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Affidamento in prova: valutazione rischio di recidiva

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro il diniego dell’affidamento in prova. La decisione si fonda sull’elevato rischio di recidiva del soggetto, evidenziato da una recente e grave condanna, da nuovi carichi pendenti e da un progetto lavorativo ritenuto inadeguato a contenere la sua pericolosità sociale. Il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza è stato giudicato logico e privo di vizi.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: Quando il Rischio di Recidiva Preclude la Misura Alternativa

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta uno degli strumenti più importanti del nostro ordinamento per favorire il reinserimento sociale del condannato, in linea con il principio costituzionale della funzione rieducativa della pena. Tuttavia, la sua concessione non è automatica, ma subordinata a una valutazione prognostica positiva sulla capacità del soggetto di astenersi dal commettere nuovi reati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la presenza di gravi indizi di pericolosità sociale, quali condanne recenti e carichi pendenti, possa legittimamente portare al diniego del beneficio.

I Fatti del Caso: Una Richiesta Respinta

Il caso esaminato riguarda un individuo condannato a una pena di due anni e sei mesi di reclusione per coltivazione illecita di un ingente quantitativo di piante di cannabis. L’interessato aveva richiesto di poter scontare la pena tramite l’affidamento in prova, proponendo un piano di lavoro alle dipendenze della propria compagna. Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, respingeva l’istanza. La decisione si basava su una valutazione complessiva della personalità del soggetto, ritenuta incompatibile con la misura alternativa. In particolare, i giudici avevano considerato una recente condanna in primo grado a oltre nove anni di reclusione per gravi reati legati agli stupefacenti, nonché un’ulteriore denuncia per truffa e minaccia, commesse in un periodo recente. Questi elementi, uniti a un percorso criminale che si estendeva dal 2016 al 2024, delineavano un profilo ad alto rischio di recidiva.

La Decisione della Cassazione sull’Affidamento in Prova

Avverso la decisione del Tribunale di Sorveglianza, la difesa proponeva ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un difetto di motivazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione del giudice di merito.

Inammissibilità per Motivi di Fatto

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in una terza istanza di merito. Le doglianze della difesa, concentrate sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione della personalità del condannato, esulavano dal perimetro del controllo della Cassazione, che è limitato alla corretta applicazione della legge e alla logicità della motivazione.

Valutazione del Pericolo di Recidiva

Nel merito, la Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale di Sorveglianza immune da qualsiasi vizio logico o giuridico. La valutazione negativa sull’affidamento in prova non era arbitraria, ma ancorata a dati oggettivi e concreti che dimostravano una persistente pericolosità sociale e l’assenza di un processo di revisione critica del proprio passato criminale.

Le Motivazioni: Una Personalità Incompatibile con il Beneficio

La decisione si fonda su un ragionamento lineare e coerente. I giudici hanno sottolineato come la recente condanna per reati gravissimi e le nuove accuse per truffa e minaccia non fossero semplici precedenti, ma indicatori di un’attuale e concreta propensione a delinquere. Questo comportamento illecito, protrattosi fino a pochi mesi prima della decisione, dimostrava che la pena in esecuzione non aveva sortito alcun effetto deterrente o rieducativo. Anche il progetto lavorativo è stato ritenuto inidoneo: svolgere un’attività alle dipendenze della compagna, a sua volta co-indagata negli ultimi reati contestati, non offriva garanzie sufficienti a contenere il rischio di recidiva. Il Tribunale ha quindi concluso che la personalità del condannato e il contesto di vita non permettevano una prognosi favorevole circa la sua capacità di rispettare le prescrizioni dell’affidamento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza riafferma che la concessione delle misure alternative alla detenzione richiede un’attenta e rigorosa valutazione della personalità del condannato. Non è sufficiente l’assenza di un’attuale detenzione o la presentazione di un piano di lavoro per ottenere l’affidamento in prova. È necessario che il giudice acquisisca il convincimento, basato su elementi concreti, che il soggetto abbia intrapreso un percorso di cambiamento e che il rischio di ricaduta nel crimine sia contenuto. La presenza di carichi pendenti recenti e di condanne gravi, anche se non definitive, costituisce un ostacolo quasi insormontabile, poiché testimonia una pericolosità sociale ancora attiva che la misura alternativa non sarebbe in grado di gestire.

Per quale motivo è stato negato l’affidamento in prova al servizio sociale?
È stato negato a causa dell’elevato rischio di recidiva del condannato, desunto da una recente condanna a una pena severa per reati di droga, da nuovi procedimenti pendenti per truffa e minaccia, e da un percorso criminale continuo che dimostrava assenza di riflessione critica.

Il lavoro proposto dal condannato può influenzare la decisione sull’affidamento in prova?
Sì, in questo caso il lavoro proposto è stato un elemento negativo. Essendo alle dipendenze della compagna, co-indagata per altri reati, è stato ritenuto non idoneo a contenere l’elevato rischio di recidiva e a favorire un reale percorso di reinserimento.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su contestazioni relative alla valutazione dei fatti, che non sono di competenza della Cassazione, e perché il presunto difetto di motivazione del provvedimento impugnato è stato ritenuto inesistente, essendo la decisione del Tribunale di Sorveglianza logica e ben argomentata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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