Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45898 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45898 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Palermo il 01/01/1993
avverso l’ordinanza del 04/04/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Palermo udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Palermo, con ordinanza in data 4 aprile 2024, ha rigettato l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 ord. pen. proposta da NOME COGNOME e ha dichiarato inammissibili le richieste di detenzione domiciliare e di semilibertà.
Il Tribunale, pure dando atto degli esiti sostanzialmente positivi dell’istruttoria compiuta (il domicilio è idoneo, il condannato ha tenuto in carcere una condotta regolare e ha frequentato il primo biennio del corso da odontoiatra, il titolare di una ditta di trasporti si è dichiarato disponibile ad assumerlo, è stata prospettata un’attività di volontariato e il condannato ha ammesso le proprie responsabilità, seppure addebitandole ad amicizie sbagliate), ha ritenuto che allo stato la rilettura compiuta dall’interessato, condannato per il reato di rapina aggravata in concorso, non sia sufficiente e che, piuttosto, appare opportuno procedere gradualmente con la fruizione progressiva di maggiori spazi di libertà attraverso gli istituti del lavoro esterno ex art. 21 ord. pen. e la concessione di
permessi premio ex art. 30 ord. pen.
La richiesta di applicazione della detenzione domiciliare è stata dichiarata inammissibile in quanto la pena in esecuzione è riferibile a un reato di cui all’art. 4 bis ord. pen.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il condannato che, a mezzo del difensore di fiducia, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Vizio di motivazione in relazione al rigetto della richiesta di applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale. Nel primo motivo la difesa rileva che il provvedimento impugnato sarebbe manifestamente illogico in quanto le considerazioni poste a fondamento del rigetto, la gravità del reato e l’inadeguatezza della rilettura effettuata, non sarebbero coerenti e non terrebbero nel dovuto conto degli elementi concreti e positivi che sono emersi dall’istruttoria effettuata.
3.2. Nel secondo motivo la difesa eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 47 ter, comma 1 bis, ord. pen. in relazione agli artt. 2, 3, comma 2, e 27 cost. nella parte in cui, in caso di condanna per reati di cui all’art. 4 bis ord. pen., esclude l’applicabilità della misura alternativa della detenzione domiciliare per l’espiazione della pena detentiva inflitta non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena.
Il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta pervenuta il 24 giugno 2024, ha chiesto che il ricorso rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
i. Il ricorso è infondato.
Nel primo motivo la difesa deduce il vizio di motivazione in relazione al rigetto della richiesta di applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale.
La doglianza è infondata.
La misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale è la forma di esecuzione della pena esterna al carcere che l’ordinamento prevede per i condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, è possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura stessa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
In tale prospettiva il Tribunale di sorveglianza è tenuto a fare riferimento alle fonti di conoscenza che la dottrina e la giurisprudenza indicano nel reato
commesso, che è comunque il punto di partenza della valutazione, nei precedenti penali, nelle pendenze processuali, nelle informazioni di polizia ma anche, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, elementi questi particolarmente significativi a livello prognostico in quanto in queste specifiche risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra (Sez. 1, n. 7873 del 18/12/2023, dep. 2024, COGNOME Rv. 285855 01).
Questa Corte, d’altro canto, ha da tempo enunciato il principio secondo il quale «ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale, non configura una ragione ostativa la mancata ammissione degli addebiti; occorre invece valutare se il condannato abbia accettato la sentenza e la sanzione inflittagli, in quanto ciò che assume rilievo è l’evoluzione della personalità successivamente al fatto nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale» (cfr. Sez. 1, n. 10586 del 08/02/2019, COGNOME, Rv. 274993-01; Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001; cfr. Sez. 1, n. 13445 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 255653-01).
Una delle condizioni fondamentali ai fini della concessione dell’affidamento in prova, pertanto, è che sia stato positivamente avviato il processo di revisione critica dei disvalori che hanno determinato la condotta deviante (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, COGNOME, Rv. 189375 – 01).
Questa valutazione non può prescindere dalla ricognizione degli elementi di giudizio che si ricavano, anzitutto, dalle relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del condannato di cui il giudice, pur non essendo vincolato alle considerazioni ivi espresse, deve comunque apprezzare valutando le informazioni riferite, parametrandone la rilevanza ai fini della decisione alle istanze rieducative sottostanti la misura e ai profili di pericolosità residua dell’interessato (cfr. Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Arzu, Rv. 270016).
Il Tribunale di sorveglianza, d’altro canto, pure quando siano emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, per verificare la attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre con la concessione delle stesse, soprattutto se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere e della verosimile contiguità con ambienti delinquenziali di elevato livello (Sez. 1, n. 27264 del 14/01/2015, Sicari, Rv. 264037).
2.1. Nel caso di specie il Tribunale si è conformato ai principi indicati.
Come evidenziato dal Procuratore generale, infatti, il giudice della
sorveglianza, dato comunque conto di avere preso in considerazione i recenti dati positivi che sono emersi nel comportamento del detenuto, ha esposto le ragioni per le quali ha ritenuto che – a fronte della gravità del reato in espiazione e dei procedimenti pendenti, relativi a reati commessi prima di quello in espiazione pena – fosse necessario un ulteriore periodo di osservazione, per accertare un effettivo inizio di revisione critica del proprio comportamento, e l’esperimento di esperienze premiali, al fine di verificare la capacità del detenuto di adeguarsi alle regole ed alle prescrizioni imposte con misure alternative alla detenzione in carcere.
La motivazione così resa sul punto, formulata in termini adeguati e coerenti, risulta giuridicamente corretta e non è sindacabile in questa sede in quanto i riferimenti alla gravità del reato commesso o ai precedenti penali e giudiziari del condannato o al comportamento da lui tenuto prima o dopo la custodia cautelare, come in precedenza indicato, ben possono essere utilizzati come elementi che concorrono alla formazione del convincimento circa la praticabilità della misura alternativa.
Ciò anche considerato che il solo mantenimento di una condotta positiva, anche in ambiente libero, non è di per sé determinante e deve essere valutato nell’ambito di un giudizio globale di tutti gli elementi emersi dalle indagini esperite e dalle informazioni assunte nel quale il Tribunale può, come fatto nel caso di specie, ritenere di dare prevalenza al criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari che, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, soprattutto in presenza di alcuni reati, risponde a un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario (Sez. 1 sentenza n.15064 del 6.3.2003, Rv. 224029 – 01).
3. Nel secondo motivo la difesa chiede a questa Corte di sollevare questione di illegittimità costituzionale dell’art. 47 ter, comma 1 bis, ord. pen. in relazione agli artt. 2, 3, comma 2, e 27 cost. nella parte in cui, in caso di condanna per reati di cui all’art. 4 bis ord. pen., esclude l’applicabilità della misura alternativ della detenzione domiciliare per l’espiazione della pena detentiva inflitta non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena.
La richiesta, peraltro formulata in termini generici, non può essere accolta in quanto la questione è manifestamente infondata.
Sulla medesima questione, sollevata da questa Corte (Sez. 1, n. 9126 del 18/02/2019, Marchi, Rv. 274883 – 01), infatti, si è già espressa la Corte costituzionale che, con sentenza n. 50 del 2020, l’ha “dichiarata non fondata”.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12 settembre 2024
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Il Presidente