Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15825 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15825 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI VENEZIA
avverso l’ordinanza del 29/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA
emessa nell’ambito del proc. a carico di
COGNOME nato il 17/03/1973
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Venezia, con l’ordinanza in preambolo, ha concesso a COGNOME libero in sospensione della pena ex art. 656, comma 5, cod. proc. pen., la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena di due anni e un mese di reclusione, di cui alla sentenza del Tribunale di Padova del 19/12/2017, per i reati di furto e tentata rapina commessi il 18/04/2014.
A ragione, il Tribunale riteneva fosse concedibile al Gashi l’ampia misura richiesta, stante la lontananza nel tempo dei reati in esecuzione, l’assenza di iscrizioni o pendenze e di condanne dopo la fruizione della detenzione domiciliare fino al 2021, e ricorrendone i presupposti oggettivi, a fronte della disponibilità di riferimenti abitativi e familiari importanti, ed essendo previsto lo svolgimento di attività riparativa fino al reperimento di una stabile attività lavorativa, oltre che la partecipazione ai corsi sulla legalità organizzati dall’UEPE.
Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia che chiede l’annullamento con rinvio del provvedimento, evidenziando l’importante storia criminale del COGNOME, che ha subìto plurime condanne per reati contro il patrimonio, falso, evasione ed altro; osserva poi come il condannato non svolga alcuna attività lavorativa, né risulti abbia mai intrapreso concrete iniziative finalizzate allo svolgimento di un lavoro regolare; sottolinea inoltre come non risulti alcuna, inequivoca, presa di coscienza sulla antigiuridicità del proprio passato deviante.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Giova premettere che ai fini della concessione di una misura alternativa alla detenzione non è sufficiente l’assenza di indicazioni negative, quali il mancato superamento dei limiti massimi, fissati per legge, della pena da scontare e l’assenza di reati ostativi, ma occorre che risultino elementi positivi, che consentano un giudizio prognostico favorevole della prova (quanto in particolare all’affidamento in prova) e di prevenzione del pericolo di recidiva. Tali
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considerazioni, peraltro, devono essere inquadrate alla luce del più generale principio per il quale l’opportunità del trattamento alternativo non può prescindere dall’esistenza di un serio processo, già avviato, di revisione critica del passato delinquenziale e di risocializzazione – che va motivatamente escluso attraverso il riferimento a dati fattuali obiettivamente certi -, oltre che dalla concreta praticabilità del beneficio stesso, essendo ovvio che la facoltà di ammettere a una misura alternativa presuppone la verifica dell’esistenza dei presupposti relativi all’emenda del soggetto e alle finalità rieducative. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, inoltre, il giudice, pur non potendo prescindere, nella valutazione dei presupposti per la concessione di una misura alternativa, dalla tipologia e gravità dei reati commessi, deve, tuttavia, avere soprattutto riguardo al comportamento e alla situazione del soggetto dopo i fatti per cui è stata inflitta la condanna in esecuzione, onde verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e condizioni che rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa (Sez. 1 n. 20469 del 23/04/2014, Canterini, e Sez. 1, n. 17021 del 09/01/15, Nucera). Lo svolgimento di attività lavorativa, pur rappresentando un mezzo di reinserimento sociale valutabile nel più generale giudizio sulla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, non costituisce da solo, qualora mancante, condizione ostativa all’applicabilità di detta misura, trattandosi di parametro apprezzabile unitamente agli altri elementi sottoposti alla valutazione del giudice di merito (Sez. 1, n. 5076 del 21/09/1999, COGNOME, Rv. 214424) e potendo tale requisito essere surrogato da un’attività socialmente utile anche di tipo volontaristico (Sez. 1, n. 18939 del 26/02/2013, E. A., Rv. 256024).
Il provvedimento impugnato fa buon governo dei principi giurisprudenziali menzionati.
Invero, nel valutare la personalità del condannato nell’ottica del suo reinserimento sociale e della sua rieducazione, il Tribunale a quo evidenzia che: il condannato non ha né pendenze né ulteriori iscrizioni; dopo la commissione del reato in espiazione, dall’ottobre 2020, ha mantenuto una condotta regolare; dispone di stabili riferimenti abitativi e familiari; si sta attivando per una attività riparativa fino al reperimento di una stabile attività lavorativa.
Il Tribunale ha quindi ritenuto che le emergenze procedimentali emerse nel corso del giudizio fossero sufficienti a fondare una positiva valutazione dei presupposti per l’accesso alla misura alternativa richiesta, tenuto anche conto del parere favorevole espresso dall’UEPE.
4. A fronte del percorso argomentativo sopra esposto, scevro da vizi logici e giuridici, posto dal Tribunale a fondamento della decisione, il Procuratore
generale, senza individuare alcun specifico vizio in seno all’ordinanza, rilevante ex
art. 606 cod. proc. pen., nel suo ricorso invita, nei termini sopra riportati, ad una mera rivalutazione, non consentita, degli elementi fattuali posti, correttamente e
coerentemente con i principi sopra menzionati, a fondamento della concessione della misura alternativa.
5. La natura pubblica della parte ricorrente osta alla condanna alle spese processuali, in deroga agli ordinari principi in materia di soccombenza (Sez. U, n.
3775 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271650-01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 23 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
MI Presidente