Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24988 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24988 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 22/02/1981
avverso l’ordinanza del 12/09/2024 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che conclude per l’inammissibilita’
udito il difensore avv. COGNOME che chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale del riesame di Roma ha rigettato l’appello cautelare, ai sensi dell’art. 310 cod.proc.pen., proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Roma, ai sensi dell’art. 299 cod.proc.pen., in data 4 giugno 2024, ha disposto la sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari con la misura della custodia cautelare in carcere, in relazione ai reati di c agli artt. 74 -73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
L’aggravamento della misura cautelare era conseguente al rinvenimento, in esito a perquisizione presso l’abitazione del ricorrente, ivi detenuto agli arresti domiciliari co dispositivo di controllo elettronico, di 6,9 grammi di hashish suddivisi in due involucri occultati in luoghi diversi dell’abitazione, di quattro cellulari, di cui uno di provenie olandese, verosimilmente criptato, dei quali il ricorrente non forniva i codici di sbocco, d
sei fogli con annotazione di nomi e cifre, occultati dietro i quadri, e della somma di 2.330 euro, di cui 1000 euro su una mensola e 1330 in camera da letto.
A fronte di tale contesto, il Tribunale ha argomentato la reiterazione delle condotte illecite, ritenendo le giustificazioni allegate sia al possesso di droga, finalizzato al consu personale, che del denaro inverosimili, e fondato l’aggravamento della misura ai sensi dell’art. 299 cod.proc.pen. e non già dell’art. 276 cod.proc.pen.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, deducendo, due motivi di ricorso.
Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’a 128 cod.proc.pen. e vizio di motivazione. Sotto il primo profilo avrebbe equivocato, il tribunale, il deposito dell’atto che sancisce l’esistenza del provvedimento del giudice emesso al di fuori dell’udienza dibattimentale, con quello del deposito in cancelleria successivamente all’esecuzione ai fini degli avvisi alle parti e avrebbe illogicamente respinto l’eccezione difensiva che lamentava l’esecuzione del provvedimento di aggravamento della misura prima della sua giuridica esistenza ovvero del suo deposito con attestazione del cancelliere che attesta, a sua volta, l’avvenuto adempimento e che segna il momento in cui viene ad esistenza il provvedimento stesso, come prescrive l’art. 128 cod.proc.pen.
Sotto altro profilo deduce il vizio di illogicità della motivazione contraria al da fattuale in presenza di una detenzione di modica quantità di sostanza stupefacente per uso personale, come dimostrato dall’istanza di modifica della misura con quella di detenzione domiciliare presso una comunità terapeutica, e della somma di denaro appartenente a terzi e destinata alla organizzazione della prima comunione della figlia, e in presenza di apparecchi telefonici acquisitati nel 2019 e privi di traffico.
Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’erron applicazione dell’art. 276 cod.proc.pen. e al vizio di motivazione in punto assenza dei presupposti della evasione e della violazione delle prescrizioni connesse alla misura in assenza di valutazione della gravità della violazione.
In data 9 gennaio 2025, il difensore del ricorrente ha depositato memoria di replica alle conclusioni del Procuratore generale ed ha insistito nell’accoglimenti dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di ricorso, nella parte in cui deduce la violazione della legge processuale in relazione all’art. 128 cod.proc.pen. e l’illegittimità dell’esecuzione de provvedimento prima del suo deposito, è inammissibile perché privo di confronto specifico con le ragioni della decisione ed è anche manifestamente infondato.
La decisione impugnata, che ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali, ha dapprima rilevato che l’ordinanza del Tribunale del 04/06/2024, sottoscritta dall’ausiliario del giudice, in data 07/06/2024, veniva eseguita nella stessa data e, successivamente, depositata in cancelleria in data 10/06/2024.
La semplice lettura del provvedimento smentisce l’assunto difensivo dell’esecuzione del provvedimento prima della sua esistenza giuridica dal momento che risulta che l’ordinanza di aggravamento del 04/06/2024, è stata sottoscritta dall’ausiliario in data 07/06/2024, momento nel quale il provvedimento acquisisce giuridica esistenza; in pari data è stata eseguita e, successivamente, in data 10/06/2024, ai sensi degli artt.292, co.2 bis e 293, co.3, cod.proc.pen., è stata depositate in cancelleria dal giudice che l’ha emessa. Il ricorrente non si confrontarsi appieno con la motivazione della decisione e il motivo risulta così inammissibile per genericità oltre che manifesta infondatezza.
