Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5690 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI AVELLINO nei confronti di
NOME COGNOME nato a San Paolo Bel Sito il 15.9.1965
avverso la sentenza in data 14.6.2023 del Tribunale di Avellino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 14.6.2023 il Tribunale di Avellino ha assolto con la formula “perché il fatto non sussiste” NOME COGNOME, chiamato a rispondere dei reati di cui all’art. 4, commi 1, 4 bis e 4 ter L. 401/1989, rispettivamente commessi in data 22.6. e 20.10.2017, per aver svolto per conto del bookmaker RAGIONE_SOCIALE, all’interno del locale dal medesimo gestito, attività di raccolta e d intermediazione di scommesse sportive senza le autorizzazioni di cui all’art.88 TULPS. Ha ritenuto il giudice di merito che non sia configurabile il reato in contestazione in quanto l’imputato gestiva un’agenzia di scommesse per conto di
un allibratore straniero illegittimamente discriminato in Italia nella assegnazione delle concessioni di gioco, ragione per la quale si si era visto rifiutar l’autorizzazione, non trovando comunque applicazione l’art. 4 L. 401/1989 nel caso di attività espletata per conto della medesima società estera nei luoghi di vendita di cui all’art. 1, comma 2 lett. i) d.nn. 1.3.2006 n.111, in quanto meri Centri di trasmissione dati facenti capo alla Stanley.
Avverso il suddetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino lamentando, in relazione al vizio di violazione di legge, che non si fosse tenuto conto della normativa di cui all’art. 1 commi 643 e 644 L. 190/2014, prorogata dall’art. 1 comma 926 della successiva legge di stabilità del 2016, che consentiva ai soggetti che offrono scommesse con vincita di danaro in Italia per conto proprio ovvero di soggetti terzi anche stranieri di ottenere licenze temporanee, con conseguente possibilità di esercitare la propria attività a prescindere dall’autorizzazione di RAGIONE_SOCIALE. Deduce che la mancata richiesta della suddetta licenza da parte del soggetto che eserciti attività di scommesse rende irrilevante qualunque questione inerente ad eventuali discriminazioni del bookmaker straniero al quale l’operatore locale sia legato da contratto di servizi, rilevando eventuali discriminazioni subite da quest’ultimo solo, come già affermato dalla pronuncia di questa Sezione n. 39968 del 2019 quando la mancata concessione in capo al soggetto straniero sia la causa del diniego della licenza al centro raccolta scommesse italiano. Conclude pertanto per l’annullamento della sentenza impugnata invocando un analogo precedente in cui si è affermato che avendo la Stanleybet scelto di non richiedere la regolarizzazione prevista dall’art. 1, comma 643 della legge di stabilità del 2014 l’imputato dovesse ritenersi responsabile del reato contestatogli.
All’udienza fissata il sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, senza che l’avv. NOME COGNOME difensore dell’imputato, sia comparso, avendo rinunciato alla trattazione orale del procedimento che lui stesso aveva richiesto, opzione questa che a seguito della sua istanza gli era irreversibilmente preclusa
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve ritenersi fondato.
La sentenza impugnata muove dall’assunto che il bookmaker straniero per conto del quale operava l’imputato, cui era stata negata l’autorizzazione richiesta ai sensi dell’art. 88 T.U.L.P.S. per il fatto che la Stanleybet non fosse titolare d concessione ad operare in Italia, sia stato illegittimamente discriminato nel corso delle procedure di rilascio delle abilitazioni alla raccolta delle scommesse nel mercato italiano.
Va tuttavia rilevato che la normativa amministrativa applicabile all’attività di intermediazione nel gioco delle scommesse prevede che le attività di raccolta e di gestione delle scommesse effettuata in Italia da soggetti appartenenti alla rete commerciale di un bookmaker operante nell’ambito dell’Unione europea siano esercitabili solo qualora questi ultimi abbiano ottenuto al termine di una pubblica gara una delle concessioni, di cui lo Stato fissa il numero complessivo e al contempo sia stata rilasciata all’esercente il Centro scommesse la licenza prevista dall’art. 88 T.U.L.P.S..
La circostanza che all’imputato sia stata negata la suddetta licenza di RAGIONE_SOCIALE in mancanza del rilascio della concessione alla Stanleybet, ovverosia dell’allibratore maltese per conto del quale operava, in ragione della discriminazione subita dal primo nelle gare di aggiudicazione del titolo non è condizione sufficiente ad escludere la rilevanza penale della condotta in contestazione.
Occorre infatti tenere conto dell’ambito applicativo dell’art. 1, commi 643 e 644 I 190/2014 (e successiva proroga della disciplina dettata dal predetto art. 1, commi 643 e 644, per effetto dell’entrata in vigore in data 1/01/2016 del disposto dell’art. 1, comma 926 della legge di stabilità 2016), in base al quale, in attesa del riordino dalla materia dei giochi pubblici, ai soggetti che offrono scommesse con vincita di denaro in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, arche ester senza essere collegato al Totalizzatore Nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, è stato consentito regolarizzare la propria posizione. Ed invero la procedura prevista dalla suddetta normativa consente, nel rispetto delle perviste condizioni disciplinate dalla legge, alle società estere che aderiscano ad essa di ottenere l’attribuzione di licenze temporanee per l’esercizio di attività che viene sottoposta a rigida regolamentazione amministrativa venendo attribuita dalla normativa temporanea a date condizioni titoli provvisori, subordinati a rigidi presupposti e controlli da parte della competente autorità amministrativa, sicché i soggetti che hanno aderito alla disciplina dell’emersione non esercitano la propria attività a prescindere dall’autorizzazione di RAGIONE_SOCIALE, ma la ottengono all’esito del procedimento, se possiedono tutti i requisiti di legge (cfr. Sez. 3, n. 32459 del 02/05/2023, PMT C/ Rapa, Rv. 284903, nonché in motivazione Sez,3, n. 6709 del 19/01/2016, Rv.266099). Attraverso la procedura di regolarizzazione testualmente finalizzata, come chiarito dalla circolare del Ministero dell’Interno del 27 gennaio 2015, al rilascio di titolo abilitativo ai sensi dell’art. 88 T.U.L.P.S., conseguentemente provveduto a porre rimedio, seppure in forma “transitoria” ai presunti effetti discriminatori del cd. bando Monti, ampliando cioè il numero dei soggetti cui è consentito esercitare l’attività di raccolta di scommesse sul territor nazionale seguendo la procedura indicata dalla legge di stabilità e permesso lo svolgimento dell’attività ai soggetti che “comunque” offrono scommesse con
vincite in denaro in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche ester (Sez.3, n. 18498 del 25/01/2017, Rv. 269694 01; Sez.3, n. 131511 del 2019, non massimata)
Nessuna verifica risulta essere stata, invece, effettuata dal Tribunale avellinese in ordine all’omessa adesione della Stanleybet alla suddetta procedura di regolarizzazione, il che rende irrilevante qualunque questione relativa ad eventuali discriminazioni che il bookmaker straniero al quale l’imputato è legato da un contratto di servizi possa avere subito in conseguenza della disciplina concessoria nazionale, potendo le subite discriminazioni rilevare solo qualora la mancanza di concessione in capo a tale soggetto straniero fosse la causa del diniego della licenza al centro raccolta scommesse italiano: integra, infatti, il reat di cui all’art. 4, comma 4-bis, legge 13 dicembre 1989, n. 401, la condotta dell’operatore straniero ingiustamente discriminato nell’accesso al mercato italiano che non abbia aderito alla procedura di regolarizzazione prevista dall’art. 1, comma 643, legge 23 dicembre 2014, n. 190, e continui a svolgere attività di accettazione e raccolta delle scommesse in assenza del prescritto titolo abilitativo (Sez. 3, Sentenza n. 32459 del 02/05/2023, citata)
Né a tale lacuna può supplire l’affermazione, anch’essa contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale la sala scommesse facente capo all’imputato aveva tutte le caratteristiche dei “luoghi di vendita” di cui all’ar comma 2, lett. i) d.m. 1.3.2006 n.11.
Se è ben vero che, come già affermato da questa Corte, non è ravvisabile il reato di illecita intermediazione nell’attività di raccolta delle scommess allorquando l’operatore agisca quale mero gestore di un centro di trasmissione dati ubicato nel territorio italiano al solo fine di raccogliere le giocate e trasmette unitamente alle somme a tale titolo incassate all’allibratore straniero, senza aver messo a disposizione degli avventori un conto personale o fittiziamente intestato a soggetti di comodo (Sez. 3, n.25439 del 9.7.2020, COGNOME, Rv. 279869), tale evenienza non risulta, tuttavia, nella fattispecie in esame essere stata in concreto accertata, nessuna verifica essendo stata svolta in merito alla titolarità del conto corrente sul quale venivano versate le scommesse giocate. Il giudice di merito si limita, per contro, a dare atto dell’avvenuta acquisizione, all’esito del sopralluogo degli agenti di PG, del registro di cassa in ordine alle giocate degli ultimi tre gior nonché del palinsesto della Stanleybet relativo allo stesso giorno dell’eseguito accesso e della presenza di clienti all’interno del locale in procinto di effettuare scommesse: elementi questi che così come esposti non consentono di ritenere la trasparenza dell’operato dell’imputato e la conseguente riconducibilità dell’attività svolta ad una mera trasmissione dei dati raccolti al bookmaker maltese, in un luogo di vendita appartenente alla rete fisica di quest’ultimo.
Si impone, pertanto, in accoglimento del ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, versandosi in un caso di impugnazione c. per saltum per la quale trova applicazione l’art. 569 quarto comma cod. proc. pen., alla Corte di appello di Napoli, che dovrà esaminare la questione alla luce del quadro normativo sopra indicato, nonché effettuare le verifiche necessarie in merito alla, natura dell’attività espletata dall’imputato
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli
Così deciso il 18.9.2024