Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21823 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21823 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Saronno (VA) il 19/02/1964 avverso la sentenza del 14/02/2025 della Corte d’appello di Milano; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; letta la memoria del difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME che ha chiesto di annullare l’impugnata sentenza.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME è stato ritenuto responsabile, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, del reato di bancarotta semplice colposa (art. 217 comma 1 n. 4 L.F.), previa riqualificazione del reato originariamente contestato di bancarotta fraudolenta documentale ed assoluzione, perché il fatto non sussiste, da quello di bancarotta fraudolenta da operazioni dolose.
La Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado.
Il difensore del COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo
vizi motivazionali e violazioni di legge.
Contesta la decisione della Corte d’Appello che, pur avendo correttamente riconosciuto, quale elemento costitutivo del reato di cui all’art. 217, comma 1, n. 4, r.d. 267/1942, l’aggravamento del dissesto aziendale, lo avrebbe, poi, ritenuto sussistente in concreto sulla base delle sole irregolarità contabili, omettendo, cioè, di verificare se esse, nello specifico, avessero o meno determinato l’ aggravamento del dissesto: e tanto nonostante fosse stato articolato, al riguardo, espresso motivo d ‘ appello.
La Corte territoriale avrebbe altresì omesso l’ analisi dei documenti prodotti dal ricorrente e volti ad attestare che, anzi, il passivo fosse stato ridotto, essendo riuscito l’imputato a:
-diminuire i debiti verso i fornitori (-54%, pari a -313.855 euro dai bilanci);
-quasi azzerare i debiti verso i dipendenti e i collaboratori (-84%, pari a 56.065 euro dai bilanci);
-saldare tutti i ratei (-100%) della clientela con abbonamenti attivi (stimati in oltre 600.000 euro nel 2014).
Parte ricorrente ribadisce che, come già evidenziato con l’app ello, la chiusura dell’attività nel 2014 (anno in cui, secondo il Curatore, s’era determinato il dissesto societario) avrebbe comportato un debito globale di circa 2.400.000 euro, a fronte di quello determinatosi nel 2020 (anno del fallimento), di circa 1.600.000,00 euro.
Tanto anche perché, in caso di fallimento nel 2014, si sarebbe determinata (in capo a una società che si occupava di ‘sviluppare progetti nel mondo della promozione dell’attività sportiva ed in particolare nel settore delle Palestre e del Fitness’) l’interruzione degli abbonamenti e l’obbligo di restituzione dei ratei non goduti da parte dei clienti.
E perché, ancora, seppur con difficoltà, nel 2017 si era raggiunto l’obiettivo delle dismissioni delle sedi, consentendo di onorare i debiti verso i dipendenti e collaboratori, i clienti per i ratei in corso, i proprietari degli immobili e molti fornitori e finanziatori: seppur non era stato possibile saldare integralmente tutti i debiti erariali, verso fornitori e banche.
Nonostante queste specifiche deduzioni , svolte con l’appello e supportate dai documenti prodotti, la Corte territoriale si sarebbe limitata ad affermare genericamente che: “anche se l’imputato ha tentato di salvare la società, ha comunque adottato condotte che hanno aggravato la crisi”. In tal modo, la sentenza d’appello aveva omesso ogni valutazione concreta ed effettiva circa l’aggravamento del dissesto e aveva mancato di motivare il rigetto delle deduzioni difensive. La sentenza d’appello, insomma, aveva par lato di “un impatto negativo sul dissesto economico”, senza specificare alcunché al riguardo.
Si valorizza, infine, la conclusione del Tribunale nel riqualificare i fatti in bancarotta semplice colposa, avendo lo stesso ritenuto che le irregolarità contabili non fossero finalizzate a ingannare i creditori, ma fossero il risultato di una gestione finanziaria inefficiente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. È corretto quanto afferma, in diritto, parte ricorrente, atteso che, in tema di bancarotta semplice, l’aggravamento del dissesto punito dagli artt. 217, comma primo, n. 4 e 224 r.d. 267/1942 deve consistere nel deterioramento, provocato per colpa grave o per la mancata richiesta di fallimento, della complessiva situazione economico-finanziaria dell’impresa fallita, non essendo sufficiente ad integrarlo l’aumento di alcune poste passive (così Sez. 5, n. 27634 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276920-01). Tale sentenza, in un caso analogo al presente, ha posto in evidenza che fosse «mancata, da parte della Corte territoriale, una adeguata motivazione sul fatto che l’aggravamento del dissesto» «fosse realmente avvenuto, posto che non è sufficiente citare alcune voci del passivo di bilancio, aumentate o rimaste tali, per attestarlo, perché esso, invece, deve essere rappresentato da un sempre maggiore squilibrio economicofinanziario complessivo della società» (confronta, negli stessi termini, tra le tante e più recenti: Sez. 5, n. 10749 del 10/12/2024, dep. 2025, non massimata e Sez. 5, n. 46976 del 30/10/2024, non massimata).
Orbene, se è vero che la sentenza d’appello appare alquanto laconica, al riguardo, è altrettanto vero che quella di primo grado (che, come noto, in caso di conferma, da parte di quella d’appello, si salda con questa in un unicum motivazionale da valutare nel suo complesso: Sez. 3, n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Rv. 252615-01; Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Rv. 197250-01) ha ben spiegato in quali termini il dissesto si sia complessivamente aggravato (si vedano, in particolare, le pagine 3 e seguenti) e, soprattutto, che ciò è avvenuto (come, peraltro, contestato ne l capo d’imputazione) sin dal 2008: ‘Le predette irregolarità o meglio la corretta contabilizzazione delle diverse voci de l bilancio avrebbe evidenziato un capitale sociale già compromesso nell’anno 2008’ (p. 6 sentenza di primo grado) .
Ed allora, è evidente che sia completamente fuori tema la censura, così come prospettata, che prende a riferimento la diminuzione del dissesto a partire dal 2014: anno che non può avere alcun rilievo determinante.
Ciò, poi, senza considerare che le allegazioni di parte ricorrente non sono neppure conformi a quanto la giurisprudenza chiede al riguardo, al fine di considerare il vizio di travisamento dedotto.
Invero, è noto che il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova non può limitarsi, pena l’inammissibilità della censura, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato» (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, Rv. 281085-01; confronta, negli stessi termini: Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, dep. 2019, Rv. 274816-07; Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Rv. 249035-01).
Nella specie, si ripete, parte ricorrente si basa su prove parzialmente trascritte e della cui effettiva verità ed esistenza nulla è dato sapere.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 24/04/2025.