Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25104 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25104 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI NAPOLI nel procedimento a carico di: COGNOME nato a NAPOLI il 16/03/1991 nel procedimento a carico di q uest’ultimo avverso l’ordinanza del 28/01/2025 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consi g liere NOME COGNOME ; lette/sTrtite le conclusioni del PG NOME COGNOME e.L0n GLYPH edts”:49- 63 e 5′, GLYPH ozi GLYPH n ( en GLYPH CGC) GLYPH ( ” )L * 2-. ep Vy) GLYPH P’n e”^ 1 10 –( 0 ` 1 -«-t GLYPH; ^..; GLYPH ·IrD GLYPH L-01,f° @ eeee
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 23 luglio 2024 il Tribunale del riesame di Napoli respingeva l’istanza di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli le aveva applicato la misura cautel della custodia in carcere per i delitti di partecipazione associativa al clan COGNOME, capeggia NOME COGNOME e dal padre dell’indagata, NOME COGNOME, di induzione a non render dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, aggrav dall’agevolazione mafiosa, per avere indotto il cognato NOME COGNOME ad interrompere la collaborazione con la giustizia, e, infine, di riciclaggio, per avere contribuito all’occult della provenienza delittuosa di somme provenienti dal delitto di truffa.
La Quinta sezione di questa Corte, con sentenza in data 19 novembre 2024, ha annullato detta ordinanza limitatamente all’imputazione provvisoria di partecipazione ad associazione mafiosa. Ha, invero, ritenuto i dati valorizzati nella stessa, relativi al ruolo di g dispensatore svolto dalla donna delle somme necessarie al sostentamento dei familiari, liberi e detenuti, ambigui e non univocamente deponenti nel senso della partecipazione al clan COGNOME di NOME COGNOME. Ha, a tale riguardo, rilevato che detto ruolo potrebbe essere anche funziona non già agli interessi del clan, ma solo a quelli dei membri della famiglia COGNOME; e che depongono in senso contrario neppure le accuse mosse dal cognato alla donna, nel suo breve periodo di collaborazione, sempre vedenti su detto ruolo.
Sulla base della sentenza rescindente il Tribunale del riesame con l’ordinanza in epigrafe, emessa all’esito di giudizio di rinvio, ha ritenuto che la rivalutazione del medesimo compendi probatorio, considerato ambiguo e non univoco nel senso della partecipazione associativa, non può che indurre a ritenere l’incontestato e incontestabile supporto offerto da NOME COGNOME familiari, detenuti o liberi, attraverso il sostentamento economico e la gestione delle risorse clan, come tra l’altro riferito da NOME Esposito, secondo precise direttive del padre, sussumib nel reato di cui all’ad. 648 cod. pen., aggravato dall’ad. 416-bis.1 cod. pen.
Con riguardo a detta fattispecie il Tribunale a quo la ritiene certamente configurabile, sia quanto all’elemento oggettivo, essendo certo che la provvista gestita avesse provenienza illecita, sia in ordine al profilo soggettivo, atteso che il dolo della ricettazione può conf anche nella forma eventuale ed è del tutto ragionevole asserire che la figlia del capo clan si s quantomeno, rappresentata la concreta possibilità, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro che dispensava ai congiunti detenuti e ai familiari liberi. Aggiun inoltre, che, in linea con i più recenti arresti di legittimità, non vi è dubbio che la percez parte del congiunto di un affiliato, che si trovi in stato di detenzione, di denaro provenient sodalizio criminale, integra il reato di agevolazione aggravata dalla finalità di agevolazion associazione di stampo mafioso, giacché tale strumento di supporto economico, con la creazione di una rete di solida mutualità tra gli affiliati, rinsalda il vincolo di so associativo agevolando il perseguimento dei suoi scopi illeciti. Rileva che detta aggravante pu
ravvisarsi anche allorché l’autore materiale della condotta di ricettazione, che abbia disponibilità di denaro proveniente dall’associazione, abbia agito senza avere come esclusiva finalità quella di rafforzare il sodalizio, essendo mosso anche da finalità ulteriori e/o personale, atteso che la pluralità dei motivi che possono avere indotto alla consumazione del reato non neutralizza il dolo intenzionale richiesto per la configurazione dell’aggravante, nel caso di specie è agevole inferire proprio dal legame familiare con i vertici dell’associazi mafiosa, che rende di palmare evidenza la sostanziale condivisione della finalità di rafforzare vincolo, palesando la rete di mutualità o reciproca assistenza fra gli associati, rinsaldando, c il vincolo di solidarietà e scongiurando il rischio di dissociazione o collaborazione con l’aut giudiziaria. Evidenzia che al riguardo basterà leggere i verbali di dichiarazioni rese da NOME COGNOME e ripercorrere gli elementi probatori che danno conto della gestione da parte di NOME COGNOME anche di immobili fittiziamente intestati dal padre a terzi, per avvedersi di qu addentro fosse l’indagata nel tessuto associativo e, dunque, di quanto fosse consapevole delle finalità agevolatrici perseguite dai congiunti.
Passando alle esigenze cautelari l’ordinanza di riesame le ritiene sussistenti, in ragio della ripetuta azione posta in essere dall’indagata anche in tempi recenti per agevolare un sodalizio fortemente radicato sul territorio, in assenza di elementi indicativi di un mutame della condotta di vita, evidenziando, dunque, al di là della presunzione derivante d riconoscimento dell’aggravante, la sussistenza del pericolo di reiterazione alla luce della grav della condotta e della pervicacia dimostrata.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, deducendo vizio di motivazione, anche come travisamento probatorio, e violazione di legge.
Rileva il ricorrente che l’ordinanza impugnata non ha considerato che: – la riscontrat ambivalenza di alcuni elementi indiziari non li priva di valenza indiziaria nell’ambit un’eventuale “costruzione organica”; – detti elementi, invero, non erano i soli portat sostegno dell’accusa, essendosi rivelata l’indagata quale longa manus del padre nella gestione sia imprenditoriale che criminale del clan, nella gestione del “tesoro del clan” affidatogl genitore, nei rapporti con gli altri affiliati (NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella del paventato pentimento di suo fratello NOME COGNOME e nella gestione del pentimento d cognato NOME COGNOME nei cui confronti poneva in essere condotte minatorie volte ad indurlo alla ritrattazione, coinvolgendo anche terze persone detenute; – l’omessa valutazione di det elementi ha comportato una violazione di legge nella qualificazione della condotta come ricettazione, piuttosto che partecipazione associativa, come ritenuto dal G.i.p.
Il Procuratore ricorrente insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Ricorre per cassazione, tramite, il proprio difensore di fiducia anche NOME COGNOME.
3.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione con riferimento ritenuto delitto di ricettazione aggravato dall’art. 416-bis.1 cod. pen.
Si rileva che nel vedere nel comportamento dell’indagata un’agevolazione in favore della consorteria criminale, piuttosto che un mero supporto a familiari detenuti e liberi, il Trib del riesame sia incorso nello stesso errore di cui alla sentenza di annullamento, soprattutto n soffermandosi sul necessario dolo intenzionale.
3.2. Col secondo motivo di impugnazione si denuncia motivazione meramente apparente e asseriva in ordine alle ritenute esigenze cautelari.
Osserva la difesa che si incorre in detto tipo di motivazione laddove si afferma la gravi del comportamento delittuoso, non considerando che la Suprema Corte ha relegato il comportamento della ricorrente a fini meramente familiari.
Il difensore, alla luce di tali censure, insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnat
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Sostituto Procuratore generale pres questa Corte, dott. NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, in accoglimento del ricorso del Procuratore, e il rigetto del ricorso di NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
Va, invero, premesso, in riferimento ai limiti del sindacato di legittimità in mate misure cautelari personali, che questa Corte è priva di potere di revisione degli elemen materiali e fattuali delle vicende indagate e di rivalutazione degli apprezzamenti di meri rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale d riesame. Il controllo di legittimità, quindi, è limitato all’esame del contenuto de impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che lo determinavano dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessut argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della log e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie ( tra le Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, Borragine, Rv. 221001; Sez. U., n. 11 del 22/03/2000 , Audino, Rv. 215828 ), avuto, altresì, riguardo alla diversità di ogge della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevol qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato, rispetto a quella demandata al giudizi merito, che è intesa, invece, all’acquisizione della certezza processuale della colpevolezz dell’imputato (Sez.1, n.1951 dell’1/04/2010, Rv. 247206).
