Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27809 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27809 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Soverato il 15/06/1998
avverso l’ordinanza emessa il 27 febbraio 2025 dal Tribunale di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che ha confermato la misura degli arresti domiciliari applicata per il reato di cui al capo 2) dell’imputazione provvisoria (artt. 390 e 416-bis.1 cod. pen.). Deduce due motivi di ricorso di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla esistenza dell’associazione mafiosa a far data dal 25/11/2020 e, conseguentemente, sulla configurabilità dell’agevolazione mafiosa, rispetto alla quale è sicuramente
irrilevante la condotta consistita nell’aver agevolato gli incontri di Gallace con la compagna e con la figlia, trattandosi di una condotta «di chiara matrice affettivo famigliare». Si deduce, inoltre, quanto agli altri incontri, l’apparenza della motivazione in merito alla consapevolezza da parte del ricorrente della caratura criminale sia di Gallace che dei soggetti con i quali si è incontrato.
1.2. Violazione di legge e vizio della motivazione in merito alla concretezza e attualità delle esigenze cautelari, fondata su due precedenti remoti e aspecifici, stante l’occasionalità della condotta del ricorrente, il breve arco temporale in cui si è svolta (maggio-settembre 2021), la mancanza di ulteriori contatti con la criminalità organizzata successivamente alla cessazione della condotta criminosa e di collegamenti con altri sodali, fatta eccezione per il rapporto di parentela con lo zio NOME COGNOME al quale si contesta anche il reato di cui al capo 1), nonchè la dissoluzione della cosca di cui al capo 1).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito esposte.
Il primo motivo è complessivamente infondato, sebbene contenga anche delle censure aspecifiche e di contenuto meramente esplorativo che lo collocano ai limiti dell’ammissibilità.
In particolare, appare formulata in termini privi del necessario requisito della specificità, oltre che meramente esplorativa, la questione relativa alla omessa motivazione sulla sussistenza del sodalizio mafioso, questione che, peraltro, non pare dedotta in sede di riesame.
È, invece, infondata la doglianza relativa all’elemento psicologico della contestata aggravante.
Va, infatti, ribadito che in tema di procurata inosservanza di pena, ai fini dell’applicabilità dell’aggravante della finalità di agevolazione di associazione di tipo mafioso, è necessario che le prova raccolte consentano di dimostrare non soltanto la consapevolezza da parte dell’indagato della identità e degli specifici connotati del boss favorito, ma anche che quest’ultimo, nel periodo dell’ottenuto favoreggiamento, sia rimasto titolare, in base ad una fondata ipotesi ricostruttiva, della capacità di continuare a dirigere l’associazione di riferimento (Sez. 1, n. 44136 del 29/04/2019, COGNOME, Rv. 277473 – 03; Sez. 5, n. 19079 del 19/04/2010, COGNOME, Rv. 247253).
Il Tribunale ha fatto una corretta applicazione di tale principio di diritto ed ha desunto la consapevolezza del ricorrente dell’identità di NOME e del suo
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persistente ruolo apicale dalle particolari modalità della condotta contestata, avuto riguardo alle accortezze adottate al fine di garantirne la latitanza (predisposizione
di un bunker
dotato di allarme e videosorveglianza all’interno dell’impresa della famiglia del ricorrente, costantemente vigilato dal ricorrente e da altri coindagati,
che garantivano sia l’assistenza materiale del latitante che la riservatezza dei suoi incontri con familiari e altri soggetti appartenenti alle cosche Metastasio-Comito),
nonché dal contesto territoriale in cui sono avvenuti i fatti e dalle pluriennali cointeressenze tra le due famiglie emerse nel procedimento denominato
“MITHOS”.
Erra, peraltro, il ricorrente quando insiste sulla sua inconsapevolezza della caratura criminale dei soggetti incontrati da COGNOME, trattandosi di un elemento
che, alla luce del principio di diritto sopra richiamato, non incide sulla configurabilità dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, trattandosi, in ogni caso,
di incontri funzionali allo svolgimento del ruolo direttivo del latitante.
3. Il secondo motivo è infondato.
Premesso, infatti, che nel caso in esame opera la presunzione relativa stabilita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., il Tribunale, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha adeguatamente argomentato sulla concretezza ed attualità delle esigenze cautelari in considerazione della gravità e delle allarmanti modalità della condotta contestata, protratta per un significativo lasso di tempo durante il quale, si ribadisce, il ricorrente e i coindagati hanno consentito al latitante di continuare a dirigere la cosca di appartenenza. Tali elementi sono stati non irragionevolmente reputati quali indici sintomatici della contiguità del ricorrente al tessuto criminale mafioso ed idonei a colorare di significato, in termini di persistente pericolosità, il c.d. tempo silente decorso dalla commissione del fatto.
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. ’31 Così deciso il 22 maggio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Prèsidente