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Affidamento terapeutico: no se il reo è inaffidabile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato contro il diniego dell’affidamento terapeutico. La decisione si fonda sulla complessiva inaffidabilità del soggetto, desunta dalla sua mancata adesione al progetto riabilitativo e dalla commissione di una rapina durante il periodo di prova, elementi che dimostrano l’improbabilità del suo reinserimento sociale.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento Terapeutico e Valutazione della Pericolosità: L’Inaffidabilità del Condannato Preclude il Beneficio

L’affidamento terapeutico rappresenta uno strumento cruciale nel nostro ordinamento per favorire il recupero e il reinserimento sociale di persone con problemi di tossicodipendenza. Tuttavia, la sua concessione non è automatica, ma subordinata a una valutazione complessa da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la manifesta inaffidabilità del condannato, dimostrata da comportamenti devianti, costituisce un ostacolo insormontabile per l’accesso a tale beneficio.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato per reati legati agli stupefacenti, aveva richiesto l’accesso all’affidamento in prova in casi particolari, una misura pensata per chi necessita di un percorso terapeutico e riabilitativo. Inizialmente, gli era stata concessa un’applicazione provvisoria della misura. Tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza ha successivamente respinto l’istanza definitiva, ratificando la sospensione della misura già disposta dal Magistrato di Sorveglianza.

La decisione del Tribunale si basava su un fatto grave: durante il periodo di prova, il soggetto aveva commesso una rapina. Questo comportamento è stato interpretato come un chiaro segnale di mancata adesione al progetto rieducativo e di persistente pericolosità sociale. L’interessato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

L’Affidamento Terapeutico e la Valutazione del Giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire i principi che governano la concessione dell’affidamento terapeutico. La giurisprudenza consolidata stabilisce che, anche in presenza dei presupposti formali, il giudice deve compiere una valutazione approfondita e complessa.

Questa valutazione non si limita a verificare lo stato di tossicodipendenza, ma si estende alla prognosi sul buon esito del programma terapeutico. Il magistrato deve considerare la pericolosità del condannato e la sua reale attitudine a intraprendere un percorso di effettivo reinserimento sociale. In sostanza, il beneficio è riservato a chi dimostra di poter trarre profitto dal trattamento offerto.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale di Sorveglianza immune da vizi logici e giuridici. Il diniego del beneficio non era fondato su un’analisi superficiale, ma su un giudizio motivato di “complessiva inaffidabilità” del condannato.

La rapina commessa non è stata vista come un semplice episodio isolato, ma come la prova tangibile dell’irregolarità della condotta e dell’incapacità del soggetto di rispettare le regole del percorso comunitario. Il ricorso è stato giudicato inammissibile proprio perché l’appellante non ha contestato questo nucleo centrale della motivazione, ovvero il giudizio negativo sulla sua affidabilità, supportato da specifici comportamenti devianti.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza riafferma un principio fondamentale: le misure alternative alla detenzione non sono un diritto incondizionato, ma un’opportunità concessa a chi dimostra un’autentica volontà di cambiamento. La condotta del soggetto durante il periodo di prova è un elemento cruciale per la valutazione del giudice.

Un comportamento gravemente deviante, come la commissione di un nuovo reato, interrompe il patto di fiducia tra il condannato e lo Stato. Esso dimostra che il percorso riabilitativo non sta avendo successo e che la pericolosità sociale del soggetto non è diminuita. Di conseguenza, il diniego o la revoca del beneficio diventano una conseguenza logica e giustificata. Per i condannati, ciò significa che l’adesione al programma terapeutico deve essere non solo formale, ma sostanziale e supportata da una condotta irreprensibile.

Quando può essere negato l’affidamento terapeutico?
L’affidamento terapeutico può essere negato quando il giudice, a seguito di una valutazione complessiva, ritiene improbabile che il programma terapeutico porti a un effettivo reinserimento sociale, tenendo conto della pericolosità del condannato e della sua condotta.

La commissione di un nuovo reato comporta automaticamente la revoca del beneficio?
Sebbene la decisione sia discrezionale, la commissione di un nuovo reato, come una rapina, è considerata una prova significativa dell’inaffidabilità del soggetto e della sua mancata adesione al progetto rieducativo, giustificando pienamente il diniego o la revoca della misura.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver promosso un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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