Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22532 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22532 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MESSINA il 20/01/1949 avverso l’ordinanza del 04/12/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di MESSINA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Messina ha rigettato la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale avanzata nell’interesse di NOME COGNOME ed ha concesso al medesimo la misura della detenzione domiciliare ex art. 47 ter comma 1 legge n.354 del 1975, trattandosi di soggetto ultrasetta nten ne.
In particolare il Tribunale riteneva l’istante, libero in sospensione in relazione alla residua pena di anni tre, mesi undici e giorni dodici di reclusione di cui alla sentenza di condanna del Tribunale di Messina del 07/06/2022, per il reato di tentato omicidio commesso il 18/10/2020, non meritevole di beneficiare della più ampia misura richiesta, in considerazione del disvalore sotteso al reato in espiazione, commesso in epoca recente, espressione di indole spiccatamente aggressiva, e non avendo il condannato risarcito la persona offesa.
Ricorre per cassazione Lucchesi, a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME denunziando violazione di legge e vizio della motivazione in merito al diniego della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Il Tribunale ha erroneamente ritenuto di respingere la richiesta di affidamento in prova valorizzando la gravità del reato commesso e la circostanza del mancato risarcimento, ed omettendo di valutare gli elementi positivi emergenti sia dalla relazione dell’UEPE che dalle informazioni di polizia. Tale decisione si pone in contrasto con il dato normativo e con i principi giurisprudenziali posti dalla Corte di legittimità, che è consolidata nel ritenere che il giudizio sull’ammissione della misura alternativa non possa focalizzarsi esclusivamente sulla natura e gravità del reato oggetto di condanna, né che il rigetto possa trovare fondamento nella mancata riparazione del danno.
Nel caso di specie, peraltro, il Tribunale ha omesso di considerare sia le positive informazioni di polizia, di cui alla nota della Questura di Messina del 17/03/2023, sia la relazione dell’UEPE del 09/10/2024, che evidenzia anche la disponibilità del condannato a svolgere attività riparativa.
Il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH Il ricorso è fondato.
Appare utile premettere che, attraverso la misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
In relazione alla peculiare finalità dell’affidamento, la giurisprudenza di questa Corte è uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione della misura, non possono, di per sé soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, la mancata ammissione di colpevolezza, o i precedenti penali, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (da ultimo, Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, M., Rv. 277924).
In particolare, è stato chiarito che, per il giudizio prognostico favorevole, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione deve costituire, unitamente ai precedenti (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062 – 01), alle pendenze e alle informazioni di P.S. (Sez. 1, n. 1970 dell’11/3/1997, COGNOME, Rv. 207998 – 01), il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01; Sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, COGNOME, Rv. 244322 – 01); si è anche precisato che, fra gli indicatori utilmente apprezzabili in tale ottica, possono essere annoverati l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985 – 01). Ed ancora è stato condivisibilnnente affermato che, in tema di affidamento in prova al servizio sociale, dovendosi il giudizio prognostico richiesto dalla legge fondare sui risultati dell’osservazione del comportamento del condannato, è viziata l’ordinanza del tribunale di sorveglianza che respinga la richiesta di applicazione della suddetta misura alternativa deducendo l’assenza di segni di ravvedimento esclusivamente dal mancato risarcimento, anche solo parziale, del danno, omettendo di considerare le concrete condizioni economiche del reo. (Fattispecie nella quale il condannato, titolare di un modesto reddito da lavoro destinato anche all’assolvimento
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degli obblighi familiari, si era dichiarato disponibile al versamento di una somma mensile, sia pur minima rispetto all’importo del risarcimento dovuto). (Sez. 1, n. 5981
del 21/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269033 – 01)
3.
Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata ha fondato interamente il convincimento finale sulla gravità del reato commesso e sul mancato risarcimento del
danno. Al contrario, sono stati sottovalutati espressamente molti altri fattori; in particolare, la motivazione censurata non prende in considerazione la situazione socio-
familiare del ricorrente, l’assenza di pendenze, l’ammissione delle proprie responsabilità e la disponibilità mostrata dal condannato a svolgere attività riparativa.
Su questi aspetti il Tribunale di sorveglianza non ha appuntato la sua attenzione, mentre la motivazione avrebbe dovuto affrontare anche questi temi, ponendoli
specialmente a raffronto con quelli valorizzati in termini negativi per respingere la richiesta di affidamento.
In sostanza, il Tribunale di Sorveglianza, nel ritenere gli elementi positivi risultanti dalla relazione dell’UEPE e dalle informazioni di polizia sub valenti rispetto alla gravità del fatto ed al mancato risarcimento nei confronti della vittima, ha omesso di condurre un’analisi fondata sulla valutazione dei parametri stabiliti dalla giurisprudenza nomofilattica ed innanzi richiamati; da un lato non vi è stato alcun approfondimento in ordine alle condizioni economiche del reo, né si è considerata la mostrata disponibilità ad attività riparative; dall’altro, il Tribunale, nel rivolgere la attenzione esclusivamente al passato, ha omesso di effettuare un’approfondita valutazione della condotta del condannato successiva al delitto e di analizzare i plurimi positivi elementi di valutazione evidenziati dalla Difesa.
L’accertata carenza della motivazione giustifica l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Messina per un nuovo esame, che dovrà essere eseguito nel rispetto dei principi che si sono enunciati.
P.Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Messina.
Così deciso il 16/04/2025