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Affidamento terapeutico: no alla scindibilità del cumulo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 448/2024, ha stabilito che il principio della scindibilità del cumulo di pene non si applica all’affidamento terapeutico. Se il titolo esecutivo comprende un reato ostativo ai sensi dell’art. 4-bis ord. pen., il limite massimo di pena per accedere alla misura è di quattro anni, anche se la pena relativa a tale reato è già stata interamente scontata. La Corte ha rigettato il ricorso di un detenuto, confermando un orientamento restrittivo basato sull’interpretazione letterale dell’art. 94 d.p.r. 309/1990.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento Terapeutico e Reati Ostativi: La Cassazione Nega la Scindibilità del Cumulo

L’accesso alle misure alternative alla detenzione rappresenta un momento cruciale nel percorso di risocializzazione del condannato. Tuttavia, la presenza di reati ostativi nel cumulo di pene può complicare notevolmente questo percorso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 448 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di affidamento terapeutico: il principio della scindibilità del cumulo non si applica. Analizziamo insieme la decisione e le sue importanti conseguenze pratiche.

I Fatti del Caso

Un detenuto presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere una misura alternativa alla detenzione, in particolare l’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare o, in via subordinata, l’affidamento in prova in casi particolari (il cosiddetto affidamento terapeutico previsto per i soggetti con problemi di dipendenza).
Il Tribunale dichiarava le istanze inammissibili per due motivi principali:
1. Per l’affidamento ordinario e la detenzione domiciliare, il residuo di pena da scontare superava i limiti di legge.
2. Per l’affidamento terapeutico, il titolo esecutivo comprendeva un reato ostativo (ai sensi dell’art. 4-bis ord. pen.). Questo fatto abbassava il limite di pena massimo per accedere al beneficio a quattro anni, un limite che nel caso specifico risultava superato.

Il condannato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che la pena relativa al reato ostativo fosse già stata interamente espiata. A suo avviso, applicando il principio della “scindibilità del cumulo”, l’ostacolo normativo sarebbe venuto meno, consentendogli di accedere alla misura.

La Questione Giuridica: Scindibilità del Cumulo e Affidamento Terapeutico

Il cuore della questione risiede nell’applicabilità o meno del principio della “scindibilità del cumulo” all’affidamento terapeutico. Questo principio consente di ‘scomporre’ idealmente la pena complessiva derivante da un cumulo di sentenze. Se la parte di pena già scontata è pari o superiore a quella inflitta per i reati ostativi, questi ultimi si considerano ‘superati’, e l’impedimento all’accesso ai benefici viene rimosso.

La difesa del ricorrente sosteneva che, avendo già scontato la pena per il reato ostativo, il residuo di pena dovesse essere considerato ‘libero’ da ostacoli, rendendo così possibile la concessione della misura. La giurisprudenza, tuttavia, non è unanime su questo punto, distinguendo a seconda del tipo di beneficio richiesto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e confermando il suo consolidato orientamento. La decisione si basa su un’interpretazione letterale e rigorosa dell’art. 94, comma 1, del d.p.r. 309/1990, che disciplina l’affidamento terapeutico.

La norma stabilisce che la misura può essere concessa quando la pena da espiare non è superiore a sei anni, “o a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all’articolo 4-bis”.

I giudici hanno sottolineato che il legislatore ha usato il termine “comprendente”. Ciò significa che è sufficiente la mera inclusione di un reato ostativo nel titolo esecutivo complessivo per far scattare il limite più restrittivo di quattro anni. Non rileva, quindi, che la porzione di pena relativa a quel reato sia stata o meno già espiata.

La Corte ha inoltre evidenziato come questa disciplina si differenzi da quella prevista per altre misure (come l’affidamento ordinario e la detenzione domiciliare), per le quali la giurisprudenza ha ammesso l’applicazione della scindibilità del cumulo. Questa differenza non è irrazionale, ma risponde a una scelta precisa del legislatore di prevedere requisiti di accesso più severi in base alla maggiore o minore pericolosità del condannato, desunta dalla tipologia di reati commessi.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

In definitiva, la Cassazione ha chiuso la porta alla scindibilità del cumulo per l’affidamento terapeutico. La sentenza ribadisce che il tenore letterale dell’art. 94 è un ostacolo insormontabile.

Le implicazioni pratiche sono significative: un condannato che ha nel proprio cumulo di pene un reato ostativo, anche se commesso molto tempo prima e già ‘scontato’ secondo il calcolo della pena, vedrà comunque applicarsi il limite più basso di quattro anni per l’accesso a questa importante misura di recupero. Questa decisione consolida un’interpretazione rigida della norma, che privilegia la valutazione della pericolosità complessiva del soggetto, così come emerge dal suo intero percorso criminale, rispetto alla possibilità di valorizzare il percorso trattamentale già compiuto.

È possibile ottenere l’affidamento terapeutico se la parte di pena per il reato ostativo è già stata scontata?
No. Secondo la Cassazione, per l’affidamento terapeutico previsto dall’art. 94 d.p.r. 309/1990, non si applica il principio della scindibilità del cumulo. La sola inclusione di un reato ostativo nel titolo esecutivo complessivo abbassa il limite di pena a quattro anni, indipendentemente dalla porzione di pena già espiata.

Qual è la differenza tra l’affidamento terapeutico e le altre misure alternative riguardo alla scindibilità del cumulo?
La sentenza chiarisce che, a differenza di altre misure come l’affidamento in prova al servizio sociale o la detenzione domiciliare (per le quali la giurisprudenza ammette la scindibilità), il tenore letterale dell’art. 94 per l’affidamento terapeutico lo preclude. Il legislatore ha previsto requisiti di accesso più restrittivi per questa specifica misura.

Perché la Cassazione adotta un’interpretazione così restrittiva per l’affidamento terapeutico?
La Corte ritiene che questa interpretazione risponda a un’esigenza non irrazionale del legislatore di diversificare i requisiti di accesso ai benefici penitenziari in base alla maggiore o minore pericolosità dei condannati, desunta dalla presenza di reati ostativi nel loro percorso criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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