Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18722 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18722 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nata a Cosenza il 28/05/1979 avverso l’ordinanza del 20/02/2025 del Tribunale della Libertà di Catanzaro, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Ricorso trattato in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5, e 611, comma 1 bis e ss., cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, a seguito di rinvio della Corte di cassazione, con ordinanza del 20 febbraio 2025, decidendo sul riesame relativo all’originario ricorso proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Catanzaro in data 17 aprile 2024 che applicava la misura cautelare della custodia in carcere, accoglieva parzialmente il ricorso e, per l’effetto, annullava l’ordinanza impugnata limitatamente al capo 401 della provvisoria incolpazione (relativo al delitto di cui al 416-bis cod. pen), dichiarava la perdita di efficacia della misura cautelare in
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relazione ai capi 384, 385, 389 e 390 della rubrica, confermando nel resto l’ordinanza impugnata e la misura in atto, applicata solo in relazione al capo 421 (detenzione di arma da fuoco aggravata ex art. 416-bis.1 cod. pen. nella forma dell’agevolazione dell’associazione mafiosa).
Avverso il suddetto provvedimento NOME COGNOME mediante i suoi due difensori, propone ricorso per cassazione svolgendo due motivi per i quali chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione di legge in relazione agli artt. 275, comma 3-bis, 284, comma 2, 292, comma 2, lett. c-bis) cod. proc. pen., nonché il vizio della motivazione in ordine alla scelta della misura cautelare applicata. Si contesta che l’ordinanza impugnata non avrebbe tenuto in debito conto dell’art. 292, comma 2, lett. c-bis) cod. proc. pen., che sancisce l’obbligo di motivazione circa le concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze cautelari non possano essere soddisfatte con misure diverse da quella applicata nel caso di specie; secondo la
difesa, il Tribunale di Catanzaro avrebbe utilizzato una motivazione apparente mancando una concreta valutazione della possibilità alternativa, ovverosia quella della custodia domestica rafforzata, non parendo logica l’asserzione secondo cui la Castiglia, in caso di arresti domiciliari in luogo diverso e distante dalla provincia d Cosenza non avrebbe alcun ostacolo alla commissione di reati della stessa specie, essendo essi replicabili in ogni contesto territoriale. L’ordinanza pur dando atto che l’indagata è incensurata, tuttavia non argomenterebbe in alcun modo il giudizio prognostico negativo circa il fatto che, se posta gli arresti domiciliari, anche in luogo diverso dalla Calabria, la ricorrente – alla sua prima esperienza detentiva – non rispetterebbe le prescrizioni della misura, compreso un eventuale divieto, imposto ai sensi dell’articolo 284, comma 2, cod. proc. pen., di comunicare con persone diverse dai conviventi. Le difese lamentano, in sostanza, che l’ordinanza sarebbe fondata su mere supposizioni o ipotesi astratte, e di fatto motivata in modo apparente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso complessivamente valutato risulta infondato pur presentando profili di inammissibilità.
In primo luogo, giova evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte Suprema hanno già avuto modo di chiarire che «in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se i giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie» (In motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento
non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza) (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828). Tale orientamento, dal quale l’odierno Collegio non intende discostarsi, ha trovato conforto anche in pronunce più recenti di questa Corte Suprema (ex ceteris: Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460). Ne consegue che «l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato» (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito) (Sez. F, n. 3 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698). Orbene, nel caso in esame, l’ordinanza esaminata risulta avere adeguatamente analizzato tutti gli elementi indiziari, averli ricondotti ad unità attesa la l concordanza e, con motivazione esente da vizi logici (si vedano le pagg. 7-9), avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico della ricorrente anche in ordine all’aggravante dell’agevolazione mafiosa contestata al capo 421 della rubrica. Il Tribunale di Catanzaro ha tratto il proprio convincimento dal contenuto di intercettazioni telefoniche e/o ambientali riguardanti colloqui avvenuti anche con e GLYPH i a NOME COGNOME, compagno della GLYPH e indicato dagli inquirenti come persona al vertice dell’omonimo sodalizio, di cui sono riportati alcuni significati stralci nell’ordinanza impugnata. In forza di tali emergenze probatorie i giudici del riesame hanno, correttamente, concluso per la sussistenza della gravità indiziaria riguardo il delitto di cui al capo 421 aggravato dalla finalità dell’agevolazione mafiosa, «…emergendo chiaramente, come esso, lungi dall’aver avuto un carattere squisitamente privato e personale, si inserisca chiaramente nell’ambito di una più ampia vicenda tesa alla regolamentazione di questioni relative alla contrapposizione/unione tra il clan degli COGNOME e quello degli Italiani», così disattendendo la diversa e alternativa interpretazione dei fatti prospettata dalla difesa. Non si riscontra, pertanto, alcuna violazione di legge, né il dedotto vizio motivazionale dell’ordinanza impugnata, il che rende ragione dell’infondatezza del motivo. A ciò si aggiunge che il ricorso della Castiglia non si è, peraltro, adeguatamente confrontato con la complessiva motivazione svolta dal Tribunale del riesame, in ordine, ad esempio, alla sua piena consapevolezza del contesto Corte di Cassazione – copia non ufficiale
malavitoso e dell’importanza dell’incontro con gli COGNOME per le dinamiche dell’associazione mafiosa (si veda pag. 6 dell’ordinanza), incorrendo, così, sotto questo profilo nel vizio di aspecificità del motivo stesso.
Nel caso di specie si ritiene che le censure proposte sono infondate proprio in ragione della presunzione circa la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275,
comma 3, cod. proc. pen., ricorrendo l’aggravante di cui all’art. 416
bis.1, comma 1,
cod. pen. (nonché anche sull’adeguatezza della sola custodia in carcere con riguardo all’originaria misura custodiale), rispetto a cui la difesa non ha fornito elementi di
valutazione specifici, riferiti al caso concreto, idonei a superare la detta presunzione.
In ogni caso, le eccezioni proposte riguardano valutazioni di merito che sfuggono al controllo di legittimità in quanto espresse con argomentazioni congrue, prive di vizi
di contraddittorietà e manifesta illogicità, che si conformano, in maniera puntuale, agli specifici oneri motivazionali imposti dagli artt. 292, comma 2, lett.
c-bis)
e 275, comma 3
bis, cod. proc. pen., e ciò anche, per quanto riguarda l’originaria misura
della custodia in carcere, in relazione all’istanza di ottenere la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari, con ulteriori prescrizioni e limitazioni, come richiesto dal
difesa in termini, però, sostanzialmente generici, senza cioè confrontarsi specificamente con il tema dei criteri normativi fissati per quella tipologia di reati da
citato art. 275, comma 3, del codice di rito.
Per le considerazioni esposte, il ricorso deve essere complessivamente rigettato con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente