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Agenzia scommesse senza licenza: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di assoluzione nei confronti del gestore di una agenzia scommesse senza licenza. La Corte ha stabilito che la discriminazione subita dal bookmaker straniero nelle gare per le concessioni non giustifica l’operatività senza autorizzazione, qualora lo stesso bookmaker non abbia aderito alle procedure di regolarizzazione (sanatoria) offerte dalla legge italiana. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Agenzia Scommesse Senza Licenza: La Discriminazione del Bookmaker Straniero Non Basta per l’Assoluzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale per chi gestisce una agenzia scommesse senza licenza per conto di un bookmaker estero. L’eventuale discriminazione subita dalla società straniera nelle procedure di assegnazione delle concessioni italiane non è sufficiente a escludere la responsabilità penale del gestore locale, se il bookmaker non ha utilizzato gli strumenti di ‘sanatoria’ messi a disposizione dalla legge. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il gestore di un centro scommesse era stato assolto in primo grado dall’accusa di esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse. I reati contestati erano legati all’aver svolto attività di raccolta e intermediazione di scommesse sportive per conto di un noto bookmaker con sede a Malta, senza le necessarie autorizzazioni previste dall’art. 88 del TULPS.

Il tribunale di primo grado aveva basato l’assoluzione sulla formula “perché il fatto non sussiste”, ritenendo che la condotta non fosse penalmente rilevante. La motivazione si fondava sul principio, consolidato dalla giurisprudenza europea e nazionale, secondo cui non può essere punito l’intermediario che opera per un bookmaker straniero se quest’ultimo è stato illegittimamente escluso dalle gare per l’assegnazione delle concessioni in Italia. In sostanza, la discriminazione subita dalla casa madre straniera si rifletteva sulla posizione del gestore italiano, escludendone la colpevolezza.

La Posizione della Procura e la Decisione sulla Agenzia Scommesse Senza Licenza

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato la sentenza di assoluzione, presentando ricorso direttamente in Cassazione. Il punto centrale del ricorso era la mancata considerazione, da parte del giudice di primo grado, della normativa sulla “regolarizzazione” introdotta con la Legge di Stabilità del 2014 (e successive proroghe).

Questa normativa speciale offriva una possibilità concreta ai soggetti che operavano sul territorio italiano, anche per conto di bookmaker stranieri senza concessione, di sanare la propria posizione ottenendo una licenza temporanea. Secondo la Procura, il fatto che il bookmaker straniero non avesse aderito a questa procedura rendeva irrilevante qualsiasi precedente discriminazione. Aderendo a questa tesi, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha ritenuto fondato il ricorso del Procuratore, delineando un principio di diritto molto chiaro. Le procedure di regolarizzazione sono state introdotte dal legislatore proprio per porre rimedio, seppure in via transitoria, ai presunti effetti discriminatori delle precedenti gare pubbliche (come il bando Monti). Queste procedure consentivano di ottenere un titolo abilitativo temporaneo, permettendo l’esercizio legale dell’attività di raccolta scommesse.

Di conseguenza, la scelta del bookmaker straniero di non avvalersi di questa opportunità interrompe il nesso causale tra la discriminazione passata e l’attuale operatività illegale del centro scommesse. La discriminazione subita in passato può essere invocata come causa di non punibilità solo se è stata la ragione diretta del diniego della licenza al centro raccolta italiano. Ma se esisteva una via alternativa per mettersi in regola – la sanatoria – e questa non è stata percorsa, l’operatore non può più giustificare la sua attività illecita.

Inoltre, la Corte ha bacchettato il giudice di merito per non aver svolto un’indagine approfondita sulla natura effettiva dell’attività svolta nel locale. Non era stato accertato se si trattasse di un mero “centro di trasmissione dati” (CTD), che si limita a inviare le giocate al bookmaker, oppure di una vera e propria agenzia che gestisce conti gioco e incassa somme, attività che configura pienamente il reato contestato.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un importante paletto per gli operatori del settore scommesse. La gestione di una agenzia scommesse senza licenza non può essere giustificata invocando genericamente una discriminazione subita dal bookmaker estero per cui si lavora. È onere del bookmaker e, di riflesso, del suo intermediario, utilizzare tutti gli strumenti legali disponibili, comprese le procedure di sanatoria, per regolarizzare la propria posizione sul territorio italiano. La mancata adesione a tali procedure rende l’operatività priva di autorizzazione penalmente rilevante. Il caso torna ora alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare i fatti alla luce di questo principio e verificare concretamente la natura dell’attività svolta dall’imputato.

Può essere assolto il gestore di un’agenzia di scommesse che opera per conto di un bookmaker straniero discriminato nelle gare per le concessioni in Italia?
Non necessariamente. Secondo la Corte di Cassazione, se il bookmaker straniero non ha aderito alla procedura di regolarizzazione prevista dalla legge per sanare la propria posizione, la discriminazione subita in passato diventa irrilevante e non può giustificare l’operatività senza licenza del gestore locale.

Cosa sono le procedure di regolarizzazione per le agenzie di scommesse?
Sono procedure normative (come quella prevista dalla Legge di Stabilità 2014) che hanno permesso ai soggetti che offrivano scommesse in Italia per conto di bookmaker stranieri senza concessione di ottenere licenze temporanee per poter operare legalmente, in attesa di un riordino generale del settore.

Qual è la differenza tra un centro di trasmissione dati (CTD) e un’agenzia di scommesse vera e propria secondo la Corte?
La sentenza chiarisce che per non commettere reato, l’operatore deve agire come mero gestore di un centro che si limita a raccogliere e trasmettere i dati delle giocate a un bookmaker estero, senza mettere a disposizione degli scommettitori conti gioco personali o fittizi. Se l’attività va oltre la mera trasmissione dati, si configura l’illecita intermediazione. La Corte ha rinviato il caso anche per accertare concretamente la natura dell’attività svolta dall’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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