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Affidamento terapeutico: quando è negato al detenuto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto che chiedeva l’affidamento terapeutico, una misura alternativa alla detenzione per tossicodipendenti. La decisione si fonda sulla valutazione della pericolosità sociale del soggetto, ritenuta prevalente rispetto al programma di recupero proposto. La Corte ha stabilito che la certificazione di un percorso riabilitativo non è vincolante per il giudice, il quale deve condurre una valutazione autonoma che tenga conto di tutti gli elementi, inclusi procedimenti penali pendenti e informative delle forze dell’ordine. La pericolosità attuale del condannato è stata considerata incompatibile con la necessaria collaborazione richiesta dal percorso terapeutico.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento Terapeutico e Pericolosità Sociale: La Cassazione Fa Chiarezza

L’affidamento terapeutico rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento per favorire il recupero e il reinserimento sociale dei condannati con problemi di tossicodipendenza. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e deve bilanciarsi con le esigenze di sicurezza della collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: la pericolosità sociale del detenuto può costituire un ostacolo insormontabile all’applicazione della misura, anche in presenza di un programma di recupero certificato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Recupero

Il caso ha origine dalla richiesta di un detenuto, condannato per gravi reati in materia di stupefacenti, di essere ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali per motivi terapeutici, ai sensi dell’art. 94 del D.P.R. 309/1990. Il Tribunale di Sorveglianza di Catania, però, aveva respinto l’istanza. La motivazione del rigetto si basava su due pilastri: la ritenuta pericolosità del condannato e l’inidoneità del programma terapeutico proposto, da svolgersi in forma ambulatoriale. Secondo il Tribunale, era necessario prima verificare i progressi del percorso trattamentale in ambito carcerario, magari attraverso la concessione graduale di permessi premio.

I Motivi del Ricorso: Una Difesa a Tutto Campo

Contro questa decisione, il detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando numerose censure. La difesa ha lamentato la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo a diversi aspetti:
* La presunta inidoneità del programma terapeutico ambulatoriale.
* La valutazione della personalità del condannato, che avrebbe valorizzato la gravità dei reati commessi omettendo di considerare la regolare condotta penitenziaria.
La violazione dei principi costituzionali (artt. 3 e 27 Cost.) e delle norme internazionali (art. 3 CEDU) sulla finalità rieducativa della pena e sul principio del favor rei*, non avendo considerato elementi come la certificazione del Sert e l’evoluzione personale del ricorrente.

In sostanza, il ricorrente sosteneva che il Tribunale avesse ingiustamente negato una possibilità di recupero, basandosi su una valutazione di pericolosità non più attuale.

Le Motivazioni: Perché la Pericolosità Prevale sull’Affidamento Terapeutico

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Le motivazioni della Suprema Corte sono un’importante lezione sul bilanciamento tra finalità rieducativa e tutela della sicurezza pubblica.

Il punto centrale della sentenza è che i presupposti per l’affidamento terapeutico non si esauriscono nella certificazione di uno stato di tossicodipendenza e nella presentazione di un programma. Il giudice ha il dovere di compiere una valutazione complessa e autonoma che riguarda due aspetti fondamentali:

1. La Pericolosità del Condannato: La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’affidamento in prova, specialmente quello terapeutico, presuppone la collaborazione del soggetto interessato. Se il condannato è ritenuto attualmente pericoloso, questa collaborazione è “negata in radice”. Pertanto, la misura non può essere concessa.

2. L’Idoneità del Trattamento: Il giudizio di idoneità del programma, pur provenendo da una struttura sanitaria pubblica, non è vincolante per il giudice. Quest’ultimo deve verificare se il percorso proposto sia concretamente in grado di realizzare non solo le esigenze terapeutiche, ma anche un effettivo reinserimento sociale, prevenendo la commissione di nuovi reati.

Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente basato la sua valutazione negativa su elementi concreti: la pendenza di procedimenti penali per reati di grave allarme sociale, le informazioni delle forze dell’ordine e della Direzione Distrettuale Antimafia, e la debolezza delle prescrizioni previste dal programma terapeutico. Questi fattori, nel loro insieme, delineavano un quadro di pericolosità e inidoneità che giustificava il rigetto della richiesta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia chiarisce che il percorso verso le misure alternative alla detenzione, per quanto auspicabile, non è un diritto incondizionato. Le implicazioni pratiche sono significative:

* La valutazione del giudice è sovrana: La certificazione del Sert è un presupposto necessario ma non sufficiente. Il magistrato di sorveglianza mantiene la piena discrezionalità nel valutare il profilo complessivo del condannato.
* La pericolosità attuale è un ostacolo decisivo: Anche un percorso di recupero avviato in carcere può non bastare se emergono elementi concreti che indicano un’attuale pericolosità sociale del soggetto.
* La gradualità è un approccio legittimo: La scelta del Tribunale di proseguire l’osservazione intramuraria e di considerare un approccio graduale (come i permessi premio) prima di concedere la misura alternativa è stata considerata un metodo corretto e non sindacabile in sede di legittimità.

In definitiva, la sentenza riafferma che la finalità rieducativa della pena deve sempre coniugarsi con la tutela della collettività. L’affidamento terapeutico è uno strumento potente, ma può essere utilizzato solo quando vi sono ragionevoli certezze che il percorso di recupero possa svolgersi senza rischi per la sicurezza pubblica.

La certificazione di un programma terapeutico da parte di una struttura sanitaria pubblica è sufficiente per ottenere l’affidamento in prova?
No. La sentenza chiarisce che il giudizio di idoneità del programma non è vincolante per l’autorità giudiziaria, la quale deve valutare autonomamente anche la pericolosità del condannato e l’attitudine del trattamento a realizzare un effettivo reinserimento sociale.

Un condannato può ottenere l’affidamento terapeutico se è considerato ancora socialmente pericoloso?
No. La Corte stabilisce che l’affidamento terapeutico non può essere concesso a un condannato ritenuto attualmente pericoloso. Questo perché il programma richiede la collaborazione dell’interessato, che è “negata in radice dalla sua stessa condizione di persona pericolosa”.

Quali elementi può considerare il giudice per valutare la pericolosità di un condannato ai fini della concessione della misura alternativa?
Il giudice può considerare una serie di elementi, come evidenziato nel caso di specie: la pendenza di procedimenti penali per reati di grave allarme sociale, le informazioni delle forze dell’ordine e della Direzione Distrettuale Antimafia, e la coerenza e adeguatezza del programma terapeutico proposto rispetto alle esigenze di tutela sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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