Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13330 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13330 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LUCCA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME Il P.G. conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di LUCCA in difesa di COGNOME NOME che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale del riesame di Firenze, adito ex art. 310 cod. proc. pen., ha accolto gli appelli cautelari riuniti, proposti dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO il 20/07/2023 ed il 27/07/2023, e, per l’effetto, ha annullato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di AVV_NOTAIO il 10 luglio 2023 nei confronti di NOME COGNOME, che aveva disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, con quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria; ha altresì annullato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di AVV_NOTAIO il 21 luglio 2023, che aveva respinto l’istanza di aggravamento della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla PG con la misura della custodia in carcere, applicando nei confronti dell’indagato la misura della custodia cautelare in carcere.
1.1. NOME COGNOME si trovava in custodia cautelare detentiva a far data dal 19/02/2023 in relazione al reato di tentato omicidio aggravato (artt. 56, 61 comma 1 n. 5, 56, 575 cod. pen.) ai danni di NOME (perché, approfittando di circostanze di tempo -notte- e di persona in riferimento all’età della vittima -ottantaduenne- tali da ostacolare la privata difesa, con premeditazione, poneva in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di NOME NOME, soggetto affetto da emofilia B, atti consistiti nel somministrare dapprima al predetto un sonnifero, poi nel colpirlo reiteratamente al volto con pugni e con un vaso in mogano, ed infine, quando la vittima giaceva a terra, nell’impedirgli di respirare posizionandogli una coperta sulla bocca e sul naso, cagionandogli lesioni personali consistite in un trauma cranico commotivo, una frattura multiframnnentaria composta dell’arcata temporozigonnatica sinistra, una frattura del seno mascellare sinistro e dell’orbita sinistra, una frattura delle ossa nasali, ferite lacero-contuse multiple al cuoio capelluto e ai padiglioni auricolari), commesso il 18/02/2023; la massima misura custodiale veniva sostituita con gli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico, il 08/03/2023.
1.2. Con ordinanza in data 10 luglio 2023 il GIP di AVV_NOTAIO, in accoglimento di istanza difensiva, aveva sostituito la misura degli arresti domiciliari con quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, per la ritenuta attenuazione delle esigenze cautelari, desumibile dal decorso del tempo dalla commissione del reato e dalla partecipazione corretta e consapevole agli atti di indagine da parte dell’indagato attraverso il proprio difensore.
1.3. Il medesimo Giudice, con provvedimento del 21 luglio 2023, aveva respinto la richiesta formulata dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO il precedente 18 luglio, di sostituzione della misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con la misura della custodia cautelare in carcere; il provvedimento reiettivo si fondava sulla tardività della richiesta
di aggravamento avanzata dal P.M., atteso che le violazioni alla misura degli arresti domiciliari, sottese alla richiesta di aggravamento, erano state commesse in data antecedente all’adozione dell’ordinanza che aveva applicato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
In accoglimento degli appelli proposti dal AVV_NOTAIO di AVV_NOTAIO avverso entrambe le citate ordinanze, il Tribunale del riesame di Firenze, osservava:
quanto al provvedimento del 10 luglio 2023, che l’attenuazione della misura non fosse giustificata, attesa la attualità e concretezza delle esigenze cautelari ed il loro grado e natura, come desumibili dalle modalità e circostanze del fatto e dalla personalità del prevenuto. Osservava il Tribunale come l’indagato, secondo le dichiarazioni rese dalla persona offesa NOME COGNOME COGNOME, aveva violentemente aggredito quest’ultimo dopo che questi lo aveva accusato di aver mal gestito i suoi denari ed aveva palesato l’intenzione di cambiare le disposizioni testamentarie che lo istituivano erede unitamente al compagno NOME COGNOME; dalle indagini era emerso quindi come, effettivamente, l’indagato