Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7700 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7700 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 02/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da NOME COGNOME, in espiazione della pena di anni 3 mesi 10 di reclusione per i delitti di estorsione aggravata e usura aggravata commessi fino al 18/11/2010 (con fine pena al 27/12/2024).
Osservava il Tribunale che dalla relazione comportamentale del 11.03.2023 fosse emerso che la condotta carceraria del COGNOME era stata regolare e si dava atto dell’impegno profuso nell’attività lavorativa e della adesione alle attività trattamentali propostegli (pur mancando il dato della effettiva partecipazione ad un laboratorio su Educazione all’alterità cui aveva chiesto di partecipare); la relazione valorizzava anche, in chiave positiva, la raggiunta capacità di adattamento al contesto carcerario e la costante preoccupazione per i figli ed il nucleo familiare complessivamente considerato. Il Tribunale, dopo avere dato atto che non erano stati segnalati elementi di collegamento con la criminalità organizzata, concludeva ritenendo necessaria la prosecuzione del trattamento intramurario, osservando come il G.O.T. non si fosse espresso in merito alla misura alternativa richiesta e che l’attività lavorativa proposta, di collaborazione esterna con la società a gestione famigliare della sorella e del padre del NOME, «non consentirebbe un adeguato controllo dello svolgimento effettivo della prova».
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso NOME, per il tramite del difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 4 bis e 47 ord. pen.
Si duole il ricorrente che il Tribunale, in contrasto con i principi che disciplinano la materia, abbia respinto la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale senza considerare la lontananza temporale dei fatti per i quali è intervenuta condanna, la circostanza che da allora il prevenuto ha mantenuto una condotta esemplare e, quanto alla condotta intramuraria, omettendo di valutare correttamente i molteplici indicatori, tutti positivi, sottolineati dallo stesso Tribunale.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME, ha chiesto l’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH Il ricorso è fondato.
Appare utile premettere che, attraverso la misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
In relazione alla peculiare finalità dell’affidamento, la giurisprudenza di questa Corte è uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione della misura, non possono, di per sé soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, la mancata ammissione di colpevolezza, o i precedenti penali, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 771 del 6/2/1996, Tron, Rv. 203988 – 01; Sez. 1, 19/11/1995, COGNOME, Rv. 203154 – 01).
In particolare, è stato chiarito che, per il giudizio prognostico favorevole, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione deve costituire, unitamente ai precedenti (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062 – 01), alle pendenze e alle informazioni di P.S. (Sez. 1, n. 1970 dell’11/3/1997, COGNOME, Rv. 207998 – 01), il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01; Sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, COGNOME, Rv. 244322 – 01); si è anche precisato che, fra gli indicatori utilmente apprezzabili in tale ottica, possono essere annoverati l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985 – 01).
E’ infine principio consolidato quello per cui non configura una ragione ostativa la mancata ammissione degli addebiti; occorre invece valutare se il condannato abbia accettato la sentenza e la sanzione inflittagli, in quanto ciò che assume rilievo è l’evoluzione della personalità successivamente al fatto nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001; più recentemente sez. 1, n. 10586 del 08/02/2019).
Dai principi poc’anzi enunciati deve inferirsi che la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta contraddittoria avendo, da un lato messo in luce plurimi elementi positivi nel contegno post delictum di COGNOME, pervenendo poi, in modo illogico, al rigetto dell’istanza sulla base dell’assenza del parere del G.O.T., e per l’asserita inidoneità delle modalità descritte nel programma risocializzante rispetto alla effettuazione di controlli in ordine allo svolgimento della prova.
Il Tribunale di Sorveglianza deprime la valenza degli elementi di segno positivo, omettendo di condurre un’analisi fondata sulla valutazione dei parametri stabiliti dalla giurisprudenza nonnofilattica ed innanzi richiamati, ed in particolare omette di effettuare un’approfondita valutazione della condotta del condannato successiva al delitto, molto risalente, ed omette di valutare la sussistenza del pericolo di reiterazione di reati.
Generica appare poi l’affermazione della “non controllabilità” dell’attività risocializzante presso la società RAGIONE_SOCIALE, non avendo chiarito il Tribunale le ragioni per le quali le modalità di svolgimento di detta attività lavorativa si paleserebbero in concreto inidonee rispetto allo svolgimento degli opportuni controlli.
L’accertata carenza della motivazione giustifica l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma, per un nuovo esame, che dovrà essere eseguito nel rispetto dei principi che si sono enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso il 02/11/2023