4. Nel merito il ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso che al ricorrente è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere, nell’ambito del procedimento che lo vede imputato per il reato di cui all’art. 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con ordinanza del Tribunale di Roma, in data 04/06/2024, in sostituzione di quella degli arresti domiciliari, già oggetto di precedente aggravamento di quella dell’obbligo di dimora e di presentazione alla P.G., con ordinanza del medesimo Tribunale, in data 20/02/2023.
L’aggravamento è stato disposto in ragione della reiterazione dell’attività illecita a seguito di quanto emerso in sede di perquisizione dell’abitazione, in data 11/05/2024, del ricorrente, ivi già detenuto agli arresti donniciliari, di 6,9 grammi di hashish, suddivi in due involucri, occultati in luoghi diversi dell’abitazione, di quattro cellulari, di cu di provenienza olandese, verosimilmente criptato, dei quali il ricorrente non forniva i codici di sbocco, di sei fogli con annotazione di nomi e cifre, occultati dietro i quadri, della somma di 2.330 euro, di cui 1,000,00 euro su una mensola e di euro 1.330,00 in camera da letto.
A fronte di tale contesto, il Tribunale ha logicamente argomentato che vi fossero chiari indici di reiterazione della condotta illecita, in un contesto nel quale erano rimast prive di plausibile giustificazione le allegazioni difensive sull’uso personale, sul possesso del denaro e dei telefoni cellulari e del significato degli appunti manoscritti.
La difesa nel censurare il provvedimento, da un lato, contesta in modo assertivo la motivazione riproponendo, senza peraltro specifico confronto, la tesi della detenzione per uso personale della droga e la giustificazione del possesso del denaro, motivatamente disattesa dal Tribunale con logica motivazione incensurabile in questa sede.
5. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente propone una doglianza che non si correla con le ragioni della decisione là dove lamenta la violazione di legge di cui all’art
276 cod.proc.pen. e l’assenza dei presupposti applicativi, mentre, si rammenta, il provvedimento di aggravamento della misura impugnato è stato emesso ai sensi dell’art. 299 comma 4, cod.proc.pen.
È nota la differenza tra le due previsioni: l’art. 276 cod. proc. pen. – nel prevedere la sostituzione o il cumulo della misura cautelare già disposta con altra più grave, nel caso di trasgressione alle prescrizioni imposte – attribuisce al giudice un potere discrezionale che deve essere esercitato mediante la valutazione della gravità e delle circostanze della violazione, al fine di verificare se la trasgressione abbia reso manifesta l’inidoneità della misura in atto a salvaguardare le esigenze cautelari, mentre l’applicazione dell’art. 299, comma 4 cod. proc. pen., prevede, nel caso di aggravamento delle esigenze cautelari, la sostituzione “in peius” della misura applicata.
La differenza dell’istituto di cui all’art. 276 cod.proc.pen. rispetto a quello di all’art.299 comma 4 cod.proc.pen., che prevede la sostituzione della misura cautelare con altra più afflittiva in caso di aggravamento delle esigenze cautelari, è resa manifesta dalla clausola di riserva ” salvo quanto previsto dall’art. 276 “.
Ed, allora, l’aggravamento della misura cautelare per violazione delle prescrizioni imposte è legato alla constatazione che la trasgressione ha reso manifesta l’inidoneità della misura in atto a salvaguardare le esigenze cautelari, anche soltanto per avere evidenziato la inaffidabilità del soggetto a cui la misura è applicata; la sostituzione dell misura cautelare come conseguenza dell’aggravamento delle esigenze cautelari può dipendere anche da fatti non direttamente collegati alla condotta attuale del soggetto nei confronti del quale la misura è applicata, per esempio l’esistenza di una condanna per reati gravi (Sez. 1, n. 3285 del 21/12/2015 dep. 25/01/2016 Rv. 265726; Sez. 4, n. 25008 del 15/01/2007 Rv. 237001), ma anche dalla reiterazione di condotte analoghe dimostrative, come nel caso in esame, dell’aggravarsi delle esigenze cautelari, trattandosi di fatti sintomatici di un più elevato grado di pericolosità e di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari presso la propria abitazione a fronteggiare il pericolo di recidi nell’attualità per come emerso all’esito della perquisizione domiciliare nel corso della quale era stata rinvenuta sostanza stupefacente, somme di denaro, telefonini circostanze sintomatici di un più elevato grado di pericolosità.
Consegue la manifesta infondatezza del motivo di ricorso.
6. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
7. La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod.
proc. pen.
Così deciso il 15/01/2025