LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Affidamento terapeutico: no allo scioglimento del cumulo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37523/2024, ha respinto il ricorso di un detenuto, negando l’accesso all’affidamento in prova terapeutico. La Corte ha stabilito che, in presenza di un reato ostativo nel cumulo di pene e con un residuo superiore a quattro anni, non è possibile applicare lo “scioglimento virtuale del cumulo”. Questa operazione, che consentirebbe di considerare già scontata la pena per il reato ostativo, è esclusa dal testo specifico dell’art. 94 D.P.R. 309/1990. Anche la richiesta di detenzione domiciliare per motivi di salute è stata respinta per mancanza di prove sulla incompatibilità con il regime carcerario.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento Terapeutico e Reati Ostativi: La Cassazione Nega lo Scioglimento del Cumulo

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 37523 del 2024, è intervenuta su un tema cruciale dell’esecuzione penale: la possibilità di accedere all’affidamento in prova terapeutico quando un condannato sta scontando un cumulo di pene che include anche un “reato ostativo”. La decisione chiarisce che il meccanismo dello “scioglimento virtuale del cumulo”, valido per altri benefici, non si applica in questo specifico contesto, delineando un perimetro normativo più rigido.

I Fatti del Caso

Un detenuto si era visto respingere dal Tribunale di Sorveglianza due istanze: la prima, per la concessione dell’affidamento in prova terapeutico ai sensi dell’art. 94 del Testo Unico Stupefacenti; la seconda, per il rinvio della pena o la detenzione domiciliare per gravi motivi di salute.
Il Tribunale aveva dichiarato inammissibile la richiesta di affidamento terapeutico poiché il cumulo di pene comprendeva un reato ostativo (rientrante nell’elenco dell’art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario) e la pena residua da scontare superava il limite di quattro anni previsto dalla legge in questi casi. La richiesta legata alla salute era stata rigettata sulla base di una relazione medica che riteneva le patologie del condannato gestibili in carcere.

Contro questa decisione, il detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due argomenti:
1. La parte di pena relativa al reato ostativo era già stata interamente scontata. Pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto procedere allo “scioglimento virtuale del cumulo”, isolando la pena “ostativa” e valutando la richiesta solo sulla base delle altre pene.
2. Le sue condizioni di salute erano incompatibili con la detenzione, dato che necessitava di ampi spazi per evitare traumi accidentali, condizione impossibile da garantire in un ambiente carcerario sovraffollato.

La Questione Giuridica: Scioglimento del Cumulo e Reati Ostativi

Il cuore della controversia legale risiede nell’interpretabilità del principio dello “scioglimento del cumulo” in relazione all’affidamento in prova terapeutico. Questo principio, avallato anche dalla Corte Costituzionale in altre materie, permette di considerare virtualmente già espiata la porzione di pena relativa ai reati ostativi, liberando così la strada per l’accesso ai benefici penitenziari per i reati comuni. La difesa chiedeva l’estensione di tale principio anche al caso specifico dell’affidamento terapeutico, ma la Cassazione ha seguito un orientamento più restrittivo.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Affidamento Terapeutico

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su entrambi i motivi di doglianza.

Il Primo Motivo: L’Interpretazione Rigorosa dell’Art. 94

La Corte ha stabilito che il principio della scindibilità del cumulo non può trovare applicazione per l’affidamento in prova terapeutico. La motivazione si fonda su un’interpretazione letterale e sistematica dell’art. 94 del D.P.R. 309/1990. Questa norma, a differenza di altre, fissa una condizione di ammissibilità chiara e invalicabile: la pena da espiare non deve superare i sei anni, soglia che si abbassa a quattro anni se il titolo esecutivo comprende anche solo uno dei reati ostativi di cui all’art. 4-bis Ord. pen.

Secondo la Cassazione, il legislatore ha volutamente creato un regime più rigoroso per questa misura, data la pericolosità associata a determinate tipologie di reato. Permettere lo scioglimento del cumulo significherebbe eludere questo limite normativo, creando termini di ammissibilità diversi non previsti dalla legge. La sentenza della Corte Costituzionale citata dalla difesa (n. 32/2022) non è stata ritenuta pertinente, in quanto riguardava altre misure alternative (artt. 47, 47-ter e 50 Ord. pen.) e un contesto procedurale differente.

Il Secondo Motivo: La Compatibilità con il Regime Carcerario

Anche il secondo motivo, relativo alle condizioni di salute, è stato giudicato infondato. La Corte ha ritenuto le argomentazioni della difesa meramente assertive e contestative. Le relazioni mediche agli atti, pur evidenziando la necessità di cautele (come evitare traumi e muoversi in spazi ampi), concludevano per una sostanziale compatibilità con il regime carcerario. Il ricorrente, inoltre, non aveva specificato quali terapie o forme di assistenza gli sarebbero state negate durante la detenzione. La richiesta di una nuova perizia è stata quindi considerata una mera asserzione, priva di adeguato fondamento.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si radicano in un’interpretazione rigorosa della normativa speciale in materia di stupefacenti. La Cassazione sottolinea come l’art. 94 D.P.R. 309/1990 contenga una disciplina autonoma e specifica, che prevale sui principi generali applicabili ad altre misure alternative. Il criterio discretivo non è la natura del singolo reato per cui si sta scontando la pena in un dato momento, ma la composizione complessiva del “titolo esecutivo”. Se tale titolo include un reato ostativo, si attiva automaticamente la soglia più bassa (quattro anni), indipendentemente da quale porzione di pena sia già stata espiata. La finalità è quella di circoscrivere l’applicazione della misura a contesti di minore pericolosità sociale, valutata sulla base dell’intero percorso criminale del condannato come cristallizzato nel cumulo pene. Per quanto riguarda le condizioni di salute, la motivazione si basa sulla consolidata giurisprudenza secondo cui la detenzione è incompatibile solo quando le condizioni sanitarie sono talmente gravi da non poter essere affrontate con le risorse del sistema penitenziario, comprese le cure in luoghi esterni.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale restrittivo sull’accesso all’affidamento in prova terapeutico in presenza di reati ostativi. Le conclusioni pratiche sono significative: i condannati che espiano un cumulo di pene comprensivo di un reato ostativo non possono beneficiare dello scioglimento virtuale per accedere alla misura se il residuo pena supera i quattro anni. Questa pronuncia riafferma la specialità e il rigore della disciplina prevista dall’art. 94, distinguendola nettamente da quella di altre misure alternative alla detenzione e ponendo un limite chiaro all’applicazione di principi interpretativi estensivi.

È possibile ottenere l’affidamento in prova terapeutico se la pena complessiva include un reato ostativo, anche se la parte di pena per quel reato è già stata scontata?
No. Secondo la sentenza, se il titolo esecutivo comprende un reato ostativo (art. 4-bis Ord. pen.), l’accesso all’affidamento terapeutico è possibile solo se la pena residua non supera i quattro anni. Il meccanismo dello “scioglimento virtuale del cumulo” non si applica a questa specifica misura.

Perché la Corte di Cassazione ha escluso l’applicazione dello “scioglimento del cumulo” per l’affidamento terapeutico?
La Corte ha basato la sua decisione sul dato testuale dell’art. 94 d.P.R. 309/1990. La norma stabilisce un limite di pena specifico (sei anni, ridotti a quattro in presenza di reati ostativi) riferito all’intera pena inflitta o residua, senza prevedere la possibilità di scindere il cumulo per isolare i reati ostativi.

Quando può essere accolta una richiesta di rinvio della pena per motivi di salute?
Una richiesta di rinvio della pena per motivi di salute può essere accolta solo se si dimostra che le condizioni del detenuto sono talmente gravi da essere incompatibili con il regime carcerario e che le cure necessarie non possono essere adeguatamente fornite all’interno dell’istituto penitenziario o tramite strutture sanitarie esterne, come previsto dall’art. 11 dell’Ordinamento Penitenziario. In questo caso, la Corte ha ritenuto le lamentele del ricorrente generiche e non sufficientemente provate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati