Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5142 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 5142  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Taranto il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del Tribunale di Lecce in data 4/08/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comrna 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. 
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 4 agosto 2023, il Tribunale di Lecce, sezione del riesame, ha rigettato il gravame proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce in data 5 luglio 2023 gli ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere ritenendo sussistenti, a suo carico, i gravi indizi di colpevolezza in relazione alla partecipazione ad una associazione per delinquere finalizzata a commettere più delitti di coltivazione, importazione, acquisto, detenzione illecita di sostanze stupefacenti del tipo marijuana, hashish, cocaina e eroina (capo B) e per avere
acquistato, per la successiva cessione, 250 grammi di cocaina (capo B29), nonché le esigenze cautelari di reiterazione di reati della stessa specie e di adeguatezza e proporzionalità della misura a partire dalla presunzione relatva prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla gravità indiziaria a carico dell’indagato sia per il reato associativo, sia per il delitto-fine, aggravato dal metodo mafioso. Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’incertezza sull’identificazione della voce dell’indagato da parte degli inquirenti, anche considerato il suo prolungato stato cletentivo; l’equivocità sia dei contatti con COGNOME, sia dell’oggetto della conversazione che aveva preceduto la ritenuta cessione dello stupefacente, non identificabile, necessariamente, con la cocaina. La difesa, inoltre, sottolinea l’assenza di appostamenti, perquisizioni o sequestri in grado di confermare l’imputazione cautelare relativa alla fattispecie associativa, non evincibile dai contatti con il solo COGNOME,; e, in ogni caso, la mancata dimostrazione che COGNOME fosse consapevole di essere inserito in un contesto associativo, men che meno della natura mafiosa del gruppo e della volontà di agevolarlo specificamente, rilevanti ai fini della configurabilità dell’aggravante prevista dall’art. 416-bis.1 cod. pen. Il ricorso lamenta, infine, l’insussistenza del pericolo di reiterazione del reato e del pericolo di fuga, in ragione dello stato detentivo definitivo per altra causa, che dovrebbe far ritenere interrotti i legami dell’indagato con la consorteria di riferimento, facendo così venire meno la presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO UN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
 Infondate sono, innanzitutto, le censure difensive mosse in relazione al giudizio di gravità indiziaria articolato in sede di merito.
2.1. In particolare, quanto al reato associativo, va premesso che secondo la giurisprudenza di legittimità, esso non richiede, specie con riferimento all’attività di procacciamento e spaccio di sostanze stupefacenti, una struttura articolata o complessa o una esplicita reciproca manifestazione di intenti, essendo sufficiente
una struttura anche esile cui i compartecipi possano fare reciproco, anche tacito, affidamento (Sez. 5, n. 11899 del 5/11/1997, COGNOME M, Rv. 209646 – 01). Non è ostativa alla configurabilità del reato associativo neppure la differenza dello scopo personale o dell’utile che i singoli partecipi si propongono (Sez. 3, n. 2039 del 2/02/2018, dep. 2019, Papini, Rv. 274816 – 02), potendo essa sussistere nell’ipotesi in cui gli acquirenti che poi reimmettono le sostanze al consumo siano mossi dalla esclusiva finalità di assicurarsi una fonte di approvvigionamento stabile, costante e abitudinaria e i venditori, mossi dall’intento di smerciare a fine di profitto la sostanza stupefacente, possano fare uno stabi e affidamento sulla disponibilità all’acquisto da parte dei compratori con la costituzione di un rapporto che va oltre il significato negoziale della singola operazione per costituire elemento di una struttura che facilita lo svolgimento dell’intera attività criminale, che poi reimmettono la sostanza al consumo (Sez. 2, n. 11957 del 27/01/2023, COGNOME, Rv. 284445 – 02). Inoltre, è stato affermato che il mutamento del rapporto tra fornitore e acquirente, da relazione di mero reciproco affidamento a vincolo stabile, può ritenersi avvenuto qualora risulti che la volontà dei contraenti abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale, trasformandosi nell’adesione dell’acquirente al programma criminoso, desumibile dalle modalità dall’approvvigionamento continuativo della sostanza dal gruppo, dal contenuto economico delle transazioni, dalla rilevanza obiettiva che l’acquirente riveste per il sodalizio criminale (Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280450 – 01; Sez. 6, n. 51500 del 11/10/2018, COGNOME, Rv. 275719- 01; Sez. 2, n. 10468 del 10/02/2016, Ancora, Rv. 266405 – 01).
Tanto premesso, osserva il Collegio che, nel caso in esame, il Tribunale del riesame ha evidenziato concreti elementi acquisiti attraverso l’attività di indagine, svolta in particolare attraverso intercettazioni di conversazioni e servizi di osservazione, che hanno consentito di accertare l’inserimento organico dell’indagato all’interno di un sodalizio costituito per il traffico di stupefacen sottolineando il suo ruolo di venditore abituale di stupefacente fornitogli dal gruppo in conto vendita, alla stregua di un rapporto risalente e ben precedente alle conversazioni da ultimo intercettate, nelle quali l’indagato è stato identificato come uno dei loquenti sia in quanto titolare dell’utenza intercettata’, sia in quanto, nel corso dei dialoghi, veniva chiamato per nome dal suo interlocutore. Elementi, quelli da ultimo indicati, che, pertanto, consentono di superare le censure difensive in ordine alla identificazione di COGNOME in uno dei due conversanti.
2.2. Quanto, poi, all’aggravante dall’agevolazione mafiosa, l’ordinanza ha ben evidenziato come l’associazione dedita al traffico di stupefacenti costituisse l’articolazione di un clan della RAGIONE_SOCIALE, all’interno del quale COGNOME rivestiva un ruolo apicale.
La consapevolezza in capo a COGNOME di agevolare tale sodalizio, consolidandone sul piano operativo la capacità criminale, è stata logicamente argomentata a partire dal suo consolidato rapporto con il capo clan, attestato, oltre che dai pregressi affari per forniture di droga “in conto vendita”, soprattutto dalla confidenza palesata in occasione dei dialoghi captati, in cui COGNOME aveva finanche mostrato a COGNOME l’arma posseduta e aveva rivelato che il clan mafioso aveva armi a disposizione. Tale motivazione appare perfettamente in linea con i consolidati principi giurisprudenziali secondo cui la circostanza aggravante dell’aver agito al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso avendo natura soggettiva in quanto inerente ai motivi a delinquere, si comunica anche al concorrente nel reato che sia anche solo consapevole della finalità agevolatrice perseguita dal compartecipe (Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734 – 01).
Quanto, infine, alle esigenze cautelari, la doppia presunzione stabilita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. non è stata adeguatamente confutata dagli argomenti difensivi, che si sono, anzi, infranti conto una serie di specifici indicatori di rilievo prognostico, che l’ordinanza ha puntualmente riepilogato, formulando una non illogica valutazione in punto di pericolosità sociale dell’indagato. In particolare, il Tribunale ha ricordato la ventennale carriera criminale dell’indagato, la circostanza che egli abbia ripreso a delinquere subito dopo la scarcerazione, ristabilendo immediatamente il rapporto con COGNOME, la solida relazione di cointeressenza criminale tra i due, attestata dai numerosi dialoghi intercettati aventi ad oggetto gli stupefacenti, il rapporto di sicura intraneità in un contesto criminale di tipo organizzato e professionale.
Quanto, poi, alla attuale condizione di detenzione che, secondo la tesi difensiva, farebbe venire meno le ritenute esigenze cautelari, appare condivisibile il richiamo, da parte del Tribunale, all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui tale stato non determina il venire meno del pericolo di reiterazione del reato, in ragione della possibilità, prevista dall’ordinamento penitenziario, di andare incontro a interruzioni dell’esecuzione penale (Sez. 4, n. 484 del 12/1.1/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282416 – 01; Sez. 1, n. 3762 del 4/10/2019, dep. 2020, Bastone, Rv. 278498 – 01).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
4.1. Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94′ comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 20/12/2023
Il Consigliere estensore