Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46558 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46558 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Taurianova il 30/10/1970
avverso l’ordinanza del 01/8/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; udito per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del primo agosto 2024 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del primo luglio 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale gli era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliati in relazione al reato di concorso nella coltivazione illecita di 2910 piante di canapa, di cui agli artt. 73,comma 4, e 80, comma 2, d.P.R. 309/90 e 416-bis1 cod. pen., commesso in Lamezia Terme dal 13 febbraio 2021 al 31 maggio 2021 (capo B della rubrica).
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a due motivi.
2.1. In primo luogo, ha lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b), cod. proc. pen., l’errata applicazione dell’art. 416-bisl cod. pen., per essere stata ritenuta configurabile a carico del ricorrente la circostanza aggravante prevista da tale disposizione esclusivamente sulla base del suo inserimento tra i concorrenti nel reato e dei suoi contatti diretti con NOME COGNOME e NOME COGNOME da cui era stata desunta in modo illogico la consapevolezza del ricorrente del coinvolgimento nella attività illecita della cosca COGNOME e la volontà di agevolarla, non essendo neppure stata contestata al ricorrente la partecipazione alla associazione ex art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al capo a) della rubrica provvisoria.
Ha aggiunto che nessuna delle emergenze istruttorie poste a fondamento della configurabilità della circostanza aggravante per i partecipanti alla associazione riguarda il ricorrente e che dalla sola consapevolezza della rilevanza criminale di COGNOME e COGNOME non poteva essere tratta la volontà del ricorrente di agevolare il sodalizio, che non emergerebbe da nessuno dei dialoghi intercettati, da cui non si ricaverebbe neppure la consapevolezza del ricorrente dello scopo che avrebbe animato gli altri concorrenti.
Le risultanze istruttorie a carico del ricorrente non dimostrerebbero, dunque, neppure a livello indiziario, la rappresentazione della funzionalizzazione della condotta del ricorrente all’agevolazione della associazione di tipo mafioso.
2.2. In secondo luogo, ha lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b) ed e), l’errata applicazione dell’art. 274, lett. a) e c), cod. proc. pen. e vizio della motivazione, nella parte relativa alla valutazione delle esigenze cautelari, di cui era stata ribadita la sussistenza, in particolare del pericolo di ripetizione di condotte dello stesso genere di quelle contestate, omettendo di considerare la risalenza nel tempo delle condotte, contestate come commesse da marzo a maggio 2021; il ruolo secondario del ricorrente; il suo allontanamento dai correi successivamente alla prima coltivazione; la realizzazione delle condotte in
un momento in cui il ricorrente non svolgeva attività lavorativa, svolta, invece, sia anteriormente sia successivamente.
L’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione erano stati desunti, con argomento insufficiente, dalle modalità di commissione del fatto e giustificati attraverso la sottolineatura delle rilevanti risorse economiche a disposizione del sodalizio.
Ha censurato anche l’affermazione della sussistenza del pericolo di inquinamento delle prove, cui il Tribunale sarebbe pervenuto senza considerare che il ricorrente non è partecipe dell’associazione di cui al capo a), che si è allontanato dai compartecipi nel maggio 2021 e che il quadro indiziario a suo carico si fonda esclusivamente su intercettazioni, videoriprese e sul sequestro, rispetto ai quali non è configurabile alcun pericolo di inquinamento.
Con memoria del 18 novembre 2024 ha ribadito la fondatezza di entrambi i motivi di ricorso, sottolineando, quanto al primo motivo, l’assenza di analisi della posizione del ricorrente, sia nella ordinanza applicativa della misura sia in quella resa a seguito della richiesta di riesame, e l’irrilevanza, per la configurabilità della circostanza aggravante della agevolazione mafiosa, della sola conoscenza della partecipazione al sodalizio di cui al capo a) da parte di alcuni dei concorrenti nel reato di cui al capo b) contestato al ricorrente, non potendo da tale consapevolezza trarsi la prova della finalità di agevolazione necessaria per la configurabilità di detta circostanza.
Con note scritte depositate nel corso dell’udienza di discussione ha ulteriormente ribadito la fondatezza di detti motivi di ricorso, sottolineando l’inconferenza, rispetto alla posizione del ricorrente, di quanto esposto nell’ordinanza impugnata a proposito della configurabilità della circostanza aggravante della agevolazione mafiosa, alla luce della natura soggettiva di detta circostanza, non essendo stata considerata la posizione specifica del ricorrente né indicati gli elementi concreti a suo carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo, mediante il quale è stata contestata la configurabilità della circostanza aggravante della agevolazione di una associazione di tipo mafioso di cui all’art. 416-bisl cod. pen., è inammissibile, sia per carenza di interesse, sia per manifesta infondatezza.
2.1. Va, infatti, rammentato che in tema di procedimento cautelare sussiste l’interesse concreto e attuale dell’indagato alla proposizione del riesame o del ricorso per cassazione quando l’impugnazione sia volta a ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto, nel solo caso in cui ciò incida sull’an o sul quomodo della misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284489 – 01, relativa ad associazione per delinquere di tipo mafioso, in cui è stata ritenuta corretta la decisione dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso, in quanto finalizzato alla sola esclusione del ruolo apicale dell’indagato all’interno del sodalizio, elemento privo di riflessi sui presupposti della misura cautelare e sulla sua durata; v. anche Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275028 – 01, con la quale è stato ritenuto inammissibile per carenza d’interesse il ricorso con cui, analogamente al caso in esame, era stata contestata la sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa senza che fossero impugnate le valutazioni in punto di pericolo di reiterazione non fondate su tale presunzione; nel medesimo senso Sez. 3, n. 36731 del 17/04/2014, COGNOME, Rv. 260256 – 01).
Ora, nel caso in esame, il ricorrente, nel contestare la configurabilità della circostanza aggravante della agevolazione mafiosa di cui all’art. 416-bisl cod. pen., non ha in alcun modo illustrato come l’esclusione di tale circostanza inciderebbe sul quadro indiziario a suo carico, che non è stato contestato, o sulla valutazione di gravità della condotta, non essendo, tra l’altro, stati sollevati riliev sulla adeguatezza della misura, ma solo sulla attualità e sulla concretezza delle esigenze ma per ragioni diverse rispetto alla configurabilità di tale circostanza, cosicché la doglianza circa la configurabilità di detta circostanza aggravante risulta priva del necessario interesse a dedurla, posto che dal suo eventuale accoglimento non potrebbe discendere alcun effetto favorevole per il ricorrente, posto che il reato contestato consentirebbe egualmente l’applicazione della misura e che, come evidenziato, non sono state sollevate contestazioni in ordine alla sussistenza degli indizi di responsabilità e della adeguatezza della misura.
2.2. I rilievi in ordine alla configurabilità di detta circostanza sono, in ogni caso, manifestamente infondati, essendo volti a censurare valutazioni di merito, in ordine alla consapevolezza del ricorrente della finalità della condotta realizzata assieme agli altri indagati, che sono state adeguatamente giustificate dai giudici di merito.
Il Tribunale di Reggio Calabria, nel disattendere l’analogo motivo di riesame, ha richiamato analiticamente quanto esposto nell’ordinanza applicativa della misura, sia in ordine al quadro indiziario, sia a proposito della configurabilità a carico del ricorrente della circostanza aggravante della agevolazione mafiosa, in particolare della cosca COGNOME, sottolineando la presenza di NOME COGNOME tra i concorrenti nel reato e la sua intenzione di nascondersi nella piantagione di canapa
di cui al capo b) per sottrarsi alla esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa a suo carico per altri fatti.
In particolare, nell’ordinanza genetica è stato sottolineato che della caratura mafiosa dei personaggi coinvolti nella vicenda erano pienamente consapevoli tutti i concorrenti nel reato di cui al capo b), dunque anche il ricorrente COGNOME, che era informato della appartenenza di NOME COGNOME e NOME Giuseppe COGNOME a cosche mafiose, che garantivano con le loro risorse finanziarie e organizzative lo svolgimento dell’attività di coltivazione, anche per lo smercio della canapa una volta raccolta, e anche della intenzione di NOME di nascondersi nella piantagione per sottrarsi alla cattura.
Si tratta di considerazioni non manifestamente illogiche e idonee a giustificare l’affermazione della sussistenza di gravi indizi della configurabilità di detta circostanza aggravante, essendo stata evidenziata la strumentalità dell’attività delittuosa di cui al capo b) rispetto agli scopi di due associazioni mafiose e il profondo collegamento tra queste e l’attività illecita, diretta da due esponenti di tali cosche e svolta avvalendosi delle loro capacità organizzative e finanziarie e strumentalmente agli scopi e agli interessi degli esponenti delle cosche stesse (uno dei quali, NOME COGNOME, intenzionato anche a nascondersi nella piantagione per sottrarsi alla cattura), considerazioni che il ricorrente ha censurato in modo generico, senza considerare tutto il complesso di elementi indiziari valutati per addivenire alla affermazione della sussistenza di gravi indizi anche in ordine a detta circostanza aggravante, e sul piano della lettura e della interpretazione degli elementi indiziari, di cui ha proposto una rivisitazione onde pervenire a una loro lettura alternativa, da contrapporre a quella dei giudici di merito, che non è manifestamente illogica e non, è, quindi, suscettibile di riconsiderazioni sul piano delle valutazioni di merito nel giudizio di legittimità.
Considerazioni analoghe possono essere svolte per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alle esigenze cautelari, che sono state contestate, nuovamente, in modo generico, senza considerare gli aspetti di gravità della condotta e di personalità del ricorrente sottolineati dal Tribunale, e, anche a questo proposito, sul piano valutativo, ossia del giudizio di pericolosità del ricorrente.
Il Tribunale, infatti, ha giustificato il pericolo di inquinamento delle prove sottolineando l’attenzione dei concorrenti nel reato, emersa dalle intercettazioni, alla dispersione di eventuali elementi indiziari, e il pericolo di recidivanza sottolineando il collegamento del ricorrente con ambienti e soggetti criminali assai organizzati e pericolosi (al punto da impiantare un’altra piantagione dopo la scoperta e il sequestro di quella di cui al capo B, oggetto della contestazione di cui al capo C), ritenendo irrilevante, alla luce di tali collegamenti, lo svolgimento di attività lavorativa.
Si tratta di argomenti idonei a giustificare la conferma della sussistenza delle esigenze cautelari e non manifestamente illogici, che il ricorrente non ha considerato nella loro interezza e di cui, soprattutto, ha proposto una critica fondata su una diversa considerazione dei medesimi aspetti di fatto, da contrapporre, anche a questo proposito, a quella dei giudici di merito, in tal guisa formulando di nuovo una censura non consentita nel giudizio di legittimità, nel quale, come da giurisprudenza consolidata e univoca, è esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della carenza di interesse e della manifesta infondatezza del primo motivo e della evidente infondatezza del secondo motivo.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 5/12/2024