Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 448 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 448 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Sesto San Giovanni il 03/08/1997
avverso l’ordinanza del 08/06/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di sorveglianza di Milano ha dichiarato inammissibili le istanze di NOME COGNOME di concessione delle misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale ai sensi dell’art. 47 ord. pen., dell’affidamento in casi particolari ex art. 94 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, o della detenzione domiciliare.
Il Tribunale rilevava, per le istanze di affidamento in prova ex art. 47 ord. pen. e detenzione domiciliare, che il residuo pena era superiore ai limiti di legge, mentre per quella di affidamento in casi particolari, che nel titolo in esecuzione era compreso un reato di cui all’art. 4 -bis ord. pen., il che comportava che il limite massimo di pena detentiva da espiare era quello di anni quattro, superato nel caso concreto.
11.
Ricorre COGNOME per il tramite del suo difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata sulla base di un unico motivo con cui denuncia violazione dell’art. 94 d.p.r. n. 309 del 1990 in relazione all’art. 4-bis ord. pen. nonché mancanza di motivazione.
In particolare, deduce che il Tribunale di sorveglianza ha omesso di considerare che la pena irrogata per il reato di cui alla sentenza n. 143 del 2019, ostativo alla concessione della misura dell’affidamento in prova terapeutico, è già stata interamente espiata.
D’altra parte, la Corte costituzionale e la giurisprudenza di legittimità, hanno ritenuto più volte che, in caso di cumulo, materiale o giuridico, di pene inflitte per diversi titoli di reato, alcuni dei quali soltanto ostativi alla fruizione benefici penitenziari, occorre procedere allo scioglimento del cumulo, venendo meno l’impedimento qualora l’interessato abbia già espiato la parte di pena relativa ai predetti reati.
Il Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il Collegio ritiene, infatti, di dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale p volte sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il principio della scindibilità del cumulo non può trovare applicazione quando sia richiesta la misura alternativa dell’affidamento terapeutico, ostandovi il tenore letterale dell’art. 94 d.p.r. n. 309 del 1990 (Sez. 1, Sentenza n. 29873 del 24/03/2023, COGNOME, Rv. 284824; Sez. 1, Sentenza n. 23279 del 03/03/2021, COGNOME, Rv. 281613; Sez. 1, n. 12339 del 20/02/2020, Scuderi, Rv. 278701; Sez. 1, n. 42088 del 18/07/2019, COGNOME, Rv. 277294).
L’art. 94, comma 1, secondo periodo, d.p.r. n. 309 del 1990, dispone, infatti, che “l’affidamento in prova in casi particolari può essere concesso solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni”.
Nel disciplinare l’affidamento in prova in casi partic:olari, pertanto, il legislatore, a differenza di quanto accade con riferimento ad altri benefici penitenziari (v., ad es., Sez. 1, Sentenza n. 13041 del 11/12/2020, dep. 2021,
Strano, Rv. 280982, in punto di affidamento in prova al servizio sociale e la detenzione domiciliare), ha attribuito rilievo alla mera inclusione nel titolo esecutivo di alcuno dei reati previsti dall’art. 4-bis ord. pen.
La disposizione dell’art. 94, il cui tenore letterale preclude l’applicazione del beneficio, è stata, d’altronde, ritenuta rispondere alla esigenza, non irrazionale, di prevedere requisiti diversi di accesso al beneficio, a seconda della maggiore o minore pericolosità dei condannati (Sez. 1, n. 41322 del 7.10.2009, Francavilla, Rv 245057).
In definitiva, il ricorso è infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 novembre 2023.