Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21152 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21152 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/COGNOME le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 4 luglio 2023 del Tribunale di sorveglianza di Roma, che ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta di applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare e ha rigettato la richiesta di applicazione della misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, con riferimento alla residua pena di anni due, mesi nove e giorni ventisette di reclusione di cui al provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma del 14 dicembre 2021.
Il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che la misura della detenzione domiciliare non poteva essere concessa, poiché la pena residua era superiore al limite stabilito all’art. 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, e che non vi erano elementi utili alla concessione dell’affidamento in prova.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 47 Ord. pen. e 111 Cost., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe erroneamente affermato che la società dove il ricorrente avrebbe dovuto svolgere l’attività lavorativa indicata era inattiva, mentre dalla documentazione allegata (in particolare, dalla relazione tecnica del commercialista) emergeva la piena operatività della predetta società, la quale avrebbe avviato nel 2019 la sua attività relativa alla compravendita on line di prodotti tecnologici e per l’informatica.
Da tale data, infatti, la società aveva presentato la dichiarazione dei redditi, aveva corrisposto oneri previdenziali e aveva emesso regolari fatture.
L’inattività riscontrata dal giudice di merito era dovuta quindi solo a questioni meramente formali, visto che non era stato comunicato l’inizio della sua attività alla RAGIONE_SOCIALE.
Secondo il ricorrente, infine, il Tribunale di sorveglianza, dopo aver dato atto che dalla lettura della relazione di sintesi erano emersi elementi di carattere positivo per l’accoglimento dell’istanza, avrebbe in maniera del tutto illogica rigettato la richiesta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
L’ordinanza impugnata, infatti, non ha fatto corretta applicazione al caso di specie del principio di diritto, affermato da questa Corte con riferimento all’affidamento in prova in casi particolari ma valido – stante l’identità di ratio e di presupposti – per tutte le misure alternative alla detenzione in carcere previste dagli artt. 47 e segg. Ord. pen., secondo cui, con tale istituto, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa.
I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali e nelle pendenze processuali (Sez. 1, n. 1812 del 04/03/1999, COGNOME, Rv. 213062), nelle informazioni di polizia (Sez. 1, n. 1970 del 11/03/1997, COGNOME, Rv. 207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, posto che in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra.
Nel caso di specie il Tribunale non ha tenuto conto che i reati sono molto risalenti e cheerafini i per come risulta dal comportamento detentivo per un anno e mezzo f si era allontanato dalla mentalità che lo aveva indotto a delinquere.
La documentazione prodotta da COGNOME dimostrava che l’operatività della società si era interrotta proprio a causa dell’intervenuta detenzione del ricorrente.
Sul punto inerente il rigetto dell’istanza di affidamento in prova, pertanto, vi è una carenza di motivazione del provvedimento impugnato, che avrebbe dovuto confrontarsi con tali risultanze documentali.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte deve annullare con rinvio l’ordinanza impugnata, limitatamente alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso il 01/02/2024