e il suo compagno COGNOME, fossero stati indicati come beneficiari, in caso di morte del NOME, di sei polizze stipulate con la Zurich spa per l’importo complessivo superiore ad € 600.000; le indagini tecniche compiute dai Carabinieri sulle tracce ematiche presenti su portiera e clacson dell’automobile dell’indagato, avevano consentito di verificare la presenza di sangue della vittima, e, all’interno dei frammenti dei guanti in lattice trovati vicino al corpo del NOME, erano stati rinvenuti imbrattamenti di sangue con profilo genetico misto della vittima e dell’indagato. Il Tribunale concludeva nel senso della sussistenza di un quadro indiziario grave a carico del ricorrente, che aveva strumentalizzato la propria professione di medico per conseguire vantaggi economici palesando una personalità manipolatrice, dominata da interessi economici. Aggiungeva infine come la prospettazione accusatoria fosse avvalorata dalle risultanze delle indagini in relazione a ulteriori fatti: particolarmente significativa era ritenuta la vicenda relativa alla signora NOME COGNOME, la quale aveva ceduto all’indagato un’immobile sito in San Quirico per il corrispettivo di € 70.000, ed aveva sottoscritto a favore del medesimo tre polizze sulla vita dell’importo complessivo di € 210.000. Il Tribunale riteneva pertanto la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria inadeguata a tutelare le esigenze cautelari, stante il concreto ed attuale pericolo di reiterazione della condotta criminosa nonché il pericolo per l’acquisizione e genuinità la prova, «non essendo stati ancora espletati gli incidenti probatori per l’assunzione della testimonianza del COGNOME e della signora NOME COGNOME, soggetti assai fragili che l’indagato potrebbe condizionare»; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
quanto all’ordinanza del 21 luglio 2023, con la quale il GIP di AVV_NOTAIO aveva respinto la richiesta di aggravamento formulata dal pubblico ministerq, , osservava il Tribunale
come l’argomento usato dal Giudice circa la tardività della richiesta del PM fosse privo di pregio, non essendo l’organo inquirente vincolato nella scelta del momento in cui avanzare la richiesta di sostituzione della misura cautelare. Osservava peraltro come il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO avesse fornito una convincente spiegazione in ordine alla necessità di non disvelare gli atti di indagine e di non comprometterne l’esito con il deposito delle intercettazioni ambientali, che avevano permesso di accertare come l’indagato, in violazione delle prescrizioni inerenti la misura degli arresti domiciliari, si incontrasse quotidianamente con vari soggetti, tra cui NOME COGNOME, che ha rilasciato dichiarazioni a lui favorevoli depositate dalla difesa ex articolo 391 bis cod. proc. pen., ed il coindagato NOME COGNOME. Reputava il Tribunale gravi le violazioni delle prescrizioni, per natura ed entità; tali inosservanze avevano consentito all’indagato «di eludere il divieto di comunicazione anche con persone implicate nel procedimento, come il COGNOME, ed indirettamente comunicare con le stesse parti offese, cui egli, in talune conversazioni, fa esplicito riferimento, rendendo così evidente il pericolo di influenzarne le future deposizioni». Il Collegio fiorentino ha quindi ritenuto, conclusivamente, sussistenti i presupposti di cui all’art. 276 cod. proc. pen. per disporre l’aggravamento della misura; ha inoltre ritenuto accoglibile la richiesta di aggravamento formulata dal P.M. ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., osservando come il pericolo di reiterazione delle condotte delittuose e di inquinamento probatorio risultasse ancor più intenso alla luce del recente provvedimento con il quale era stato revocato il provvedimento di sospensione dell’indagato dalla professione sanitaria: attività quest’ultima che gli aveva consentito di entrare in contatto e di conquistare la fiducia e l’amicizia del NOME.
Dette esigenze, secondo la valutazione dei Giudici della cautela, potevano essere tutelate solo con la misura di massimo rigore, proporzionata alla gravità del fatto ed alla pena irrogabile, ritenendo inadeguati gli arresti domiciliari che il COGNOME aveva violato.
Conseguentemente disponeva l’applicazione nei confronti del predetto COGNOME della misura della custodia cautelare in carcere.
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. pro.
3.1. Con il primo motivo, denuncia, ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e processuale in relazione alla sussistenza dell’attualità del pericolo di inquinamento probatorio ai sensi dell’art. 274, lett. a) cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Nell’evidenziare le trasgressioni commesse
dall’indagato durante la vigenza degli arresti domiciliari, il Tribunale del Riesame ha omesso di confrontarsi con il necessario requisito dell’attualità; osserva la Difesa, in particolare, come i comportamenti trasgressivi delle prescrizioni da parte dell’indagato, riguardassero la misura degli arresti domiciliari, mentre da quando all’indagato era stata applicata la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, egli non era mai stato oggetto di segnalazione, non aveva più intrattenuto alcun contatto con il coindagato NOME COGNOME, né si era avvicinato direttamente o indirettamente alle persone offese; l’indagato ha quindi dimostrato di meritarsi la fiducia accordata dal GIP di AVV_NOTAIO in relazione all’applicazione nei suoi confronti della meno afflittiva misura dell’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria, dimostrando il comportamento del medesimo durante l’attuale trattamento cautelare l’assenza di attualità di un pericolo di inquinamento probatorio; del tutto arbitraria e priva di riscontro risulta poi la valutazione effettuata dal Tribunale in ordine al non esperito incidente probatorio, dal momento che alcuna richiesta di incidente probatorio è pervenuta da parte della pubblica accusa.
3.2. Con il secondo motivo, denuncia, ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e processuale in relazione alla sussistenza del pericolo concreto ed attuale di reiterazione del reato ai sensi dell’art. 274, lett. c) cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Il Tribunale ha fondato il negativo giudizio prognostico sulle modalità con cui sono state realizzate le condotte contestate, nonché sulla personalità dell’indagato, ritenuta manipolatrice e dominata da interessi economici; nel pervenire a tali conclusioni, tuttavia, i Giudici della cautela hanno omesso in toto di confrontarsi con il contenuto delle dichiarazioni rese in sede di indagini difensive ex art. 391 bis cod. proc. pen.. Del pari censurabile è l’asserzione secondo cui l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari emergerebbe dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa, NOME COGNOME, dal momento che dal verbale di trascrizione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa il 19 febbraio 2023 non emerge in alcun modo che il COGNOME lo avrebbe aggredito. La valutazione del Tribunale del riesame palesa quindi un anticipo del giudizio di merito in ordine alla colpevolezza dell’indagato, che tralascia di considerare gli elementi documentali favorevoli a quest’ultimo. Quanto, infine, alla revoca del provvedimento di sospensione del dott. COGNOME dalla professione sanitaria, osserva la difesa come trattasi di atto dovuto dell’RAGIONE_SOCIALE, conseguente alla sostituzione della misura detentiva, ex art. 43 d.P.R. 5 aprile 1950 n. 221.
3.3. Con il terzo motivo, denuncia, ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e processuale in relazione alla ritenuta proporzionalità della misura della custodia cautelare in carcere ai sensi degli artt. 275 comma 2, 276 e 299 comma 4 cod. proc. pen., nonché la
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5 COGNOME
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione circa l’inadeguatezza di misure alternative a quella carceraria. Il Tribunale, nell’applicare la misura di massimo rigore ai sensi degli artt. 276 e 299 cod. proc. pen., ha omesso di fornire qualsivoglia aggancio motivazionale sulla prognosi di inadempimento da parte dell’indagato circa gli obblighi connessi all’esecuzione della misura. La valutazione di inidoneità della custodia domiciliare omette di confrontarsi con la circostanza che il COGNOME è attualmente, dal 10 luglio 2023, sottoposto ad una misura meno afflittiva, l’obbligo di presentazione quotidiana alla PG, misura che ha dimostrato di essere idonea a salvaguardare gli interessi processuali che si intendono tutelare, dal momento che tutte le trasgressioni hanno riguardato la misura precedentemente applicata degli arresti domiciliari; peraltro con l’applicazione dei suddetti arresti opererebbe una nuova sospensione di diritto dalla sospensione sanitaria ai sensi del già citato art. 43 DPR 5 aprile 1950 n. 22.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
La disamina delle censure articolate deve essere compiuta seguendo il solco interpretativo tracciato da diversi principi di diritto, così brevemente riassumibili.
In tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimità relativo alla verifica della sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 cod. proc. pen.), oltre che delle esigenze cautelari (ex art. 274 cod. proc. pen.), deve riscontrare – entro il perimetro circoscritto dalla devoluzione – la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Essa, dunque, non può intervenire nella ricostruzione dei fatti, né sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, bensì deve dirigersi a controllare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza o meno della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l’apprezzamento delle risultanze analizzate (si vedano, sull’argomento, Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 – Ola le successive, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460 – 01).
Quanto ai limiti del sindacato consentito in sede di legittimità, quindi, è possibile richiamare il dictum di Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628, secondo cui: «In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che
deduca COGNOME insussistenza COGNOME dei COGNOME gravi indizi di COGNOME colpevolezza, COGNOME o COGNOME assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito».
In materia di provvedimenti de libertate la Corte di Cassazione non ha alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza delle misure, poiché sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito.
Il controllo di legittimità rimane pertanto circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato, la correttezza allo stato degli atti della qualificazione giuridica attribuita ai fatti e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, nelle argomentazioni rispetto al fi giustificativo del provvedimento (Sez. un., n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv 215828; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, Rv 269885).
COGNOME Può dunque passarsi all’analisi specifica dei singoli motivi di ricorso, non prima di aver rilevato, in premessa, come il ricorrente non contesti la materialità delle violazioni commesse in corso di esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, ma si dolga, in sostanza, da un lato della “tardività” con la quale il P.M. le ha contestate e valorizzate, richiedendo l’aggravamento della misura, e dall’altro l’assenza di attualità dell’esigenze cautelari, in considerazione dell’ossequioso comportamento serbato da NOME COGNOME da quando, il 10 luglio 2023, gli fu applicata la misura dell’obbligo di presentazione alla P.G.
Gli argomenti sono infondati.
Come correttamente rilevato dal Tribunale, l’attenuazione od esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta esclusivamente dal tempo trascorso dal reato, ma occorre effettuare una valutazione complessiva che tenga conto del comportamento serbato dall’indagato lungo tutto l’arco temporale di applicazione delle misure. Nello specifico, correttamente è stato ritenuta irrilevante la circostanza che le violazioni pacificamente commesse dal COGNOME risalissero al periodi di applicazione della misura cautelare degli arresti dorniciliari, non risultando altre segnalazioni successivamente al 10/07/2023, allorquando la misura detentiva fu sostituita da quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Ciò che rileva e che può fondatamente essere posta a base di un provvedimento di aggravamento ex art. 276 cod. proc. pen. è che dette violazioni siano state poste in essere: e di ciò, come detto, non vi è contestazione: il fatto che le violazioni contestate riguardassero
la misura degli arresti domiciliari e non quella successivamente applicata dell’obbligo di presentazione alla PG, non ha rilevanza; come correttamente osservato dal Tribunale, il PM ha spiegato il motivo per il quale non ha contestato subito le violazioni (erano in corso le intercettazioni) e la norma di cui all’art. 276 cpp non pone limiti temporali alla richiesta del PM.
Trattasi peraltro, in termini assoluti, di violazioni recenti (risalenti a pochissimi mesi prima -febbraio 2023 – rispetto alla data di emissione delle ordinanze impugnate – 20 e 27 luglio 2023) e condivisibilmente ritenuti gravi da parte del Tribunale.
3.1. Ciò premesso, con specifico riferimento al primo motivo con il quale il ricorrente si duole della ritenuta sussistenza dell’attualità del concreto pericolo di inquinamento probatorio di cui all’art. 274 lett. a) cod. proc. pen., il Tribunale nell’impugnata ordinanza ha evidenziato da un lato la circostanza che il NOME debba ancora essere sentito in incidente probatorio, dall’altro il comportamento dell’indagato, che, dagli arresti domiciliari, ha contattato, violando il divieto di comunicazione, diverse persone, alcune delle quali hanno rilasciato dichiarazioni al difensore in sede di indagini difensive.
Trattasi di argomenti logici, a fronte dei quali il ricorrente si limita a rilevare come, allo stato , non risulti pervenuta alcuna richiesta di incidente probatorio da parte della Pubblica Accusa “che in concreto potrebbe non esser mai formulata”.
L’argomento non è condivisibile, laddove si consideri come la protezione delle fonti dichiarative sia esigenza meritevole di tutela a prescindere dallo stato del procedimento ed anche in prospettiva della loro audizione dibattimentale, come recentemente affermato da Sez. 2, n. 3135 del 09/12/2022, dep. 2023, Rv. 284052 – 01 (per cui in tema di misure cautelari personali, la valutazione del pericolo di inquinamento probatorio deve essere effettuata con riferimento sia alle prove da acquisire, sia alle fonti di prova già acquisite, a nulla rilevando lo stato avanzato delle indagini o la loro conclusione, in quanto l’esigenza di salvaguardare la genuinità della prova non si esaurisce all’atto della chiusura delle indagini preliminari, specie nel caso in cui il pericolo sia stato in concreto correlato alla protezione delle fonti dichiarative, in vista della loro assunzione dibattimentale. Conf.: Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, Rv. 199396-01).
3.2. COGNOME Quanto al secondo motivo, inerente la sussistenza attuale e concreta del pericolo di recidivanza, le argomentazioni del Tribunale del riesame rispondono ai consolidati orientamenti giurisprudenziali, giacché il concetto non coincide con la verifica dell’esistenza di occasioni di riproduzione della condotta illecita, richiedendo piuttosto una valutazione prognostica circa la probabile ricaduta nel delitto, fondata sia sulla permanenza dello stato di pericolosità personale dell’indagato dal momento di consumazione del fatto sino a quello in cui si effettua il giudizio cautelare, desumibile dalle modalità realizzate della condotta, dall’analisi soggettiva della sua personalità,
sia sulla presenza di condizioni oggettive ed esterne all’accusato, ricavabili da dati ambientali o di contesto che possano attivarne la latente pericolosità, favorendo la recidiva (Cass. pen., Sez. I, n. 12734, 20/10/2021; nello stesso senso Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, Rv. 282891).
Ebbene, il Tribunale ha dato congruamente conto di quali siano gli elementi fondanti l’attualità del pericolo della reiterazione del reato, valorizzando l’estrema gravità del fatto, indice di particolare pericolosità sociale dell’indagato, che «ha strumentalizzato la propria professione di medico, oltre che il ruolo di amico, per conseguire vantaggi economici, sia nell’immediato, che in prospettiva del decesso della persona offesa, persona anziana, sola ed in precarie condizioni di salute, che ha palesando una personalità manipolatrice dominata da interessi economici» .
Di contro la Difesa ha surrettiziamente introdotto argomenti inerenti la gravità del compendio probatorio, che tuttavia non costituivano oggetto delle censure mosse dal AVV_NOTAIO.M. di AVV_NOTAIO negli appelli ex art. 310 cod. proc. pen. avverso i provvedimenti impugnati, essendo principio consolidato quello per cui la cognizione del giudice dell’appello cautelare è limitata, in ossequio al principio devolutivo, ai punti della decisione impugnata attinti dai motivi di gravame e a quelli strettamente connessi e da essi dipendenti (Sez. 5, n. 23042 del 04/04/2023, PMT c/ Pilla, Rv. 284544 – 01): la valutazione del Tribunale era quindi limitata all’analisi della sussistenza delle esigenze cautelari ed alla adeguatezza della massima misura carceraria, e non poteva estendersi alla valutazione della gravità indiziaria: il riferimento effettuato dal Tribunale alle “specifiche modalità e circostanze del fatto” quale indice sintomatico di pericolosità – rilevante ex art. 274 lett e) cod. proc. pen.-, non va infatti confuso con il diverso concetto di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, aspetto del tutto estraneo al thema decidendum ed alla cognizione del Tribunale cautelare non essendo in discussione la gravità indiziaria a carico dell’imputato.
3.3. COGNOME Infondato è infine il terzo motivo con il quale il ricorrente si duole della ritenuta adeguatezza della sola misura carceraria.
Con motivazione del tutto adeguata e logica, il Tribunale ha evidenziato come le evidenziate esigenze cautelari, a fronte delle acclarate e plurime (e come visto non contestate) violazioni alla già disposta misura degli arresti domiciliari da parte dell’indagato, non potessero che essere tutelate con la massima misura carceraria «proporzionata alla gravità del fatto ed alla pena irrogabile, non potendosi evidentemente ripristinare gli arresti domiciliari che il prevenuto ha violato».
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Conseguendo, alla presente decisione, il ripristino di una misura cautelare, deve
disporsi la trasmissione, a cura della cancelleria, di un estratto del provvedimento al pubblico ministero, per la sua esecuzione, ai sensi dell’art. 28 disp. reg. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. es . cod. proc. pen.
Così deciso il 12 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente