Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 16 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 16 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 15/02/1997
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letta la requisitoria scritta del PG, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 15/09/2023, la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza emessa il 28/03/2019 dal GUP presso il Tribunale di Lecce nei confronti di NOME COGNOME all’esito di giudizio abbreviato, con il quale lo stesso era stato giudicato responsabile del reato previsto dagli artt. 81 cpv. cod.pen. e 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 – previo riconoscimento della fattispecie di lieve entità – e condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed C 2.000,00 di multa; reato perfezionato per avere ceduto a un agente sotto copertura un quantitativo di g 0,34 di sostanza del tipo cocaina e di g 1,05 di sostanza del tipo marijuana.
La Corte ha rigettato i motivi di appello inerenti alla dedotta violazione, nel caso di specie, del disposto dell’art.97 del d.P.R. n.309/1990, ritenendo come dovesse considerarsi lecito l’acquisto simulato di sostanza stupefacente da parte di un agente sotto copertura e utilizzabili i relativi atti di indagine, risultando anche rispettato il procedimento amministrativo previsto dalle disposizioni di riferimento; ha altresì rilevato che l’operazione di acquisto era avvenuta nei confronti di due soggetti, tra cui l’odierno imputato, su iniziativa di uno di questi ultimi e con concorso ravvisabile a carico dell’odierno imputato; in ordine al motivo inerente alla mancanza di prova dell’efficacia drogante delle sostanze, ha dedotto sufficienza a tale fine del narcotest effettuato successivamente all’arresto.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando tre motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. – la mancanza di motivazione in ordine alla valutazione di utilizzabilità dei risultati dell’attività di indagine eseguita sotto copertura e riferimento all’art.97 del d.P.R. n.309/1990 e all’art.9 della I. n.146/2006.
Ha dedotto che, nel motivo di appello, la r9:, difesa aveva rappresentato l’insussistenza degli elementi previsti dalle suddette disposizioni, presupponenti l’antecedenza di un reato rispetto all’intervento dell’agente provocatore; ha quindi esposto che la motivazione della Corte territoriale doveva ritenersi meramente apparente, non essendo desumibile il percorso che aveva portato i giudici di secondo grado a ritenere – in concreto – che non vi fosse stata attività di induzione alla cessione.
Con il secondo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. – la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in
riferimento alla asserita responsabilità dell’imputato in ordine al reato di ces di sostanze stupefacenti.
Ha dedotto che la Corte territoriale era pervenuta all’affermazione di penal responsabilità sulla base di alcune circostanze di fatto poste alla base di valutazione da ritenere errata e contraddittoria; ciò in quanto, sul presupposto la consegna degli stupefacenti era stata materialmente effettuata dal coimputat NOME, dagli elementi valorizzati dai giudici di appello non sarebbe emerso il da della conoscenza del luogo in cui le sostanze erano occultate e, in ogni ca l’effettivo contributo morale e materiale del ricorrente rispetto alla condot cessione.
Con il terzo motivo ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. cod.proc,.pen. – la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità de motivazione in riferimento all’asserita e non dimostrata efficacia drogante de sostanza.
Ha dedotto che la Corte non avrebbe adeguatamente preso in considerazione la censura difensiva inerente all’effettiva presenza di principio attivo e conseguente concreta offensività della condotta contestata.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella qual concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Il primo motivo è infondato.
Ì/ Parte ricorrente ha lamentato un difetto di motivazione in ordine alla dedot inutilizzabilità degli atti di indagine per mancato rispetto del disposto dell’ T.U. stup., a propria volta facente riferimento – per le attività sotto copertur disposto dell’art.9 della I. 16 marzo 2006, n.146, ai sensi del quale «non s punibili gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’A carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strut specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle pr competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, solo fine di acquisire elementi di prova» anche in ordine ai reati previsti dal stup., «ricevono, sostituiscono od occultano denaro o altra utilità, a documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto, prezzo o mezzo per commettere il reato o ne accettano l’offer o la promessa».
Deve quindi rilevarsi che la decisione impugnata contiene un’adeguata motivazione in ordine alla liceità delle operazioni svolte dall’agente sotto coper e chilla conseguente utilizzabilità delle risultanze di indagine; in partic attraverso il richiamo ai precedenti di questa Corte che hanno ritenuto che – com ravvisato nel caso di specie, in punto di fatto – in tema di attività sotto cop della polizia giudiziaria, non contrasta con il diritto di ogni persona a un pro equo ex art. 6 della Convenzione EDU, l’azione dell’agente provocatore che si limit a disvelare un’intenzione criminale esistente, ma allo stato latente, fornendo l’occasione per concretizzare la stessa, e, quindi, senza determinarla in mo essenziale (Sez. 3, n. 20238 del 07/02/2014, Buruiana, Rv. 260081; Sez. 6, n 47672 del 04/10/2023, 0., Rv. 285883 – 05), con la conseguenza che deve ritenersi utilizzabile la prova acquisita dall’agente infiltrato che non determinato l’indagato alla commissione di un reato ma abbia provveduto al mero disvelamento di una risoluzione delittuosa già esistente, rispetto alla q l’attività dell’infiltrato si presenti solo come occasione di estrinsecazione del (Sez. 6, n. 12204 del 04/02/2020, COGNOME, Rv. 278730).
Il secondo motivo è inammissibile in quanto tendente a sollecitare una, non consentita, rivisitazione in fatto del materiale probatorio già esaminato da p del giudice di merito.
Sotto tale profilo, deve infatti essere premesso – in via logicamen pregiudiziale – che eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione o potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accerta rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ai sensi dell’art comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle r giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispet fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predett dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacab (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Chen, Rv. 284556, tra le altre).
n t i Ricorda, altresì, che non è consentita in sedeLfe -gittimità una rivalutazione nello stretto merito delle risultanze processuali, essendo preclusa in questa s la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnat l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione d fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migli capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez.
27429 del 4/7/2006, COGNOME, RV. 234559; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, B., Rv. 280601); essendo, infatti, stato più volte ribadito che la Corte di cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio (Sez. 5, n. 39048 del 25/9/2007, COGNOME, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME, Rv. 253099), restando esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrappo a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura de processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizi rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 7380 del 11/1/2 Messina, Rv. 235716).
Nel caso di specie, deve quindi rilevarsi come la Corte territoriale abb valutato gli elementi emersi dagli atti di indagine con motivazione intrinsecamen coerente e immune dal denunciato vizio di illogicità.
In particolare, ritenendo come indici di compartecipazione dell’imputato nella condotta di cessione materialmente perfezionata dal coimputato NOME, gli elementi rappresentati dalla frase rivolta al medesimo nel momento immediatamente antecedente allo scambio (“seguilo…vai dietro lui”) eell pronunciata dopo la cessione, in cui il COGNOME aveva chiesto all’agente sot copertura se tutto fosse a posto e se avesse effettivamente ricevuto la sosta stupefacente; presupposti di fattovagii quali la Corte ha ritenuto, con valutazi coerente, ravvisabile un concorso nel reato da parte del Sanneh, avendo questi dato istruzioni all’agente sotto copertura tali da denotare la conoscenza del lu in cui era custodito lo stupefacente, essendo rimasto nei pressi del luogo in cu era perfezionato lo scambio e poi chiesto all’agente medesimo l’esito del trattativa, manifestando un diretto interesse rispetto alla stessa.
Il terzo motivo, attinente alla dedotta non offensività della condo conseguente al mancato accertamento del principio attivo contenuto nelle sostanze oggetto dello scambio, è infondato.
Difatti, la Corte territoriale ha fatto coerente applicazione del principio in al quale, l’accertamento svolto – come nel caso di specie – mediante il s narcotest consente di provare la natura stupefacente di una determinata sostanza pur non fornendo la prova relativa alla quantità del principio attivo contenuto (S 6, n. 6069 del 16/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269007; Sez. 6, n. 2599 del 14/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282680); con la conseguenza, come ritenuto in tale ultimo arresto, che – in applicazione del principio del favor rei e in mancanza di prova dell’entità del principio attivo – è consentito al giudice di merito, avvenuto nel caso di specie, ritenere sussistente la fattispecie del fatto di
entità (in tal senso, Sez. 6, n. 47523 del 29/10/2013, COGNOME, Rv. 257836) ma fermo restando che il predetto esame deve ritenersi idoneo a dimostrare il perfezionamento del reato contestato ai sensi dell’art.73, T.U. stup..
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente