Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30271 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30271 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
RITENUTO IN FATTO
Il ricorrente deve espiare una pena complessiva di anni cinque, mesi tre e giorni venti di reclusione, risultante da cumulo per condanne relative a reati di cui agli artt. 3 l.n. 54/2006 e 12sexies l. n. 898/1970, all’art. 572 cod. pen., di cui agli artt. 609bis , ultimo comma, 582 e 585 cod. pen. e di bancarotta fraudolenta e sottrazione di libri e scritture contabili.
Stante l’entità della pena, superiore a quattro anni, l’unica istanza ammissibile, quella dell’affidamento in prova in casi particolari era stata valutata perchØ fondata su una certificazione di dipendenza da cocaina in remissione con un programma da eseguire presso il locale SMI.
Il Tribunale rigettava la richiesta in considerazione della pluralità e gravità dei fatti, commessi in un arco temporale che va dal 1999 al 2020, della strumentalità dell’istanza di tipo terapeutico, essendosi l’istante presentato al servizio per la presa in carico solo nel febbraio 2023, in data prossima all’emissione del cumulo, dell’opportunità di lavoro posta a sostegno dell’istanza, che lo farebbe operare nel medesimo settore e con le medesime modalità con le quali ha avuto occasione di commettere i reati di bancarotta fraudolenta, dell’assenza di revisione critica per i reati di violenza di cui continua a dichiararsi estraneo e per quelli di bancarotta, ai quali non fa mai cenno.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il difensore di NOME e con un unico articolato motivo ha lamentato violazione di legge ed erronea applicazione dell’art. 94 d.P.R. n. 309/90 e vizio di omessa e illogica motivazione sul punto con riferimento alla mancata valutazione delle condotte riparatorie e confessorie con riferimento al reato di bancarotta con conseguenti attenuanti e considerazioni favorevoli del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, alla mancata valutazione degli approfondimenti
– Relatore –
Sent. n. sez. 1853/2025
CC – 27/05/2025
riportati nelle relazioni dei clinici del servizio che ha in cura il ricorrente in punto di evoluzione della persona dopo i reati, per omessa attivazione dei poteri istruttori.
L’asserita mancanza di revisione critica non può essere l’approdo dell’analisi della personalità del soggetto, ma solo un punto di partenza, e in ogni caso non richiede l’ammissione di colpevolezza di tutti gli addebiti.
Il Tribunale di sorveglianza non ha tenuto conto del fatto che la condotta di cui all’art. 609bis cod. pen. per la quale il ricorrente Ł stato condannato era stata qualificata ai sensi dell’ultimo comma dello stesso articolo per la durata contenuta e la scarsa invasività; egli non ha ammesso l’addebito ma ha accettato la condanna.
Non ha tenuto conto del fatto che nella relazione dell’UEPE non risulta alcun suo riferimento alle condotte di bancarotta, ma gli operatori hanno evidenziato di non aver ricevuto copia delle relative sentenze, sicchŁ l’indagine sociale Ł stata limitata non per mancanza di collaborazione del ricorrente; in ogni caso il Tribunale ben avrebbe potuto attivare i propri poteri istruttori.
Non ha tenuto conto di quanto risulta dalle predette sentenze, poichØ nel procedimento per i reati fallimentari il ricorrente ha provveduto alla definizione integrale di ogni rapporto passivo della società fallita e tale condotta risarcitoria Ł stata positivamente valutata dal giudice come sintomatica di resipiscenza.
Non ha tenuto conto del fatto che nella relazione di presa in carico della SMI si ricava che il servizio ha una conoscenza del ricorrente lunga ben due anni, sicchŁ immotivata Ł l’affermazione della strumentalità della sua presentazione al servizio in vista dell’esecuzione della pena.
Vi Ł prova di un percorso di cura già avviato e di un’evoluzione positiva della sua personalità negli ultimi anni. Emerge anche la necessità per il ricorrente di sottoporsi a programma terapeutico e il suo atteggiamento collaborativo, dimostrato anche dal fatto che egli era rientrato in Italia, dopo un periodo di lavoro all’esterno, per fare fronte alle proprie responsabilità.
Il difensore ha chiesto pertanto l’annullamento con rinvio della decisione impugnata.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato nei limiti appresso specificati.
L’art. 94, comma 1, d.P.R. n. 309/90 prevede che, «se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l’interessato può chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l’attività terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con una azienda unità sanitaria locale o con una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116» dello stesso d.P.R.
In sostanza la disposizione richiede, ai fini dell’ammissione al beneficio, oltre al fatto che la domanda provenga da un condannato tossicodipendente o alcoldipendente, anche che questi abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottacersi e che alla domanda sia allegata una certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcoldipendenza, la procedura con la quale Ł stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l’andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneità ai fini del recupero del condannato.
Il Tribunale di sorveglianza valuta l’istanza formulata ai sensi dell’art. 94 quarto
comma del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 309, verificando se il programma di recupero, anche per le modalità con cui deve essere svolto, sia idoneo ad assicurare la prevenzione del pericolo che il soggetto commetta ulteriori reati. (Sez. 1, n. 15963 del 21/03/2013, Rv. 255690 – 01); l’attuale pericolosità sociale del condannato deve essere valutata in relazione al pregiudizio che possa comportare alla sua collaborazione per l’attuazione del programma (Sez. 1, n. 48041 del 09/10/2018, Massimino, Rv. 274665 – 01; Sez. 1, n. 46810 del 06/11/2012, COGNOME, Rv. 253855 – 01).
Nel provvedimento in esame tutti i profili valutati dal Tribunale di sorveglianza, inerenti alla personalità del condannato in relazione alle sue precedenti condanne e agli indici di pericolosità, vengono rimessi in discussione con il ricorso con considerazioni che intingono il merito su profili di fatto, inaccessibili alla verifica di legittimità perchØ congruamente motivate.
Il provvedimento impugnato mostra, tuttavia, un’evidente lacuna motivazionale nell’omessa verifica dell’idoneità del programma terapeutico a contenere l’astratto pericolo di recidivanza descritto dal Tribunale di sorveglianza.
Se Ł pur vero che il programma terapeutico Ł stato richiesto solo 2023 in data prossima all’emissione del cumulo, risulta anche dagli atti che l’adesione al programma da parte del condannato Ł stata ampiamente registrata sin dall’epoca in cui venne formulato ed Ł poi proseguita.
Non essendo contestati nØ la tossicodipendenza nØ l’avvio nØ la prosecuzione di un programma terapeutico, risultando comunque un principio di condotta riparatoria attestata nelle motivazioni della sentenza emessa a suo carico ex art. 444 cod. proc. pen. per il reato di bancarotta, pur in presenza di altri indici negativi per la mancanza di revisione critica in ordine ad altre condotte devianti, il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto procedere ad una specifica valutazione del programma in atto, dei risultati eventualmente raggiunti, della concreta volontà di collaborare nella prosecuzione di tale programma da parte del condannato, della possibilità di conseguire risultati positivi e delle eventuali ragioni per le quali una prognosi negativa possa essere ancorata alla pericolosità del condannato come ricavata dai precedenti penali e dagli atti.
Il provvedimento impugnato deve essere, pertanto, annullato con rinvio per nuovo giudizio nel quale si procederà ad emendare la segnalata lacuna motivazionale, dando applicazione ai criteri e ai parametri sopra ricordati.
Ricorrendone le condizioni, infine, deve essere disposta l’annotazione di cui all’art. 52. comma 1, del decreto legislativo 20 giugno 2003, n. 196, recante il “codice in materia di protezione dei dati personali”.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di Brescia IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS.
196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 27/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
COGNOME
NOME COGNOME