Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4618 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4618 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 23/01/1991
avverso l’ordinanza del 10/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato che:
l’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato;
«ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174, conforme Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602).
deve essere considerato e ribadito, che «in tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, déll’accoglimento o del rigett dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato» (Sez. 1, Sentenza n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924).
le fonti di conoscenza che il Tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare sono sia il reato commesso, i precedenti penali, le pendenze processuali e le informazioni di polizia sia anche la condotta carceraria ed i risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, onde verificare la sussistenza di elementi positivi che facciano ragionevolmente ritenere la proficuità dell’affidamento, quali l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti passate, l’adesione ai valori socialmente condivisi,
l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella misura reputata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il pericolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745);
il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinamentale sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata;
rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, delle misure alternative – alla cui base vi è la comune necessità di una prognosi positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un unitario accertamento (Sez. 1, n. 16822 del 20/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284500) – e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto;
le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, COGNOME, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio;
nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso l’istanza di ammissione alla più ampia misura dell’affidamento in prova al servizio sociale sul rilievo che non sono emersi elementi di novità rispetto alla precedente ordinanza di rigetto del 14 dicembre 2023 con la quale era stata valorizzata una precedente condotta di evasione risalente al 2020, ossia in epoca successiva ai fatti in espiazione, la manomissione del braccialetto elettronico, la successiva latitanza terminata il 29 settembre 2022;
alla luce di tali elementi è stata ritenuta necessaria una ulteriore permanenza in osservazione intramuraria;
a fronte di un giudizio scevro da vizi logici e saldamente ancorato alle emergenze procedimentali, il ricorrente articola due motivi manifestamente infondati in quanto tesi a contestare, da un lato, il legittimo esercizio del potere giurisdizionale come disciplinato dalla normativa vigente (primo motivo) e ad eccepire la mancata disamina della relazione positiva dell’UEPE, mentre la stessa
è stata considerata e motivatamente disattesa alla luce del (recente) comportamento complessivamente negativo del condannato;
ritenuto che il ricorrente si pone, a ben vedere, in un’ottica di mera confutazione, che non riesce ad individuare fratture logiche nel ragionamento sotteso alla decisione impugnata;
considerato che:
il provvedimento impugnato resiste, pertanto, alle censure difensive, in quanto legittima manifestazione della discrezionalità riconosciuta al Tribunale di sorveglianza in vista della delibazione dell’istanza del condannato che, nella fattispecie, è stata rigettata sulla scorta di argomentazioni aliene da qualsivoglia deficit di linearità o coerenza razionale;
pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/12/2024