Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12465 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12465 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME FRANCAVILLA FONTANA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/12/2023 del TRIB. LIBERTA’ di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del PG, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore presente, avvocato COGNOME del foro di BRINDISI, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13 dicembre 2023, il Tribunale di Lecc:e, investito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha confermato l’ordinanza pronunciata il 10 novembre 2023 con la quale La Corte di appello di Lecce ha aggravato la misura degli arresti domiciliari applicata a NOME COGNOME a causa della ritenuta violazione da parte dello stesso del divieto di comunicare con persone «diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono»; divieto che l’ordinanza genetica gli aveva imposto ai sensi dell’art. 284, comma 2, cod. proc. peri.
Secondo il Tribunale non possono avere rilievo in senso contrario due interviste difensive eseguite dal difensore di COGNOME e allegate all’atto di appello nelle quali NOME e NOME COGNOME hanno dichiarato che, il 31 ottobre 2023, hanno accompagNOME a casa la figlia di COGNOME e l’hanno consegnata alla madre comunicando solo con lei, senza parlare con lo zio. Il Tribunale ha ritenuto, infatti, che tali dichiarazioni siano smentite da quanto riferito nell’immediatezza agli operanti e riportato nell’annotazione di PG.
Contro l’ordinanza del 13 dicembre 2023 NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso col quale deduce violazione di legge e vizi di motivazione.
Secondo la difesa, non è controverso che in data 31 ottobre 2023 NOME e NOME COGNOME si siano recati presso la abitazione di NOME COGNOMECOGNOME Tuttavia, l’annotazione di Polizia giudiziaria non documenta che vi siano stati contatti tra loro e COGNOMECOGNOME COGNOME questi contatti possono ritenersi provati sulla bas della dichiarazione riportata nell’annotazione stessa, secondo la quale, i due uomini dissero di essere andati «a trovare lo zio». Si tra tta, infatti, di un dichiarazione frettolosa e generica che è stata meglio specificata nel verbale delle informazioni rese ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. pen., dal quale risulta che i COGNOME avevano riaccompagNOME a casa la figlia di COGNOME e l’avevano riconsegnata alla madre, senza entrare in casa e senza parlare con lo zio che era rimasto all’interno dell’abitazione e non era uscito in giardino.
Il difensore osserva che gli operanti non assunsero a sommarie informazioni i COGNOME e l’annotazione contiene solo «un generico riferimento a quanto riferito al momento del controllo». Sottolinea che la prima violazione, dell’agosto 2023, non era stata ritenuta idonea a giustificare l’aggravamento della misura e l’ordinanza che ha disposto l’aggravamento non l’aveva presa in considerazione. Sostiene che, in ogni caso, quella prima presunta violazione sarebbe giustificata dal fatto che, nel terreno cintato ove si trova l’abitazione di COGNOME, vi è anch un’altra abitazione (nella quale vive il padre del ricorrente) sicché il giardino comune a due immobili.
Con specifico riferimento alla condotta del 31 ottobre 202.3 la difesa osserva che, anche a voler ammettere che COGNOME COGNOME sia incontrato con i nipoti trasgredendo le prescrizioni impostegli, il Tribunale avrebbe dovuto spiegare perché un tale incontro avrebbe reso manifesta l’inidoneità della misura caul:elare degli arresti domiciliari a salvaguardare le esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Si deve subito precisare che, ai fini dell’aggravamento della misura in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte, devono essere valutal:e l’entità, i motivi e le circostanze delle violazioni accertate e trova applicazione l’art. 276, comma 1, cod. proc. pen. Non trova applicazione, invece, l’art. 276, comma 1 ter, cod. proc. pen. (citato dalla difesa del ricorrente) che si riferisce alla differente ipot dell’allontanamento ingiustificato dall’abitazione. In caso di violazione delle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo degli arresti domiciliar
l’art. 276, comma 1 ter, cod. proc. pen. prevede l’aggravamento obbligatorio della misura, salvo che non si tratti di una violazione Czy di lieve entità (Sez. 5, n. 15301 del 23/01/2017, COGNOME, Rv. 270075). Il primo comma dell’art. 276 cod. proc. pen., invece, rimette al potere discrezionale del giudice la sostituzione della misura in atto con altra più grave, quale che sia la prescrizione violata. Nell’esercizio d tale potere discrezionale, il giudice deve tenere conto «dell’entità, dei motivi e delle circostanze della violazione» e, come la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato, presupposto della sostituzione o dell’aggravamento è la verifica, da parte del giudice, di una condotta di trasgressione che presenti caratteri rivelatori della sopravvenuta inadeguatezza della misura in corso (Sez. 6, n. 58435 del 04/12/2018, COGNOME, Rv. 275040; Sez. 5, n. 3175 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 275260).
