Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14476 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14476 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME COGNOME nato a Cutro il 24/12/1979 COGNOME NOMECOGNOME nato a Catanzaro il 14/09/1965
avverso la sentenza del 04/07/2024 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
sentite le conclusioni del difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha chiest rigetto dei ricorsi, depositando conclusioni scritte e nota spese;
sentite le conclusioni del difensore del ricorrente COGNOME avv. NOME COGNOME che ha insistito per raccoglimento del ricorso;
sentite le conclusioni del difensore del ricorrente COGNOME, avv. NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
sentite le conclusioni del difensore del ricorrente COGNOME, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro, quale giudice del rinvio, ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 31 luglio 2019 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro n confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati di concorso in rapin pluriaggravata, di concorso in detenzione e porto in luogo pubblico di armi da fuo con relativo munizionamento, di concorso in ricettazione e di concorso danneggiamento aggravato, anche per quanto attiene, in particolare, al sussistenza dell’aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i suddetti imputati, a mezzo dei propri difensori, formulando i motivi di censura di segu sinteticamente esposti, nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc.
3. Ricorso di NOME COGNOME
3.1. Violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. in relazione all 416-bis.1 cod. pen. e apparenza, contraddittorietà o manifesta illogicità motivazione, in relazione alla riconosciuta aggravante dell’agevolazione mafiosa
La sentenza impugnata avrebbe tratto la prova della sussistenza dell circostanza dalle dichiarazioni dei collaboratori COGNOME (che, in realtà, rif solo de relato), COGNOME e COGNOME. Tali propalazioni non potrebbero ritenersi vicendevolmente riscontrantisi, per quanto qui rileva.
COGNOME avrebbe riferito che parte del bottino sarebbe stata destinata a ‘ndrangheta e COGNOME avrebbe indicato in NOME COGNOME il soggetto che, qu capocosca del clan COGNOME, avrebbe proposto l’affare (senza però accennare all condivisione con l’associazione criminale dei proventi del delitto; peraltro, n neppure accertato che il suddetto COGNOME, al momento dei fatti per cui si proc potesse reputarsi “associato”, emergendo solo un giudicato per una precedent militanza ‘ndranghetistica sino soltanto al 2008, di modo che mancherebbe il nes soggettivo alla base dell’aggravante).
La Corte territoriale, inoltre, non avrebbe rispettato le stringenti indic espresse dalla sentenza di annullamento, ove si imponeva un approfondimento sulla circostanza, non semplicemente riconducibile a un atto di impulso, che COGNOME potesse aver espresso un mero placet alla realizzazione della rapina. Il racconto di COGNOME (capo di una cellula catanzarese), a suo dire coinvolto da un cug sarebbe inconciliabile con il complessivo compendio nella parte in cui richiama propria iniziativa di richiedere – tramite COGNOME che coinvolse il genero COGNOME l’assenso di Lentini, referente dell’articolazione locale, nonostan
rapporto organico e di intraneità rendesse ultronei eventuali intermediari. Qu resoconto si dimostrerebbe altresì incompatibile con la versione offerta COGNOME, secondo cui quando COGNOME entrò nel novero dei concorrenti, costoro potevano già contare sull’appoggio di NOME COGNOME La sentenza di condanna d COGNOME per il medesimo fatto, resa in un distinto procedimento, non pot costituire un valido riscontro, poggiando sul medesimo errore valutativo.
D’altronde, un altro collaboratore, COGNOME (omonimo del ricorrente) aveva escluso che, operando nell’area catanzarese, fosse necessario il permesso referente locale.
Anche le “regalìe” successivamente fatte “alle famiglie”, in quanto even successivo alla realizzazione del fatto tipico, non avrebbero validamente prov la preesistente finalità di recare loro vantaggio, potendo trovare molte spiegazioni alternative, e tantomeno uno specifico accordo con i vert ‘ndranghetistici locali.
Tornando alle dichiarazioni di NOME, la Corte catanzarese traviserebbe gl elementi istruttori, confondendo COGNOME, associato alla medesima cosca de dichiarante, con il basista della rapina, da individuarsi invece in COGNOME (che di avere conosciuto NOME). Peraltro, laddove il collaboratore sostiene che rapina fu organizzata in tutti i particolari dalla ‘ndrangheta, si porr contrasto con le sentenze nei confronti degli altri coimputati, che hanno esclus sussistenza dell’aggravante. Un’ulteriore inesattezza, non stigmatizzata dai giu di merito, andrebbe poi individuata nell’aver riferito che le informazioni disposizione provenivano da NOME COGNOME e COGNOME compartecipi del delitto, anche se COGNOME non era mai stato imputato.
3.2. Violazione dell’art. 416-bis.1 cod. pen., in relazione alla ricono aggravante dell’agevolazione mafiosa, poiché la stessa rubrica imputati ometterebbe di specificare quale sodalizio, concretamente esistente, sarebbe st in ipotesi avvantaggiato dall’azione delittuosa.
4. Ricorso di NOME COGNOME
4.1. Violazione dell’art. 416-bis.1 cod. pen., in relazione alla ricono aggravante dell’agevolazione mafiosa. Carenza di riscontri esterni a dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
NOME COGNOME non avrebbe mai affermato che l’iniziativa era partita da NOME COGNOME limitandosi a riferire che egli avvertì gli altri che era necessario av suddetto COGNOME onde evitare di «calpestare i piedi» a qualche cosca, di modo “COGNOME” (ovvero lo stesso COGNOME) si attivò, rivolgendosi al genero; poter aggiungere altro sul punto, perché poi carcerato. I giudici di merit avrebbero ricercato alcun riscontro a queste propalazioni, neppure verificando
titolarità alla famiglia COGNOME di un immobile contiguo al capannone dove era ubicato il caveau oggetto dell’azione predatoria.
NOME COGNOME ha appreso della rapina da altri codetenuti (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME) e, nonostante l’acquisizione de relato, la Corte di appello non ha svolto un adeguato vaglio critico.
Secondo NOME COGNOME, ex compagna del ricorrente, COGNOME avrebbe parlato con COGNOME della rapina. Anche tali informazioni sarebbero state apprese solo indirettamente e comunque non sarebbe stato rilevato che la dichiarante aveva riconosciuto in effigie solo persone già a lei note, ignorando le fattezze degli altri partecipanti alla rapina.
NOME COGNOME ha detto di essere a conoscenza che i suoi cugini, tra cui il coimputato NOME COGNOME, avevano partecipato al “colpo” e la Corte avrebbe incongruamente desunto da un generico riferimento a NOME COGNOME che anche quest’ultimo (e NOME COGNOME) avessero partecipato al delitto. Anche l’accenno alle successive dazioni «alle famiglie del Crotonese» avrebbe dovuto più correttamente interpretarsi come una semplice regalìa, svincolata dalla partecipazione alla rapina.
La finalità di agevolazione mafiosa, d’altronde, non potrebbe essere ricondotta a una generica volontà di evitare interferenze con i potentati criminali locali. La sentenza impugnata, d’altronde, omette di precisare quali elementi concreti supportino la conclusione che COGNOME e COGNOME avessero messo a disposizione le entrature necessarie presso la criminalità organizzata. a
4.2. Mancata valutazione della credibilità dei collaboratori di giustizia.
I giudici di appello avrebbero omesso il necessario e rigoroso scrutinio della credibilità oggettiva e della attendibilità soggettiva dei quattro dichiaranti, a fronte della mancanza di riscontri esterni individualizzanti e delle plurime contraddizioni rinvenibili nei loro racconti, tutti basati su fonti non autonome (COGNOME dice che COGNOME contattò COGNOME per tramite di COGNOME, secondo NOME COGNOME lo contattò personalmente; in ogni caso, in altri procedimenti che vedevano imputati COGNOME e COGNOME non sarebbe emerso alcun collegamento. COGNOME riferisce di avere sentito COGNOME in carcere parlare con NOME COGNOME della rapina, tuttavia COGNOME avrebbe negato non solo di conoscere COGNOME, ma anche di aver mai accennato a qualcuno del delitto. COGNOME risulterebbe contraddittoria anche in ordine al presunto elenco dei destinatari delle “quote”. COGNOME prima chiama in causa COGNOME e poi ammette però che «su Catanzaro» ci sarebbe stata «mano libera»).
4.3. Violazione del diritto di difesa e nullità delle dichiarazioni di COGNOME.
La dichiarante sarebbe stata prima sentita a sommarie informazioni, rilasciando anche propalazioni contra se, di modo che il verbale fu interrotto e il
successivo interrogatorio (peraltro, privo di fonoregistrazione e senza trascri integrale) non varrebbe a sanare retroattivamente la violazione delle garan difensive, con conseguente inutilizzabilità dell’atto di indagine.
4.4. Mancata verifica della finalità di agevolazione mafiosa.
La Corte di appello non avrebbe chiarito in che modo l’azione delittuosa p cui si procede avrebbe concretamente contribuito a rafforzare la posizio dell’associazione ‘ndrangheta sul territorio, non essendo sufficiente la volon evitare scontri con bande locali.
4.5. Violazione dell’art. 627 cod. proc. pen.
La mancata disamina critica delle informazioni veicolate dai collaborator costituirebbe una violazione delle stringenti prescrizioni contenute nella sent di annullamento.
4.6. Violazione dell’art. 27 Cost. e dell’art. 238-bis cod. proc. pen riferimento all’utilizzo probatorio di sentenze non definitive.
La sentenza impugnata addebiterebbe al ricorrente l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, sulla sola base del contesto territoriale e di ipot condotte altrui, così violando il principio di responsabilità personale, utilizzando erga alios una sentenza non definitiva resa nei confronti del solo Lentini.
4.7. Il difensore di COGNOME, avv. NOME COGNOMEcfr. nomina in data gennaio 2025, trasmessa unitamente a nota manoscritta a firma dell’imputato) ha depositato memoria di approfondimento dei motivi già esposti nell’atto impugnazione.
È stata, altresì, depositata memoria nell’interesse della parte c costituita RAGIONE_SOCIALE
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi sono inammissibili, in quanto proposti con motivi non consentiti, generici e manifestamente infondati.
La Sesta Sezione della Corte di cassazione, con sentenza n. 49631 del 16/11/2023, ha annullato la sentenza resa il 27/01/2023 dalla Corte di appello Catanzaro (già giudice del rinvio, all’esito dell’annullamento disposto da q Sezione, in data 31 marzo 2022, in accoglimento del ricorso del Procurator
generale), limitatamente alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416cod. pen., con rinvio ad altra Sezione della Corte territoriale, onde colmare i di motivazione inerenti i passaggi del procedimento valutativo delle dichiarazio rese dai due collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME I giudi catanzaresi si erano, infatti, limitati ad affermarne la genuinità, la precisio coerenza, sulla sola base della diretta apprensione dagli altri concorrenti quanto “colorate” di elementi di assoluta credibilità, quali i problemi determi dalla «fidanzata del RAGIONE_SOCIALE». Era stato, quindi, omesso il doveroso vaglio legge, così come delineato dalla giurisprudenza di legittimità, sulla credib soggettiva di COGNOME, sull’attendibilità delle propalazioni di COGNOME e presenza di riscontri individualizzanti.
Il thema deddendum rimesso ai giudici partenopei, alla luce delle considerazioni che precedono, concerneva, dunque, soltanto la sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, per come ricavata da quanto riferito d due collaboratori COGNOME e COGNOME.
3.1. Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazion il giudice di merito non è vincolato, né condizionato da eventuali valutazioni fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettan solo al primo il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle eme processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti d (Sez. 2, n. 8733 del 22/11/2019, dep. 2020, Le Voci, Rv. 278629-02). Il giudic del rinvio, ai sensi dell’art. 627 cod. proc. pen., è dunque chiamato a compier un nuovo completo esame del materiale probatorio con i medesimi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, salve le sole limitazioni previst legge consistenti nel non ripetere il percorso logico già censurato, spettandogl via esclusiva il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle eme processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti d (Sez. 3, n. 34794 del 19/05/2017, F., Rv. 271345-01).
3.2. Le coordinate ermeneutiche per lo scrutinio del contributo informativ offerto dai due dichiaranti sono fornite dal “decalogo” fornito da Sez. U, n. 20 del 29/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255145-01 (ampiamente citata anche nella precedente decisione di legittimità), secondo cui, innanzitutto, n valutazione della chiamata in correità o in reità, il giudice, ancora pri accertare l’esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilità sogget dichiarante e l’attendibilità oggettiva delle sue dichiarazioni; tale scr nondimeno, non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità oggettiva d racconto devono essere vagliate unitariamente, poiché l’art. 192, comma terzo
cod. proc. pen., non indica alcuna specifica tassativa sequenza logico-tempora (cfr., in termini, anche Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Khess, Rv. 276676-0 Sez. 1, n. 22633 del 05/02/2014, COGNOME, Rv. 262348-01). La chiamata in correità o in reità de relato, inoltre, anche se non asseverata dalla fonte diretta, può avere come – anche unico – riscontro, ai fini della prova della responsabi penale dell’accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, purché si rispettate le seguenti condizioni:
risulti positivamente effettuata la valutazione della credibilità soggetti ciascun dichiarante e dell’attendibilità intrinseca di ogni singola dichiarazio base ai criteri della specificità, della coerenza, della costanza, della spontan
siano accertati i rapporti personali fra il dichiarante e la fonte diret inferirne dati sintomatici della corrispondenza al vero di quanto dalla seco confidato al primo;
vi sia la convergenza delle varie chiamate, che devono riscontrars reciprocamente in maniera individualizzante, in relazione a circostanze rileva del thema probandum;
vi sia l’indipendenza delle chiamate, nel senso che non devono rivelars frutto di eventuali intese fraudolente;
sussista l’autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazio da fonti di informazione diverse (cfr., in termini, anche Sez. 1, n. 36065 03/05/2024, COGNOME, Rv. 286948-01; Sez. 1, n. 41238 del 26/06/2019, COGNOME, Rv. 277134-01. È stato ulteriormente precisato da Sez. 6, n. 47108 de 08/10/2019, COGNOME, Rv. 277393-01, e Sez. 2, n. 13473 del 04/03/2008, COGNOME, Rv. 239744-01, che i riscontri esterni costituiti da ulteriori dichiara accusatorie devono convergere in ordine al fatto materiale oggetto del narrazione e, naturalmente, devono avere portata individualizzante, senza ch possa pretendersi la piena sovrapponibilità dei loro rispettivi contenuti narr dovendosi piuttosto privilegiare l’aspetto sostanziale della concordanza sul nuc centrale e significativo della questione fattuale da decidere).
3.3. Ancora in tema di riscontri, questi possono essere costituiti da quals elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che s indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correità, nei termini suindi e a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioè riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilità dello stesso all’imputato, men è richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova, neppure di r indiziario, perché, in caso contrario, perderebbero la loro funzione “gregaria quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata correità (Sez. U, COGNOME, cit.; Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, R
h/
276744-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260607-01; Sez. 1, n. 34712 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 267528-01).
3.4. Il sindacato di legittimità sulla valutazione delle chiamate di co operata dai giudici di merito, infine, non ricomprende il controllo sul signif concreto di ciascuna dichiarazione e di ciascun elemento di riscontro, perché tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazioni con quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in se stess loro reciproco collegamento (Sez. 1, n. 36087 del 13/11/2020, COGNOME, Rv. 280058-01; Sez. 6, n. 33875 del 12/05/2015, COGNOME, Rv. 264577-01).
Il rinnovato apparato argomentativo, svoltosi entro il perimetro cogniti imposto dall’art. 627 cod. proc. pen., risulta scevro di vizi logico-giur conforme all’insegnamento di questa Corte regolatrice nel suo massimo consesso nomofilattico e attento nel valutare, nella pienezza della giurisdizione di me l’incidenza di tutti gli elementi rilevanti, coerentemente con il compendio istrut agli atti.
4.1. La Corte di appello, applicando i principi di diritto sopra illustra dichiarazioni di COGNOME e COGNOME, per quanto attiene alla sola sussiste dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, opera correttamente il cosiddet “giudizio tripartito”, contro cui le difese muovono solo censure in punto di fat
Il loro valore di prova è stato, innanzitutto, desunto dall’attento scrutini intrinseca credibilità dei collaboratori e di attendibilità del loro racconto.
4.1.1. NOME COGNOME, già esponente della cosca isolitana Arena rappresentante della stessa nel territorio di Catanzaro, dopo la decisio collaborare ha offerto fondamentali informazioni su attività, alleanze ed equil delle articolazioni ‘ndranghetistiche della fascia ionica. Il ruolo di ril sodalizio di appartenenza gli ha consentito di avere rapporti trasversali numerose consorterie locali, così acquisendo un patrimonio conoscitivo positivamente vagliato in plurime sedi giudiziarie.
Era stato coinvolto personalmente nell’organizzazione della rapina, seppur non vi prese poi concretamente parte, per il sopravvenuto arresto: conobbe dipendente di COGNOME che avrebbe funto da basista, studiò lo stato luoghi, interpellò COGNOME in quanto «pratico di rapine» e ribadì la necessi contattare NOME COGNOME, esponente di punta della medesima cosca COGNOME, «per ottenere il via libera», di modo che il medesimo COGNOME si attivò in tal s per mezzo del genero NOME COGNOME.
4.1.2. NOME COGNOME è stato componente della cosca Trapasso di San Leonardo di Cutro (come giudiziariamente accertato), gruppo collegato
operativamente ai maggiori sodalizi del crotonese (in particolare, con la ci cosca Arena e con le cosche Dragone e Grande COGNOME). Ha reso plurime dichiarazioni, anche autoaccusatorie, proficuamente utilizzate in numeros procedimenti.
È venuto a conoscenza della rapina per cui si procede, durante la detenzione da altri sodali di diverse cosche (COGNOME, COGNOME, COGNOME e, senten conversazioni a cui non prese parte direttamente, NOME COGNOME e NOME COGNOME). Cosi apprese di «un colpo tutto organizzato che tutti erano d’accord Quanto alla destinazione del bottino, ha riferito che «i soldi li hanno presi e li divisi con tutte le famiglie di ‘ndrangheta e con altre persone pugliesi. La fu organizzata dalla ‘ndrangheta e fu, diciamo, pianificata in tutti i part ricordando in particolare la partecipazione al colpo, tra gli altri, di «NOME COGNOME arrestato per questo fatto, e NOME lo zingaro NOME COGNOME ». Quest’ultimo sollecitò Ammirato «a non parlare perché sarebbero usciti di lì a breve».
4.2. I riscontri esterni, oggettivi e individualizzanti, a tali dichia eteroaccusatorie sono assai più che adeguati e dotati, per quanto attiene ulteriori fonti orali, di almeno pari efficacia probatoria rispetto alle narrazi vanno a confermare.
4.2.1. Il collegamento tra ‘ndrangheta, tramite NOME COGNOME e i due odi ricorrenti, ampiamente sottolineato da COGNOME e soprattutto da COGNOME, tro una prima conferma nelle risultanze istruttorie di altro procedimento pe medesimi fatti (in particolare, gli esiti dell’attività di intercettazione ch evidenziato la responsabilità del suddetto COGNOME per l’assalto al caveau di Sicurtransport, descritto come «la rapina avvenuta a Catanzaro in cui son coinvolti i COGNOME»). Il suddetto giudizio è stato definito, in primo grado, pronuncia di condanna nei confronti di COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, fratelli dell’odierno ricorrente.
4.2.2. Risulta fondamentale anche il contributo offerto dal collaboratore NOME COGNOME, omonimo del ricorrente, “battezzato” oltre dieci anni or sono e figlio uno dei boss della cosca COGNOME di San Leonardo di Cutro, che ha intrapreso un percorso di collaborazione dopo l’arresto per il reato di cui all’art. 416-bis cod Ha riferito che i suoi cugini, i suaccennati NOME e NOME COGNOME, avevan invitato suo padre a intervenire nella rapina, ma la proposta era stata decli non essendosi vista di buon occhio la compartecipazione di «zingari e [. pugliesi». Era a conoscenza che nel suddetto delitto avevano concorso anche i cugino NOME COGNOME e suo suocero “COGNOME“, unitamente a NOME COGNOME. Dopo la rapina, il provento era stato distribuito anche «alle famiglie del Crotonese, fino a Cutro».
4.2.3. Ancora più fondamentale, ed anzi definitivo, l’apporto di NOME COGNOME, ex compagna di COGNOME, che aveva saputo, direttamente da quest’ultimo, tutti i dettagli della pianificazione criminale, anche in mer coinvolgimento di NOME COGNOME («per avere maggiori disponibilità economiche») e di NOME COGNOME (che godeva di un contatto all’interno dell’istituto di vigil che, «in qualità di capo cosca, consentito la perpetrazione della rap fornendo denaro e supporto logistico»). Partecipò ella stessa personalment presso l’abitazione di NOME COGNOME alla suddivisione tra i còrrei del den rapinato, «secondo un preciso elenco».
4.2.4. A fronte di ciò, deve ovviamente anche riconfermarsi la reciproc conferma offerta dalle due narrazioni “originali” di COGNOME e COGNOME.
4.3. Risulta, così, soddisfatto appieno l’obbligo motivazionale imposto dal sentenza di annullamento, sulla scorte della tranquillizzante abbondanza riscontri (non limitati solo alla cosiddetta “convergenza del molteplice”), deriv da plurime dichiarazioni reciprocamente concordanti nel loro nucleo essenziale, si pure con gradi diversi, acclarata l’autonomia di ciascuna e in assenza di circol ovvero di specifici elementi di sospetto di accordi fraudolenti o recipro suggestioni (Sez. 1, n. 10561 del 28/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv 280741-01; Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744-01).
Quanto alla nozione di “agevolazione mafiosa”, ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. (secondo cui, per i delitti commessi al fine di agevolare l’attivit associazioni di tipo mafioso, la pena è aumentata da un terzo alla metà), circostanza ha natura soggettiva e richiede la sussistenza del dolo specific agevolare l’organizzazione criminale di riferimento, finalità che però n presuppone necessariamente l’intento del consolidamento o rafforzamento del sodalizio criminoso; l’agente deve, quindi, deliberare l’attività illecit convinzione di apportare un vantaggio alla compagine associativa, fondando tale rappresentazione su elementi concreti, inerenti, in via principale, all’esisten un gruppo associativo avente le caratteristiche di cui all’art. 416-bis cod. all’effettiva possibilità che l’azione illecita si inscriva tra le possibili utili da tale compagine, anche se non essenziali, secondo la valutazione del soggett agente, non necessariamente coordinata con i componenti dell’associazione (Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278734-01; Sez. 6, n. 53691 del 17/10/2018, COGNOME, Rv. 274615-01; Sez. 6, n. 28212 del 12/10/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273538-01; Sez. 6, n. 54481 del 6/11/2017, COGNOME, Rv. 271652-01. Precisano, poi, Sez. 6, n. 43890 del 21/6/2017, COGNOME, Rv 271098-01, e Sez. 6, n. 25510 del 19/4/2017, COGNOME, Rv. 270158-01, che
l’aggravante risulta applicabile non solo nei confronti di chi abbia agito con primaria finalità, ma anche di chi l’abbia comunque condivisa e fatta propria).
Nel caso di specie, in coerenza con questi principi di diritto, appare evide l’effetto agevolatore dell’azione predatoria, avuto riguardo non solo al versamen di una parte non irrilevante dei proventi delittuosi nelle mani delle cosche a nel territorio circostante (posto che l’autorizzazione alla rapina non poteva essere stata rilasciata a titolo oneroso), ma anche alla altrettanto p consapevolezza di rafforzare la supremazia dell’associazione criminale su territorio, riconoscendone l’assoluto dominio in tale ambito locale.
La natura unitaria dell’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta complessivamente intesa, ripartita al suo interno in articolazioni struttu secondo criteri territoriali e gerarchici (Sez. 2, n. 34126 del 05/06/2 COGNOME, Rv. 286921-05; Sez. 1, n. 55359 del 17/06/2016, COGNOME, Rv. 26904301, in motivazione), unitamente al cointeressamento di tutte le cosche dell’ar compensate per il placet, consente di escludere difetti o genericità della rubrica imputativa, laddove non si indica uno specifico sodalizio locale.
Avuto riguardo alla generalità del preventivo assenso mafioso all’azion criminale, infine, resta irrilevante la perdurante qualità formale di associato in a NOME COGNOME, peraltro ampiamente desumibile dalle condotte sue e dei concorrenti.
Risultano, in conclusione, del tutto aspecifici, omettendo di confrontarsi c il rigoroso contenuto concreto della motivazione, in parte non consentiti, laddo sollecitano un’impossibile rilettura degli elementi istruttori (anche soffermand su discrasie del tutto marginali, e anzi pressoché fisiologiche, nelle di narrazioni), e, comunque, manifestamente infondati tutti i profili di cens articolati, in tema di inidoneità del compendio probatorio ad affermare sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., nel primo secondo motivo del ricorso di COGNOME e nel primo, secondo, quarto e quinto motivo del ricorso di COGNOME.
Risulta, inoltre, manifestamente infondato – oltre che insuperabilmente generico, non essendosi chiarita l’ipotetica incidenza dell’eventuale espunzione questo elemento, alla luce del criterio della cosiddetta “prova di resistenza” d residue emergenze istruttorie – il terzo motivo di COGNOME, in ordine eccepita inutilizzabilità delle dichiarazioni di COGNOME, in conseguenza de irritualità della loro assunzione e verbalizzazione.
Nel giudizio abbreviato, mancando la fase del dibattimento, non è applicabile il divieto di utilizzabilità di prove diverse da quelle in esso acquisite, sancito d
526 cod. proc. pen. e vige, invece, compensato dalla riduzione premiale, principio della decisione allo stato degli atti, stabilito dall’art. 442, comma 1 -bis, cod. proc. pen.; il ricorrente, d’altronde, optando per il rito abbreviato, palesato interesse ad approfondimenti istruttori sul punto. Ai fini della decisi salve le inutilizzabilità cosiddette patologiche, sono dunque utilizzabili tutti g legittimamente acquisiti al fascicolo del pubblico ministero, comprese dichiarazioni eteroaccusatorie rese da un collaboratore di giustizia in fas indagini, anche in assenza dei difensori dei ricorrenti, poiché di esse, come di le risultanze probatorie antecedenti all’istanza di abbreviato, lo stesso imputa accettato l’utilizzabilità (Sez. 2, n. 38831 del 17/09/2021, COGNOME, Rv. 282199Sez. 2, n. 39342 del 15/09/2016, Lionti, Rv. 268378-01. Cfr. anche Sez. 2, n 42917 del 27/06/2019, Bitonti, Rv. 277891-01, secondo cui il parametro delle inutilizzabilità nel giudizio abbreviato assume rilievo limitato in ragione della s negoziale delle parti, di tipo abdicativo, che fa assurgere a dignità di prova gli atti di indagine compiuti in ipotesi senza il rispetto delle forme di rito).
7. In merito, infine, al censurato utilizzo a fondamento dell’affermazione d condanna di sentenze non ancora definitive, occorre rilevare che, secondo i consolidato orientamento di legittimità, le sentenze pronunciate in procedimen penali diversi e non ancora divenute irrevocabili, legittimamente acquisite fascicolo del dibattimento nel contraddittorio fra le parti, possono essere utili come prova, limitatamente alla esistenza della decisione e alle vicende processua in esse rappresentate (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 23167701). La sentenza non definitiva può, dunque, essere utilizzata solo come prova de fatti documentali da essa rappresentati, non anche per la ricostruzione dei fa la valutazione delle prove in essa contenute; tuttavia, non è precluso al giud che si avvalga degli elementi di prova acquisiti al processo, di riprodurre i per valutativi tracciati in quelle sentenze, fermo restando il dovere di sottoporr elementi di prova, di cui legittimamente dispone, ad autonoma valutazione critica secondo la regola generale di cui all’art. 192, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. n. 41405 del 16/05/2019, COGNOME, Rv. 277136-01; Sez. 6, n. 33519 del 04/05/2006, COGNOME, Rv. 234400-01).
Anche il sesto motivo di COGNOME è, quindi, generico, laddove non precisa compiutamente – nel contesto delle plurime e variegate emergenze processuali a carico – i singoli elementi di prova irritualmente introdotti nel compen istruttorio, e, comunque, manifestamente infondato.
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Entrambi i ricorsi devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.
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Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., i ricorrenti devono essere condannat pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somm
in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186
nella misura indicata in dispositivo.
Consegue altresì la condanna di entrambi gli imputati alla rifusione delle spe di assistenza e rappresentanza sostenute dalla parte civile costituita nel pre
grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, in relazione all’attività svolt
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Condanna, inoltre, gli imputati in solido alla rifusione delle spes rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civ
RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 5000,00, oltre accessori legge.
Così deciso il 19 febbraio 2025.