1.1. GLYPH Infondato è il ricorso del Procuratore presso il Tribunale di Napoli.
Lamenta, invero, il ricorrente che l’ordinanza impugnata ha erroneamente rilevato in fatto un’identità tra gli elementi posti a fondamento della misura cautelare e quelli ritenuti ambi dalla sentenza rescindente, che, invece, non appare trovare riscontro alla luce di una serie elementi indicati dal P.m. e sopra riportati.
Non considera, però, il ricorso, rivelando la propria infondatezza, che proprio gli eleme ritenuti ambigui e non deponenti in senso univoco per la partecipazione associativa erano quelli valorizzati dal G.i.p. del Tribunale di Napoli nell’ordinanza genetica.
Invero, si legge a p. 7 di detta ordinanza che deve ritenersi comprovata la condotta d partecipazione di NOME COGNOME al clan capeggiato dal padre NOME COGNOME in ragione della stab e organica compenetrazione di costei nel tessuto organizzativo del sodalizio, desumibile dal ruolo attivo assunto dalla predetta indagata ovvero dal concreto apporto fornito dalla predet al sodalizio. E a tale riguardo il G.i.p. osserva che la COGNOME è stata preposta, da anni gestione del denaro del clan e a curare ulteriori interessi di natura patrimoniale del capo c (come il patrimonio immobiliare intestato a prestanomi), fornendo un contributo essenziale per la sopravvivenza del sodalizio medesimo, curandone un segmento sensibile ed imprescindibile, trattandosi, peraltro, di persona che sia per i componenti della famiglia che per i sodali veci del capo clan, adeguandosi, alle direttive di quest’ultimo (“quello che dice papà io que faccio”).
Confrontando gli elementi posti a fondamento della gravità indiziaria nell’ordinanz genetica, che non attengono ai diversi profili valorizzati in ricorso, con quanto affermato d pronuncia rescindente, il Tribunale del riesame non ha che potuto fare proprie le censure di questa Corte e, prendendo atto del giudizio di ambiguità in ordine ai suddetti element escludere la sussistenza di un grave compendio indiziario circa la partecipazione associativa e ritenere l’incontestato e incontestabile supporto offerto dalla donna ai familiari, deten liberi, attraverso il sostentamento economico e la gestione delle risorse del clan, second precise direttive del padre, sussumibile nel delitto di ricettazione, aggravato dalla fina agevolazione mafiosa, nei termini di cui sopra.
1.2. GLYPH Infondato è anche il ricorso nell’interesse della COGNOME.
1.2.1. Infondato è il primo motivo di impugnazione.
Il Tribunale del riesame, invero, dopo avere dato atto che la difesa ha sollecitato modifica della provvisoria contestazione nella fattispecie della ricettazione, ritiene configur – con riguardo ai gravi indizi di colpevolezza – detta fattispecie sia sotto il profilo ogget soggettivo, nei termini non manifestamente illogici sopra riportati. Lo stesso Tribunale, semp con motivazione logica e coerente con le risultanze investigative, ritiene la sussistenza del finalità, pur non esclusiva, di rafforzare il sodalizio, inferendo dal legame familiare con i del clan e dalla consapevolezza delle finalità agevolatorie perseguite dai congiunti il d richiesto.
1.2.2. COGNOME Inammissibile, in quanto meramente rivalutativo e manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso, a fronte di argomentazioni logiche e scevre da vizi giuridici su
esigenze cautelari, quali quelle sopra riportate, e come tali immuni da censure rilevabili in s di legittimità.
2. Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna di NOME COGNOME pagamento delle spese processuali.
Non derivando dalla presente decisione la rimessione in libertà della COGNOME deve disporsi ter,
– ai sensi dell’art. 94, comma 1
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario i
l’imputato trovasi ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato
articolo 94.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso del Pubblico ministero.
Rigetta altresì il ricorso di COGNOME NOME e condanna la ricorrente al pagamento delle spe
processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025.