Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27465 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27465 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI nel procedimento a carico di: NAPOLI NOME nato il 21/12/1959 a NAPOLI COGNOME COGNOME nato il 24/09/1963 a GIUGLIANO IN CAMPANIA COGNOME NOME nato il 20/11/1970 a SANT’ANTIMO avverso l’ordinanza in data 21/02/2025 del TRIBUNALE DI NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o, in linea subordinata, per il suo rigetto;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse di NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o, in linea subordinata, per il suo rigetto;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME, anche per delega dell’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o, in linea subordinata, per il suo rigetto.
letta la nota dell’Avvocato NOME COGNOME che, in replica alla requisitoria scritta del pubblico ministero, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso nei confronti di NOME COGNOME
letta la nota dell’Avvocato dell’Avv. NOME COGNOME che, nell’interesse di NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
data 21/02/2025 del Tribunale di Napoli che, in sede di riesame, previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen., ha dichiarato l’incompetenza per territorio del G.i.p. del Tribunale di Napoli, ha declinato la competenza in favore del G.i.p. del Tribunale di Napoli Nord e ha annullato l’ordinanza impugnata, con immediata liberazione di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Deduce:
1.1. ‘Inosservanza delle norme processuali di sussistenza delle condizioni di applicabilità delle misure cautelari personali ed in particolare sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (273 c.p.p.) e delle esigenze cautelari (art. 274 – 275 c.p.p.); illogicità, contraddittorietà, difetto di motivazione poichØ carente o fondata su erronei presupposti di fatto’.
Il ricorrente sostiene che lo snodarsi della vicenda descritta al capo 17 -relativa al rilascio della concessione edilizia per la realizzazione del Mc Donald’s- prova la sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, diversamente da quanto ritenuto dai giudici del riesame, che l’hanno esclusa rilevando l’assenza di contatti tra gli indagati e il clan di tipo mafioso.
A sostegno dell’assunto, il pubblico ministero ripercorre i tratti salienti della menzionata vicenda e i contenuti delle conversazioni intercettate, dolendosi della mancata considerazione dei contenuti delle conversazioni intercettate il 13.9.2020 e l’8.1.2020.
1.2. Sotto il profilo delle esigenze cautelari il ricorrente evidenzia che le condotte corruttive si inseriscono in un sistema di gestione dell’ente comunale, in funzione del perseguimento di interessi illeciti, attuata mediante un’estesa rete di rapporti, connotata da cointeressenze di vario tipo tra soggetti intranei ed estranei all’amministrazione e alimentata dai rapporti con il clan COGNOME.
Assume, dunque, che in un sistema siffatto le condotte non possono considerarsi isolatamente, apparendo ciascuna di essa fortemente dimostrativa del pieno inserimento degli indagati nella rete criminale descritta, con la conseguente sussistenza di esigenze cautelari legate al pericolo di recidiva.
Si rimarca come le dimissioni dall’incarico pubblico presentate da alcuni indagati non esclude le esigenze così ritenute, proprio in ragione del sistema delineato.
Così premessi i contenuti dell’impugnazione, i ricorsi congiuntamente rivolti alle posizioni di NOME COGNOME di NOME COGNOME e di NOME COGNOME sono inammissibili.
2.1. Va premesso che il Tribunale ha ritenuto sussistente il requisito dei gravi indizi di colpevolezza per il reato di corruzione contestato al capo 17 all’imprenditore COGNOME NOME e ai pubblici ufficiali COGNOME NOME e COGNOME NOME, in relazione al rilascio di un permesso di costruire convenzionato, strumentale alla realizzazione di un complesso commerciale destinato ad attività di ristorazione.
Secondo l’ipotesi accusatoria tale reato era stato commesso per agevolare l’organizzazione criminale di tipo mafioso denominata clan COGNOME, promossa e organizzata da NOME COGNOME con conseguente configurazione dell’aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen..
2.2. L’aggravante così contestata, però, Ł stata esclusa dal G.i.p. nei confronti di COGNOME, in sede di emissione l’ordinanza applicativa della misura cautelare; il Tribunale l’ha, poi, esclusa anche nei confronti di COGNOME e di COGNOME.
Per escludere la sussistenza di tale aggravante, i giudici del riesame, in particolare, hanno osservato che non poteva ritenersi sussistente una vicinanza di COGNOME al clan , perchØ, con sentenza in data 03.03.2015, quello era stato assolto dal Tribunale di Napoli dal reato di concorso esterno in associazione mafiosa e perchØ, inoltre, con decreto in data 29/04/2021 lo stesso Tribunale di Napoli aveva rigettato la proposta di applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale, così mancando elementi utili ad avvalorare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che, in entrambi i provvedimenti menzionati, venivano giudicate generiche.
Il tribunale, inoltre. ha osservato che dalle attività di intercettazione, protrattasi per oltre un anno, non era mai emerso alcun collegamento tra la vicenda corruttiva e il clan mafioso: «non a caso -si legge nell’ordinanza- pur mantenendo costanti contatti con COGNOME NOME, non consta che l’COGNOME abbia mai discusso con lui della possibilità che dal rilascio del permesso di costruire in discorso potessero derivare vantaggi economici per il sodalizio».
Nell’ordinanza impugnata si rimarca come al fine della configurabilità dell’aggravante non sia sufficiente la militanza associativa di Abbate, dovendosi altresì dimostrare che l’affare producesse vantaggi economici al clan ; si aggiunge, inoltre, che Ł rimasta priva di elementi di concretezza -così restando al livello di mera congettura- l’affermazione secondo cui il Sindaco COGNOME aveva assunto l’obbligo di riversare al clan parte delle tangenti incassate, a qualsiasi titolo, nel corso del suo mandato, non essendo stato riversato in atti nulla di concreto utile a dimostrare le modalità, i tempi e i protagonisti di tale accordo, una volta esclusa la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in relazione al voto di scambio contestato al capo 15.
Prima di passare all’esame dei motivi esposti con i ricorsi, va rammentato che «Ai fini della configurabilità dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa di cui all’art. 416bis .1 cod. pen., la finalità perseguita dall’autore del delitto, onde evitare il rischio della diluizione della circostanza nella semplice contestualità ambientale, dev’essere oggetto di una rigorosa verifica in sede di formazione della prova, sotto il duplice profilo della dimostrazione che il reato Ł stato commesso al fine specifico di favorire l’attività dell’associazione mafiosa e della consapevolezza dell’ausilio prestato al sodalizio. (Fattispecie relativa al delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, in cui la Corte ha censurato la decisione con la quale era stata riconosciuta detta aggravante valorizzando unicamente l’appartenenza dell’imputato ad entrambi i sodalizi e la sovrapponibilità operativa di essi)» (Sez. 3, n. 45536 del 15/09/2022, COGNOME, Rv. 284199 – 02).
In particolare, sotto il profilo psicologico, le Sezioni Unite hanno chiarito che «la circostanza aggravante dell’aver agito al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso ha natura soggettiva inerendo ai motivi a delinquere, e si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalità agevolatrice perseguita dal compartecipe» (Sez. U., n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278734 – 01), con l’ulteriore specificazione che «l’aggravante prevista dall’art. 416bis .1, comma primo, seconda parte, cod. pen., di natura soggettiva e caratterizzata da dolo intenzionale, si comunica al compartecipe del reato che sia stato consapevole della finalità perseguita dai concorrenti di agevolare il sodalizio mafioso, non potendo, invece, ritenersi sufficiente la semplice consapevolezza, da parte del predetto, dell’esistenza e dell’operatività di un’organizzazione sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 416bis cod. pen. e dell’appartenenza ad essa dei concorrenti, che rivestano posizioni apicali» (Sez. 3, n. 32126 del 18/04/2023, COGNOME, Rv. 284902 – 01).
In applicazione di tali principi al caso concreto, va osservato come i gravi indizi di colpevolezza dell’agevolazione mafiosa non possono ricavarsi da un contesto ambientale eventualmente compromesso, dovendosi fare riferimento all’ipotesi di reato in concreto contestata e rivolgersi ai soggetti cui esso viene contestato.
Piø in particolare, soprattutto sotto il profilo psicologico, non Ł sufficiente la consapevolezza degli indagati dell’appartenenza di taluno a un sodalizio criminoso, nØ Ł sufficiente che taluno dei coindagati possa avere -eventualmente- assunto l’obbligo di far refluire alla cosca una parte dei propri guadagni.
Al fine della configurabilità dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa Ł necessario evidenziare l’esistenza di elementi concreti, capaci di dimostrare che la somma percepita per la corruzione contestata al capo 17 sia refluita, in tutto o in parte, nelle casse del clan ovvero che il permesso di costruire oggetto della contestazione si sia risolto in un’utilità o in un vantaggio in
favore della cosca.
E’ altresì necessario dimostrare che i coindagati fossero consapevoli -con dolo intenzionale diretto e/o comunicato- che da quel permesso e da quell’accordo corruttivo derivassero dei vantaggi alla cosca.
Così delineata la direzione dei gravi indizi di colpevolezza, deve osservarsi come il ricorso non tocchi nessuno di tali temi.
Il pubblico ministero ricorrente rimarca come il Sindaco COGNOME avesse raggiunto un accordo con il clan per far refluire nelle casse della cosca una parte delle tangenti ricevute durante il suo mandato. Il pubblico ministero ricorrente, però, non indica elementi concreti che lascino intravvedere che COGNOME, COGNOME e COGNOME fossero eventualmente consapevoli di tale accordo, eventualmente raggiunto dal coindagato, nØ indica elementi utili a dimostrare che l’accordo corruttivo contestato al capo 17 fosse destinato ad agevolare il clan , in ottemperanza dell’accordo (eventualmente) raggiunto dal sindaco in campagna elettorale.
In tal senso, del tutto logicamente il tribunale ha osservato come il costrutto accusatorio circa la sussistenza di un accordo preso in campagna elettorale tra il futuro sindaco e la cosca risulta indebolito, nel momento in cui Ł stata ritenuta l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di voto di scambio contestato al capo 15.
Risulta tautologica, poi, l’affermazione del ricorrente nella parte in cui sostiene che Ł la stessa complessità della vicenda che dimostra la sussistenza dell’agevolazione mafiosa, così di fatto identificando l’aggravante nello stesso accordo corruttivo, mentre per la sua configurazione Ł necessario dimostrare che quell’accordo -nella sua complessità e nella consapevolezza di COGNOME, COGNOME e COGNOME– fosse destinato a produrre un vantaggio al clan .
Vantaggio che, per il vero, non Ł indicato neanche nel capo d’imputazione.
5.1. A tali assorbenti rilievi, va aggiunto che il ricorso si risolve in una rilettura dei contenuti delle conversazioni intercettate, cui si aggiunge la valorizzazione di alcune conversazioni che si assumono trascurate dal tribunale.
Lasciando a parte che nessuna delle conversazioni indicate risulta focalizzarsi su quanto fin qui evidenziato, va altresì osservato che, in materia di intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della 4 manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (in tal senso, cfr. Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01.; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389 – 01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164 – 01).
Il motivo d’impugnazione, rivolto congiuntamente alla posizione di tutti e tre gli indagati, risulta inammissibile.
Identiche considerazioni valgono anche in relazione alle esigenze cautelari.
Il tribunale ha escluso la loro sussistenza osservando che agli indagati -alcuni dei quali incensurati- veniva contestato un solo fatto, risalente a cinque anni prima e non seguito da successive vicende simili.
Il ricorrente, assume che le esigenze cautelari vanno rinvenute nel sistema corruttivo e non guardando al fatto isolatamente.
Anche in questo caso, però, l’impugnazione si risolve in osservazioni generiche, che non si rivolgono specificamente agli indagati e che, per di piø, non si confrontano con la motivazione nella parte in cui rileva la mancanza del requisito dell’attualità, visto che il fatto risulta commesso 5 anni orsono, senza che vi siano ulteriori fatti utili a collegare quel fatto al presente.
Nulla viene dedotto in relazione a tale tema, che pure viene ritenuto decisivo nell’ordinanza
impugnata, in coerenza con l’insegnamento di questa Corte, a mente del quale «in tema di misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. Ł prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di un’esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, del codice di rito. Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, Tavella, Rv. 286202 – 02
I ricorsi, dunque, sono inammissibili, perchØ, a fronte di una motivazione adeguata, completa, logica e non contraddittoria, il ricorrente oppone argomentazioni e valutazioni in punto di fatto, senza dedurre censure astrattamente riconducibili ad alcuno dei vizi scrutinabili in sede di legittimità.
Va a tal proposito ricordato che, in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione Ł ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito» (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME Rv. 269884 – 01; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME Rv. 252178).
Segue la declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi congiunti del p.m.
Così Ł deciso, 06/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME