando verrebbe lasciato alla discrezionalità dell’indagato – che si sottrae volontariamente – la possibilità di farsi applicare e meno la misura, rendendosi irreperibile, come accaduto nel caso in esame.
Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 30/04/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME