Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7390 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7390 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Polistena il 7/1/2000
avverso l’ordinanza del 1/8/2024 del Tribunale di Reggio Calabria
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del primo agosto 2024 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del primo luglio 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale era stata applicato allo stesso COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione ai reati di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90, aggravato ai sensi dell’art. 416-bis1 cod. pen. (capo A della rubrica provvisoria); 81 cpv., 110 cod. pen., 73, commi 1 e 4, e 80, comma 2, d.P.R. 309/90, aggravato ai sensi dell’art. 416-bis1 cod. pen. (capo B della rubrica provvisoria); 81 cpv., 110 cod. pen., 73, commi 1 e 4, e 80, comma 2, d.P.R. 309/90, aggravato ai sensi dell’art. 416-bisl cod. pen. (capo C della rubrica provvisoria).
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a tre motivi.
2.1. In primo luogo, lamenta la violazione dell’art. 74 d.P.R. 309/90, a causa della mancata identificazione di una struttura organizzativa stabile, idonea a realizzare un programma criminoso, che si sostanzi nella predisposizione di mezzi concretamente finalizzati alla commissione di delitti, essendosi limitata l’ordinanza impugnata a un generico richiamo ai principi giurisprudenziali in materia, senza considerare la specificità della vicenda, tra cui il ristretto ambito cronologico, compreso tra il 13 febbraio 2021 e il 30 ottobre 2021, e la mancanza di prova di un accordo criminoso.
Si sottolinea la contestazione di due soli reati fine (quelli di cui ai capi B e C), tra cui il secondo posto in essere allo scopo di recuperare l’investimento nella prima piantagione andato perduto, la differenza soggettiva tra i concorrenti negli stessi e i finanziatori di tali attività illecite, la scarsa significativkdel conte delle conversazioni telefoniche intercettate, impropriamente valorizzate dal Tribunale, posto che si trattava di semplici colloqui relativi all’attività coltivazione della piantagione di cannabis, privi di concretezza e significatività in senso associativo.
2.2. In secondo luogo, si denuncia la violazione dell’art. 416-bisl cod. pen., a causa della mancanza di prova della volontà di agevolazione della cosca criminosa COGNOME, che, tra l’altro, era stata esclusa, illogicamente, per il delitto di cui al capo c), non essendo stati indicati gli elementi di fatto sulla base dei quali era stata agevolata l’intera cosca COGNOME e non il solo NOME COGNOME, sottolineando il carattere soggettivo di detta circostanza aggravante (si richiama la sentenza COGNOME delle Sezioni Unite).
2.3. Infine, con un terzo motivo, lamenta la violazione ed errata applicazione di disposizioni di legge processuale, con riferimento alla attualità delle esigenze cautelari, stante il tempo trascorso e il carattere chiuso della contestazione associativa e l’incensuratezza del ricorrente.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, sottolineando la mancata considerazione di tutti gli elementi indiziari valutati dal Tribunale, dimostrativi della caratterizzazione programmatica e non estemporanea delle due piantagioni di marijuana di rilevante entità e anche del ruolo del ricorrente (collaboratore dello zio NOME COGNOME nella coltivazione delle piante di marijuana e nella vigilanza del sito), in esecuzione delle direttive impartite dai capi e finanziatori, nonché dei ruoli dei finanziatori, promotori e dirigenti, e di quell assegnati ai sodali; nonché della sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bisl cod. pen. e delle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il primo motivo, mediante il quale è stata censurata l’affermazione della esistenza del sodalizio criminale di cui al capo a), è inammissibile, essendo volto a censurare sul piano del loro apprezzamento la valutazione degli elementi indiziari, in particolare degli esiti delle conversazioni intercettate, proponendone una non consentita rivisitazione e lettura alternativa, da contrapporre a quella dei giudici di merito, che è concorde e non manifestamente illogica, come tale insuscettibile di rivalutazione sul piano delle valutazioni di merito e dell’apprezzamento delle prove nel giudizio di legittimità, nel quale, come da consolidata giurisprudenza, è esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Il Tribunale di Reggio Calabria, nel disattendere le analoghe censure sollevate con la richiesta di riesame, ha, infatti, riepilogato dettagliatamente gli esiti dell indagini e ha dato atto degli elementi dimostrativi dell’esistenza della associazione
di cui al capo a), volta, tra l’altro iattraverso una precisa suddivisione di ruoli e mansioni, a realizzare un numero indeterminato di piantagioni illegali di cannabis.
In particolare il Tribunale ha spiegato analiticamente e in modo non certo manifestamente illogico la portata dimostrativa degli elementi indiziari acquisiti, sottolineando, in ordine all’esistenza della associazione, quanto emerso dalle conversazioni intercettate a proposito della manifesta intenzione degli associati di realizzare un numero indeterminato di piantagioni illegali; avvalendosi di finanziamenti e di strumenti di sorveglianza anche avanzati per vigilare su di esse; utilizzando più soggetti con una precisa distribuzione di compiti (in quanto dedicati alla coltivazione e produzione dello stupefacente e alla successiva commercializzazione); attraverso una precisa e gerarchica suddivisione di compiti; con regole rigorose di comportamento (quali non utilizzare i telefoni cellulari e usare particolare prudenza all’interno della piantagione e, in caso di arresto, avvalersi di un solo e già determinato difensore); con soggetti in posizione apicale (tra cui NOME COGNOME e NOME COGNOME, oltre NOME COGNOME in posizione intermedia).
In ordine alla consapevolezza del ricorrente COGNOME di partecipare a tale sodalizio e al ruolo nello stesso svolto, il Tribunale ha sottolineato la sua collaborazione con lo zio NOME COGNOME nella sorveglianza, anche notturna, delle piantagioni, e il suo pieno e consapevole coinvolgimento nel progetto criminale volto alla realizzazione di un numero indefinito di piantagioni illegali di cannabis, desunto con chiarezza e in modo univoco dalle conversazioni intercettate, in particolare dalla affermazione degli ingenti guadagni che gli associati confidavano di ricavare dalla attività illecita, oltre che dalla disponibili manifestata dallo stesso COGNOME per le esigenze del sodalizio.
Tali elementi indiziari sono stati ritenuti dimostrativi dell’esistenza del sodalizio e della partecipazione allo stesso da parte del ricorrente e tale valutazione, che non è affatto illogica, stante l’univoca valenza dimostrativa degli elementi indiziari valorizzati dai giudici di merito, è stata censurata dal ricorrente esclusivamente sul piano della lettura di detti elementi, di cui è stata proposta una riconsiderazione e una diversa valutazione del loro significato, che non è consentita nel giudizio di legittimità, che è circoscritto alla verifica della coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando invece preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247), come indebitamente proposto dal ricorrente.
3. Il secondo motivo, mediante il quale è stata censurata l’affermazione della sussistenza di gravi indizi della configurabilità della circostanza aggravante della agevolazione mafiosa, è inammissibile, sia per carenza di interesse; sia a cagione della sua manifesta infondatezza, in quanto anche mediante tale censura si critica, sul piano valutativo e dell’apprezzamento degli elementi indiziari, la valutazione che di questi hanno compiuto i giudici di merito.
Va, infatti, osservato che in tema di procedimento cautelare sussiste l’interesse concreto e attuale dell’indagato alla proposizione del riesame o del ricorso per cassazione quando l’impugnazione sia volta a ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto nel solo caso in cui ciò incida sull’an o sul quomodo della misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284489 – 01, relativa ad associazione per delinquere di tipo mafioso, in cui è stata ritenuta corretta la decisione dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso, in quanto, come nel caso in esame, finalizzato alla sola esclusione del ruolo apicale dell’indagato all’interno del sodalizio, elemento privo di riflessi sui presupposti della misura cautelare e sulla sua durata; v. anche Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275028 – 01, con la quale è stato ritenuto inammissibile per carenza d’interesse il ricorso con cui, analogamente al caso in esame, era stata contestata la sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa senza che fossero impugnate le valutazioni in punto di pericolo di reiterazione non fondate su tale presunzione; nel medesimo senso Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508 – 01, e Sez. 3, n. 36731 del 17/04/2014, COGNOME, Rv. 260256 – 01).
Ora, nel caso in esame, il ricorrente, nel contestare, oltre alla stessa sussistenza della associazione di cui al capo a), anche la configurabilità della circostanza aggravante della agevolazione mafiosa di cui all’art. 416-bisl cod. pen., non ha in alcun modo illustrato come l’esclusione di tale circostanza inciderebbe sul quadro indiziario a suo carico, o sulla valutazione di gravità della condotta, non essendo, tra l’altro, stati sollevati specifici rilievi sulla adeguatezza della misura (anche alla luce della presunzione relativa di cui all’art. 275, terzo comma, cod. proc. pen.), ma solo sulla attualità e sulla concretezza delle esigenze, ma per ragioni diverse rispetto alla configurabilità di tale circostanza o alla valutazione di gravità delle condotte, cosicché le doglianze circa la configurabilità di detta circostanza aggravante risultano prive del necessario interesse a dedurle, posto che dal loro eventuale accoglimento non potrebbe discendere alcun effetto favorevole per il ricorrente, atteso che i reati contestati consentirebbero egualmente l’applicazione della misura e che non sono stati addotti elementi specifici e concreti idonei a consentire di superare la presunzione di adeguatezza di cui all’art. 275, terzo comma, cod. proc. pen.
Nel merito va, comunque, rilevato che il Tribunale di Reggio Calabria, nel disattendere le analoghe censure sollevate con la richiesta di riesame, ha sottolineato che in diverse conversazioni intercettate si fa riferimento alla cosca COGNOME, alla sua capacità di controllo del territorio e ai suoi canali di rifornimento strumentali allo smercio dello stupefacente prodotto, e anche per agevolare l’attività della cosca, che aveva fornito un contributo economico alla realizzazione delle piantagioni, anche nella prospettiva di ritrarne dei ricavi; nell’ambito di tale rapporto è stato evidenziato lo stretto rapporto tra NOME COGNOME e NOME COGNOME anche dopo l’arresto di quest’ultimo, e la piena consapevolezza del ricorrente di agevolare, attraverso le condotte di coltivazione del sodalizio e il successivo smercio dello stupefacente prodotto dalle piantagioni, l’attività della cosca, sottolineando, in particolare, il contenuto di una conversazione tra il ricorrente COGNOME e lo zio NOME NOME COGNOME, ritenuta chiaramente dimostrativa della consapevolezza dell’esistenza del vincolo con la cosca COGNOME (stante l’inequivoco riferimento a “NOME di Sant’Eufemia”, ossia NOME COGNOME), attraverso i cui affiliati avrebbe dovuto essere venduta la sostanza stupefacente prodotta nelle piantagioni illecite. Nella medesima prospettiva è stato sottolineato l’impegno profuso da NOME COGNOME nella realizzazione della seconda piantagione illecita (quella di cui al capo C della rubrica), anche allo scopo di recuperare quanto investito nella prima (quella di cui al capo B) e andato perduto, e anche di rimborsare NOME COGNOME delle spese da questi sostenute per il mantenimento di NOME COGNOME e della sua famiglia dopo il suo arresto.
Si tratta, anche a questo proposito, di considerazioni idonee a giustificare la dimostrazione della sussistenza della contestata finalità agevolatrice, quantomeno a livello di gravità indiziaria, essendo stati puntualmente indicati i rapporti con esponenti di spicco della cosca COGNOME e l’esistenza della volontà di favorirne l’attività, che il ricorrente ha censurato, nuovamente, sul piano della valutazione degli elementi indiziari, di cui ha proposto una diversa, non consentita, lettura, con la conseguente manifesta infondatezza della censura formulata con il secondo motivo di ricorso.
Il terzo motivo, relativo alle esigenze cautelari, in particolare alla attualit del pericolo di recidivanza, è anch’esso inammissibile, alla luce della idoneità della motivazione anche su tale punto.
Il Tribunale, infatti, oltre a dare atto della pericolosità del ricorrente, desunta dal suo ruolo, dalle modalità organizzate della condotta, dai suoi precedenti e dalla sua proclività a delinquere, ha ravvisato la attualità delle esigenze cautelari (da presumere sussistenti ai sensi della doppia presunzione relativa di cui all’art. 275, terzo comma, cod. proc. pen.) alla luce della personalità e della pericolosità del ricorrente, sottolineandone la sua attivazione per il perseguimento degli scopi del
sodalizio e la pendenza di indagini a suo carico per un’altra analoga condotta di coltivazione di stupefacenti, ed escludendo, di conseguenza, nonostante il tempo trascorso dalla cessazione della permanenza della condotta associativa, la sussistenza di elementi idonei a consentire la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, terzo comma, cod. proc. pen.
Si tratta, anche a questo proposito, di motivazione idonea, essendo ampiamente state sottolineate la accentuata pericolosità del ricorrente e la sua proclività a delinquere, dalle quali, in assenza di elementi sopravvenuti, è stata tratta, in modo logico, la attualità delle esigenze, motivazione che il ricorrente non ha considerato nella sua interezza e ha censurato, nuovamente, esclusivamente sul piano delle valutazioni di merito, sottolineando in modo generico solamente il tempo trascorso tra la realizzazione delle condotte e l’applicazione della misura, con la conseguente manifesta infondatezza anche di tale censura.
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della manifesta infondatezza di tutti i motivi ai quali è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 21/1/2025