Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34592 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34592 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso proposto da NOME e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che le censure articolate a nell’unico motivo di impugnazione non superano il vaglio preliminare di ammissibilità in quanto sollecitano, nella sostanza, non consentiti apprezzamenti di merito e, laddove pongono questioni giuridiche, risultano manifestamente infondate o generiche.
1.1. E’ pacifico in tema di affidamento in prova che, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, per la concessione delle misure alternative è, tuttavia, necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile, ai fini della valutazione sia dell’adeguatezza del beneficio alla risocializzazione del condannato sia della idoneità a fronteggiare il pericolo di recidiva, l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi. Non può richiedersi, invece, pretendersi la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, NOME, Rv. 277924; Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174).
Il Tribunale di sorveglianza, nell’esaminare le informazioni e le relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del condannato, non è, in alcun modo, vincolato dai giudizi di idoneità ivi espressi, ma è tenuto soltanto a considerare le riferite informazioni sulla personalità e lo stile di v dell’interessato, parametrandone la rilevanza ai fini della decisione alle istanze rieducative e ai profili di pericolosità dell’interessato, secondo il criterio d gradualità nella concessione di benefici penitenziari che governa l’ammissione ai benefici penitenziari (Sez. 1, n. 23343 del 23/3/2017, Arzu, Rv. 270016); detto criterio, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario specie quando risulta documentato un non irrilevante vissuto criminale (Sez. 1, n. 5689/99 del 18/11/1998, Foti, Rv. 212794).
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1.2. L’ordinanza impugnata ha fatto buon governo degli illustrati principi. Nell’ambito dei poteri di valutazione discrezionale in ordine alla concessione dei benefici di cui al capo VI della legge 26.7.1975 n. 354, ha ritenuto il condannato non meritevole della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale per la concreta inidoneità del beneficio ad impedire la commissione di nuovi fatti illeciti, oltre che ad agevolare il reinserimento sociale, ragionevolmente apprezzando come sintomatica non solo la particolare gravità dei fatti reato, connotati da estrema violenza, ma soprattutto l’epoca recente in cui erano stati commessi, i motivi non chiariti ma correlati a “rabbia vendicativa”, che avevano spinto il condannato ad agire, il pieno coinvolgimento dei suoi familiari e di altri connazionali tutti abitanti nel contesto ambientale in cui NOME avrebbe svolto l’invocata misura alternativa se concessa e, infine il limitato livello di maturazione critica raggiunto, per come descritto nel relazione di sintesi, che, significativamente non aveva nemmeno indicato il percorso esterno utilmente praticabile.
Lungi dall’ignorarli, il Tribunale ha preso in esame i fattori positivi, alleg dalla difesa e riproposti in questa sede e li ha ritenuti, anche se desunti dall relazione di sintesi, recessivi rispetto a quelli, di segno contrario, post fondamento della prognosi sul pericolo di recidivanza.
A tali argomentazioni, logiche e coerenti, oltre che fondate su atti specificamente indicati, il ricorrente ne oppone altre prospettate come più plausibili attraverso una rilettura alternativa delle emergenze probatorie, operazione quest’ultima pacificamente non consentita in sede di legittimità.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 1 luglio 2024.