3. Fatta questa doverosa premessa si deve osservare che’ secondo la difesa del ricorrente, nel ritenere provata la trasgressione al divieto di comunicare con persone non conviventi, il Tribunale avrebbe operato in violazione di legge o, comunque, fornito una motivazione manifestamente illogica. Tale assunto difensivo si basa su una argomentazione in diritto. Il ricorrente sostiene infatti che, in presenza di dichiarazioni (rese al difensore ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. pen. nel rispetto «delle formalità del codice di rito») con le quali NOME e NOME COGNOME hanno escluso di essersi incontrati con COGNOME e di aver comunicato con lui, il Tribunale non avrebbe potuto ritenere provata la trasgressione al divieto di cui all’art.284, comrna 2, cod. proc. pen. sulla base del contenuto di una annotazione di servizio contenente «un generico riferimento» alle spiegazioni che i COGNOME fornirono ai carabinieri per giustificare la loro presenza nel giardino dell’abitazione del ricorrente.
3.1. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che le dichiarazioni di persone informate sui fatti riferite dalla polizia giudiziaria, per le qu opererebbe in dibattimento il divieto di testimonianza “de relato”, previsto dall’art. 195, comma 4, cod. proc. pen. siano utilizzabili ai fini della adozione di misure cautelari (fra le tante: Sez. 1, n. 5991 del 21/01/2009, Fai, Rv. 243361; Sez. 1, n. 7014 del 28/01/2003, Rizzitano, Rv. 223454). Nel caso di specie, le dichiarazioni di cui si tratta, inserite in una annotazione di Polizia giudiziaria, no erano destinate all’utilizzazione dibattimentale perché rilevanti soltanto nel giudizio incidentale relativo alla richiesta di aggravamento della misura. Questo giudizio non è soggetto alle regole della acquisizione della prova proprie del dibattimento sicché la scelta di utilizzare l’annotazione di servizio ai fin dell’aggravamento della misura non è censurabile. Se è vero, inratti, che, ai sensi dell’art. 357, comma 2, lett. c) cod. proc. pen. la polizia giudiziaria deve redigere
verbale «delle sommarie informazioni assunte a norma dell’art. 351», è pur vero che, nel caso di specie, le sommarie informazioni non dovevano essere assunte ai fini delle indagini relative all’accertamento di un reato e che – come precisato nell’art. 357, primo comma, cod. proc. pen. – la Polizia giudiziaria deve annotare «anche sommariamente» le attività svolte «secondo le modalità ritenute idonee». Nella specie, dunque, non si versa in un caso di inutilizzabilità patologica e dell’annotazione di servizio predisposta dai Carabinieri i giudici potevano avvalersi liberamente nel procedimento incidentale cautelare. La giurisprudenza di questa Corte si è pronunciata più volte in tal senso sostenendo che «sono utilizzabili per l’adozione di misure cautelari le dichiarazioni spontanee di persone informate sui fatti annotate dalla polizia giudiziaria e riportate nell’informativa di reato, ancorch non oggetto di verbalizzazione» (Sez. 1, n. 33819 del 20/06/2014, NOME, Rv. 261093; nello stesso senso: Sez. 3, n. 15798 del 30/04/2020, COGNOME, Rv. 279422; Sez. 1, n. 38602 del 23/06/2021, COGNOME, Rv. 282123; Sez. 5, n. 37292 del 07/06/2022, COGNOME, Rv. 284018).
3.2. Il Tribunale non ha trascurato le deduzioni difensive e ha tenuto conto del fatto che, intervistati dal difensore ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. pen., NOME e NOME COGNOME hanno dichiarato di essersi effettivamente recati presso l’abitazione di COGNOME per accompagnare a casa sua figlia, ma senza essere entrati in casa e senza aver avuto contatti con lui. Il Tribunale ha ritenuto non attendibili tali dichiarazioni perché contrastanti con quelle rese alla Polizi giudiziaria nell’immediatezza dei fatti, quando gli operanti avrebbero potuto agevolmente verificarne la veridicità controllando se la figlia e la moglie di COGNOME erano in casa. Tale motivazione non presenta profili di contraddittorietà o manifesta illogicità e, pertanto, non è censurabile in questa sede. Non rileva in contrario che, prima dell’intervista, i COGNOME siano stati avvisati dell’obblig di dire la verità e nessun avviso in tal senso fosse stato formulato dagli operanti. Non si comprende, infatti, perché, in assenza di un avviso formale, i nipoti di COGNOME avrebbero dovuto rendere dichiarazioni non veritiere per lui sfavorevoli.
4. Per quanto esposto, nel ritenere che il 31 ottobre 2023 COGNOME abbia violato il divieto di comunicare con terze persone, i giudici di merito hanno compiuto una valutazione che non contrasta con regole di diritto processuale e che, essendo congruamente motivata, non è censurabile in questa sede di legittimità. Nel giudizio di Cassazione, infatti, è preclusa una “rilettura” degli elementi di fatt posti a fondamento della decisione e non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944). In particolare, non è sindacabile in sede di legittimità – salvo il
doveroso controllo sulla congruità e logicità della motivazione – il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, sui contrasti testimoniali e sulla sce tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti, che è rimessa alla valutazione del giudice di merito (tra le tante: Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362; Sez. 4, n. 8090 del 25/05/1981, COGNOME, Rv. 150282).
5. Come si è detto, in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte con l’applicazione di una misura cautelare (quale è il divieto di comunicare con persone non conviventi previsto dall’art. 284, comma 2, cod. proc. pen.), il primo comma dell’art. 276 cod. proc. pen. rimette al potere discrezionale del giudice la sostituzione della misura in atto con altra più grave. Tale discrezionalità deve essere esercitata tenendo conto «dell’entità, dei motivi e delle circostanze della violazione». Ai fini dell’aggravamento, dunque, il giudice deve verificare se la trasgressione sia rivelatrice della sopravvenuta inadeguatezza della misura in INDIRIZZO.
Nel ricorso si sostiene che la motivazione sarebbe carente anche sotto questo profilo: in primo luogo, perché fa riferimento ad una precedente trasgressione, accertata il 3 agosto 2023, «giammai posta in contestazione nel provvedimento di ripristino» della custodia in carcere; in secondo luogo, perché a quella trasgressione non era stato dato alcun seguito «in ragione delle giustificazioni successivamente fornite da COGNOME», secondo il quale i soggetti che il 3 agosto furono visti nel giardino non avevano bisogno di una autorizzazione per entrare perché dovevano parlare dell’acquisto di un autoveicolo col padre di COGNOME la cui abitazione ha il giardino in comune con quella del figlio. Secondo il ricorrente, a ciò deve aggiungersi che, quand’anche avvenuto, un colloquio 1:ra COGNOME e i nipoti non potrebbe essere considerato significativo dell’inidoneità della misura in atto a prevenire il pericolo di reiterazione di reati analoghi a quelli per cui si procede.
Il provvedimento col quale la Corte di appello di Lecce ha sostituito gli arresti domiciliari con la custodia in carcere fa espresso riferimento a più violazioni delle prescrizioni imposte con la misura. In quel provvedimento (riportato a pag. 1 dell’ordinanza impugnata) si legge infatti: «l’imputato, già in un recente passato, è stato colto nell’atto di intrattenersi all’esterno dell’abitazione con quattro soggett non conviventi e non autorizzati (vedi episodio del 3 agosto 2023)». Dall’ordinanza impugnata emerge che il 3 agosto 2023 gli operanti non si limitarono a constatare che nel giardino comune alla casa di COGNOME e a quella del padre c’erano quattro persone estranee al nucleo familiare e riferirono che COGNOME stava conversando con loro. Il dato non è controverso, sicché non rileva se quelle persone fossero entrate nel giardino per parlare col padre di COGNOME, ma rileva che, una volta entrate, si
siano trattenute a parlare con l’odierno ricorrente cui era stato vietato di comunicare con persone diverse dai conviventi. Il Tribunale ha sottolineato, inoltre, che le persone con le quali COGNOME stava conversando in quella occasione, sono tutte gravate da precedenti e una di loro (NOME COGNOME) è già stata condannata per violazioni della legge in materia di stupefacenti. Ha ricordato, infine, che NOME COGNOME versa nella medesima condizione soggettiva.
La motivazione è completa e scevra da profili di contraddittorietà o manifesta illogicità. Ed invero, non è contraddittorio né illogico aver attribuito rilievo a reiterazione in un breve arco di tempo di due trasgressioni alle prescrizioni imposte considerandola significativa di un aggravamento delle esigenze cautelari perché dimostrativa di una mancanza di «autodisciplina». In altri termini: la necessità di aggravare la misura è stata valutata nella prospettiva della adeguatezza della misura domiciliare a prevenire il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede e COGNOME è imputato per continuate violazioni dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/90, sicché non è illogico aver ritenuto indispensabile a fini cautelari la puntuale osservanza di prescrizioni che impediscono contatti con terzi, specie se pregiudicati.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 27 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Pre GLYPH nte