Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18337 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18337 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato in Svizzera il 04/03/1979
avverso l’ordinanza del 05/12/2024 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi i difensori del ricorrente, avv.ti NOME COGNOME ed NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME con atto dei propri difensori, impugna l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro in epigrafe indicata, che ne ha confermato la custodia cautelare in carcere per il delitto di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e per vari “reati-scopo” (capi 2, 87, 88, 90, 91, 93, 94 e 96 dell’incolpazione provvisoria).
Il suo ricorso consta di quattro motivi.
2.1. Il primo consiste nella violazione di legge e nel vizio della motivazione del capo relativo alla gravità indiziaria per il delitto associativo.
Il Tribunale ha qualificato il ricorrente come acquirente stabile di sostanze stupefacenti dal sodalizio, tuttavia senza una effettiva e specifica motivazione: mancherebbero, infatti, quegli elementi sintomatici di un tale rapporto (protrazione dell’accordo, approvvigionamento continuativo, consistenza economica delle singole transazioni, rilevanza obiettiva dell’acquirente per il mercato del gruppo criminale), il quale deve assumere le connotazioni di una somministrazione, non essendo sufficiente la semplice reiterazione degli acquisti; così come non sarebbero dimostrate la coscienza e la volontà, da parte del ricorrente, di contribuire al mantenimento del gruppo criminale e di favorire la realizzazione del fine condiviso di trarre profitto dal commercio di stupefacenti (per tali profili, il ricorso si riporta pressoché testualmente alla motivazione di Sez. 6, n. 10129 del 31/01/2024, COGNOME, non mass., con i precedenti ivi citati).
In tutti i singoli episodi nei quali sarebbe coinvolto – si osserva – COGNOME avrebbe avuto rapporti personali con il solo “capo-clan”, NOME COGNOME, non con altri degli ipotizzati partecipi; e, se si eliminasse mentalmente la sua condotta, si rileverebbe agevolmente che la compagine criminale avrebbe continuato ad operare nello stesso modo, così come aveva fatto, del resto, prima della comparsa di costui sulla scena e come si può evincere dall’assenza di qualsiasi riferimento a lui nei dialoghi registrati tra i vertici di essa dopo l’arresto di alcuni elementi spicco, allorché si era prospettata la necessità di una riorganizzazione dell’attività.
2.2. Con il secondo motivo si denunciano i medesimi vizi in relazione al giudizio di gravità indiziaria per i “reati-fine”. In sintesi:
al capo 87) si addebita al ricorrente di essere stato l’intermediario di una vendita di cinque chili di marijuana da Cracolici a tale COGNOME; osserva il ricorso: a) che la semplice intermediazione non può reputarsi causale rispetto al negozio concluso dai terzi, se non in base ad una non consentita regressione all’infinito dei fattori determinanti; b) che la conversazione intercettata e valorizzata dall’ordinanza come dimostrativa di tale attività d’intermediazione, in realtà, non si concilierebbe dal punto di vista cronologico con la pretesa cessione tra COGNOME e COGNOME
– il capo 88) riguarda una cessione di una quantità imprecisata di marijuana, che COGNOME avrebbe effettuato a tale “Nino”: ma la conversazione intercettata e, secondo il Tribunale, indiziante non sarebbe concludente, per la laconicità del riferimento, costituito da un’isolata esclamazione all’interno di un dialogo tra quattro persone, oltre che per l’indeterminatezza del dato cronologico e quantitativo;
anche con riferimento al capo 90) si ribadisce l’irrilevanza causale della semplice intermediazione nel negozio illecito tra terzi, peraltro mai concluso e neppure determinato nelle prestazioni essenziali, ovvero quantità e prezzo; inoltre, si rileva la divergenza tra la condotta del ricorrente ritenuta dal Tribunale (acquisto della droga da Cracolici e successiva rivendita a Fundoni) e quella oggetto della incolpazione (intermediazione nella offerta in vendita della droga da Cracolici a Fundoni);
quanto al capo 91), il ricorrente si sarebbe reso colpevole dell’acquisto di una campione di sostanza stupefacente a scopo di prova e la difesa si duole dell’immotivata l’esclusione dell’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990;
riguardo, infine, alle transazioni illegali ipotizzate ai capi 93), 94) e 96), le conversazioni intercettate tra Carchidi e Cracolici e poste a fondamento del giudizio di gravità indiziaria non sarebbero state seguite da incontri tra i due, come risulta dalle intercettazioni dei loro successivi colloqui: sicché non sarebbe possibile dedurre che i loro propositi criminosi da esse emergenti si siano poi realmente tradotti in atto.
2.3. La terza doglianza riguarda il riconoscimento dell’aggravante della finalità di agevolare l’associazione mafiosa guidata dal COGNOME, in relazione ai singoli “reati-fine”.
La motivazione, che ricalca quella del provvedimento cautelare genetico, sarebbe apodittica, oltre che uguale per tutti gli indagati e per tutti gli episodi simili, mentre ne sarebbe stata necessaria la dimostrazione in relazione a ciascuno di questi ultimi.
Inoltre, sarebbe stato necessario accertare la finalità del ricorrente di agevolare COGNOME non quale capo di un sodalizio finalizzato al traffico di stupefacenti, bensì di un’associazione di tipo mafioso: invece, manca qualsiasi riferimento, nell’ordinanza, alla consapevolezza del COGNOME dell’esistenza di una consorteria mafiosa od anche soltanto del fatto che COGNOME agisse con la finalità di agevolarla. Anzi, in un passaggio di una loro conversazione intercettata, COGNOME rende palese la sua esclusiva finalità di lucro personale («se io lo faccio, lo faccio per una carta di cento euro»).
2.4. L’ultima censura attiene alla motivazione in punto di pericolo di reiterazione criminosa e di esclusiva idoneità della custodia carceraria per la salvaguardia di esso.
L’ordinanza – si sostiene – ha omesso di indicare elementi dai quali desumere l’attualità e la concretezza di tale esigenza cautelare, venendo perciò meno a quel dovere di motivazione a maggior ragione necessario per la distanza dei fatti nel
tempo e per l’impossibilità di applicare la regola d’esperienza della tendenziale stabilità del sodalizio, valevole per le sole associazioni di tipo mafioso.
Inoltre, il giudizio d’inadeguatezza della custodia domiciliare, anche con il controllo elettronico, risulta fondato su supposizioni astratte, non essendo emerso che il ricorrente avesse posto in essere analoghe condotte in costanza di restrizione domiciliare.
Ha depositato memoria scritta la Procura generale, concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile per genericità.
Corretta, infatti, è l’individuazione dei princìpi di diritto operata dalla difesa che però non si spiega perché essi non sarebbero applicabili al ricorrente, il quale viene motivatamente descritto dal Tribunale come abituale acquirente od intermediario del gruppo per forniture di notevoli quantitativi e, in relazione a queste, in diretto e personale contatto con il capo assoluto dell’organizzazione criminale.
Le doglianze riguardanti i singoli “reati-fine”, rassegnate con il secondo motivo, sono anch’esse inammissibili, in questo caso, però, perché esclusivamente relative alla valutazione del significato dimostrativo degli elementi di prova compiuta dal Tribunale, significato, peraltro, confutato per lo più con ricostruzioni alternative sostanzialmente congetturali. Attraverso di esse, dunque, si chiede a questa Corte un giudizio di merito, che evidentemente le è precluso.
Merita di essere accolto, invece, il terzo motivo, con cui si denuncia il vizio della motivazione riguardante il riconoscimento dell’aggravante della finalità di agevolare l’associazione mafiosa guidata dal Cracolici.
L’ordinanza, invero, si dilunga ampiamente sulla persona del Cracolici e sui suoi affari illeciti, ma non indica alcun elemento specificamente dimostrativo del suo affermato inserimento nei locali circuiti mafiosi.
In relazione a tale aspetto, quindi, nonché alle ragioni per le quali possa ritenersi che esso fosse a conoscenza del Carchidi ed a quelle per cui quest’ultimo avrebbe agito nella consapevolezza e volontà di dare un contributo al sodalizio mafioso e non, invece, soltranto a quello finalizzato al traffico di stupefacenti, si rende necessaria una motivazione supplementare.
A tal fine, dunque, l’ordinanza impugnata dev’essere annullata ed il procedimento essere rimesso al giudice di merito per le sue valutazioni.
4. Inammissibile, invece, è l’ultimo motivo di ricorso, in tema di esigenze cautelari e di scelta della misura.
Esso, infatti, è manifestamente infondato, poiché l’ordinanza sorregge la relativa decisione sul punto senza limitarsi alla – pur operante – presunzione legale
di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ma offrendo una giustificazione ampiamente plausibile ed aderente alle risultanze probatorie, fondata sulla gravità
obiettiva dei fatti, sul loro carattere non particolarmente risalente (anno 2022) e sulla specifica tipologia dell’attività svolta dal ricorrente in quel circui
organizzato, quella, cioè, di una sorta di broker
sui mercati della droga, che, quindi, può essere svolta tranquillamente anche in costanza di arresti domiciliari
e pur con il controllo elettronico degli stessi.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1, cod. pen., e rinvia al Tribunale di Catanzaro, sezione riesame, per nuovo giudizio sul punto.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 1° aprile 2025.