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Agevolazione mafiosa: quando il ricorso è inammissibile

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’ordinanza di arresti domiciliari per coltivazione di stupefacenti con l’aggravante di agevolazione mafiosa. Il ricorso è stato respinto per carenza di interesse, non avendo l’indagato dimostrato come l’esclusione dell’aggravante avrebbe modificato la misura cautelare, e per manifesta infondatezza, poiché le critiche si risolvevano in una richiesta di riesame del merito non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La Cassazione e l’aggravante di agevolazione mafiosa: i limiti del ricorso cautelare

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, n. 46558 del 2024, offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi contro le misure cautelari, in particolare quando si contesta l’aggravante di agevolazione mafiosa. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: per impugnare efficacemente un’ordinanza cautelare, non basta contestare un singolo elemento accusatorio, ma è necessario dimostrare un interesse concreto e attuale alla modifica della misura stessa.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari per il reato di concorso nella coltivazione illecita di quasi tremila piante di canapa. L’accusa era aggravata ai sensi dell’art. 416-bis.1 del codice penale, ovvero per aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività di un’associazione di tipo mafioso.

Il Tribunale del riesame aveva confermato l’ordinanza, ritenendo sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza sia le esigenze cautelari. L’indagato, tramite il suo legale, ha quindi proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Errata applicazione dell’aggravante di agevolazione mafiosa: la difesa sosteneva che non vi fosse prova della volontà dell’indagato di favorire il sodalizio criminale, e che la semplice consapevolezza della caratura mafiosa di alcuni correi non fosse sufficiente a configurare l’aggravante.
2. Vizio di motivazione sulle esigenze cautelari: si contestava la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio, evidenziando il tempo trascorso dai fatti, il ruolo secondario del ricorrente e il suo successivo allontanamento dai correi.

La Decisione della Corte: i limiti dell’agevolazione mafiosa in sede di legittimità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi che meritano un’attenta analisi.

Inammissibilità per Carenza di Interesse

Il primo motivo, relativo all’agevolazione mafiosa, è stato dichiarato inammissibile prima di tutto per carenza di interesse. La Corte ha ribadito un principio consolidato: in tema di procedimento cautelare, l’interesse a ricorrere sussiste solo se l’impugnazione mira a ottenere l’esclusione di un’aggravante che incida concretamente sull’an (il se) o sul quomodo (il come) della misura applicata.

Nel caso specifico, il ricorrente non ha illustrato in che modo l’eventuale esclusione dell’aggravante mafiosa avrebbe potuto portare alla revoca o alla modifica degli arresti domiciliari. Il reato base di coltivazione di un ingente quantitativo di stupefacenti era di per sé sufficientemente grave da giustificare la misura applicata. Pertanto, la doglianza sull’aggravante risultava priva di un effetto pratico favorevole per l’indagato, rendendo il ricorso privo del necessario interesse ad agire.

Manifesta Infondatezza e il Divieto di Riesame del Merito

In secondo luogo, la Corte ha giudicato i rilievi sull’aggravante manifestamente infondati. I giudici di legittimità hanno sottolineato che le censure del ricorrente si traducevano in una richiesta di rilettura degli elementi di fatto e di una nuova valutazione del merito, attività preclusa in sede di cassazione. Il Tribunale del riesame aveva fornito una motivazione logica e coerente sulla consapevolezza del ricorrente circa la finalità della condotta, evidenziando i suoi legami con noti esponenti di un clan mafioso e la strumentalità dell’attività illecita agli scopi dell’associazione criminale.

Analoghe considerazioni sono state svolte per il secondo motivo, relativo alle esigenze cautelari. Anche in questo caso, il ricorso è stato ritenuto un tentativo di contrapporre una diversa valutazione dei fatti a quella, non manifestamente illogica, compiuta dai giudici di merito.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si ancorano a principi procedurali solidi. L’inammissibilità per carenza di interesse serve a evitare ricorsi puramente strumentali, che non avrebbero alcun impatto sulla condizione dell’indagato. Il processo cautelare deve essere rapido ed efficiente, e non può essere appesantito da questioni che, seppur rilevanti per il giudizio finale, non sono decisive per la misura in atto. Inoltre, la Corte ha ribadito la propria funzione di giudice di legittimità, non di terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove, ma verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione del provvedimento impugnato. Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale, che legava la consapevolezza del ricorrente alla caratura mafiosa dei suoi sodali e alla finalità dell’operazione illecita, è stata ritenuta immune da vizi logici o giuridici.

Le conclusioni

Questa sentenza rappresenta un monito importante per la difesa tecnica nei procedimenti cautelari. Per contestare efficacemente la sussistenza di un’aggravante, come quella di agevolazione mafiosa, non è sufficiente metterne in dubbio la configurabilità astratta. È indispensabile dimostrare in modo specifico e concreto come la sua esclusione incida sui presupposti della misura cautelare, ad esempio riducendo la gravità indiziaria a un livello tale da non giustificare più la misura applicata o una misura di quella portata. In assenza di tale dimostrazione, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse, con conseguente condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria.

È sufficiente contestare un’aggravante, come quella di agevolazione mafiosa, per ottenere la revoca di una misura cautelare?
No. Secondo la sentenza, non è sufficiente. È necessario dimostrare che l’esclusione dell’aggravante incida concretamente sull’applicazione o sulla modalità della misura cautelare. Se il reato base è già abbastanza grave da giustificare la misura, la contestazione dell’aggravante è inammissibile per carenza di interesse.

Cosa significa che un ricorso per cassazione è inammissibile per “carenza di interesse” in materia cautelare?
Significa che il ricorrente non ha dimostrato di poter ottenere un vantaggio concreto e attuale dall’accoglimento del suo ricorso. Nel contesto cautelare, il vantaggio deve consistere nella revoca o nella modifica della misura restrittiva della libertà personale.

Può la Corte di Cassazione riesaminare i fatti per decidere se sussiste l’aggravante di agevolazione mafiosa?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove. Il suo compito è verificare se i giudici di merito hanno applicato correttamente la legge e se la loro motivazione è logica e non contraddittoria. Qualsiasi critica che si risolva in una richiesta di rilettura degli elementi di prova è considerata inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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