Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27810 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27810 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Catanzaro il 05/03/1970
avverso l’ordinanza emessa il 27 febbraio 2025 dal Tribunale di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RILEVATO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che ha confermato la misura degli arresti domiciliari applicata per il reato di cui al capo 2) dell’imputazione provvisoria (artt. 390 e 416-bis.1 cod. pen.). Deduce due motivi di ricorso di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla esistenza dell’associazione mafiosa a far data dal 25/11/2020 e, conseguentemente, sulla configurabilità dell’agevolazione mafiosa. Si deduce, in particolare, che non
vi sono elementi da cui desumere che il ricorrente conoscesse: a) le ragioni dell’ospitalità del latitante, di cui unico responsabile è stato NOME COGNOME; b) che i soggetti giunti presso l’impianto dove era ospitato il latitante appartenevano alla famiglia COGNOME; c) che COGNOME continuava a svolgere funzioni direttive; d) che gli incontri del 29 maggio e dell’Il settembre riguardavano questioni di interesse associativo.
1.2. Violazione di legge e vizio della motivazione in merito alla concretezza e attualità delle esigenze cautelari, stante l’occasionalità della condotta del ricorrente, il breve arco temporale in cui si è svolta (maggio-settembre 2021), la mancanza di ulteriori contatti con la criminalità organizzata successivamente alla cessazione della condotta criminosa e di collegamenti con altri sodali, e la risalenza dei precedenti penali del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito esposte.
2. Il primo motivo è infondato.
Va, infatti, ribadito che in tema di procurata inosservanza di pena, ai fini dell’applicabilità dell’aggravante della finalità di agevolazione di associazione di tipo mafioso, è necessario che le prova raccolte consentano di dimostrare non soltanto la consapevolezza da parte dell’indagato della identità e degli specifici connotati del boss favorito, ma anche che quest’ultimo, nel periodo dell’ottenuto favoreggiamento, sia rimasto titolare, in base ad una fondata ipotesi ricostruttiva, della capacità di continuare a dirigere l’associazione di riferimento (Sez. 1, n. 44136 del 29/04/2019, COGNOME, Rv. 277473 – 03; Sez. 5, n. 19079 del 19/04/2010, COGNOME, Rv. 247253).
Il Tribunale ha fatto una corretta applicazione di tale principio di diritto ed ha desunto la consapevolezza del ricorrente dell’identità di COGNOME e del suo persistente ruolo apicale dalle particolari modalità della condotta contestata, avuto riguardo alle accortezze adottate al fine di garantirne la latitanza (predisposizione di un bunker dotato di allarme e videosorveglianza all’interno dell’impresa della famiglia del ricorrente, costantemente vigilato dal ricorrente e da altri coindagati, che garantivano sia l’assistenza materiale del latitante che la riservatezza dei suoi incontri con familiari e altri soggetti appartenenti alle cosche COGNOME), nonché dal contesto territoriale in cui sono avvenuti i fatti e dalle pluriennali cointeressenze tra le due famiglie emerse nel procedimento denominato “MITHOS”.
3. Il secondo motivo è infondato.
Premesso, infatti, che nel caso in esame opera la presunzione relativ stabilita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.,
il
Tribunale, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha adeguatamente argomentato sulla concretezza
ed attualità delle esigenze cautelari in considerazione della gravità e allarmanti modalità della condotta contestata, protratta per un significativo l
di tempo durante il quale, si ribadisce, il ricorrente e i coindagati hanno conse al latitante di continuare a dirigere la cosca di appartenenza. Tali elementi
stati non irragionevolmente reputati quali indici sintomatici della contiguità
ricorrente al tessuto criminale mafioso ed idonei a colorare di significato, in te di persistente pericolosità, il c.d. tempo silente decorso dalla commissione
fatto.
Peraltro, pur condividendosi le censure del ricorrente in merito alla n significatività dei precedenti penali a suo carico (remoti e relativi, uno a del
furto, e l’altro, a reato depenalizzato), ritiene il Collegio che la loro elim dal tessuto argomentativo dell’ordinanza impugnata non ha alcuna incidenza sulla tenuta della motivazione, in quanto fondata su altri e ben solidi elementi.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso il 22 maggio 2025
Il Consigliere estensore
Il Preldente