Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14502 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14502 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI MESSINA nel procedimento a carico di COGNOME NOME nato a LIPARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato, in linea generale, che l’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato;
che il giudizio in merito alla ammissione all’affidamento si fonda, dunque, sull’osservazione dell’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto -reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale: è infatti consolidato, presso la giurisprudenza di legittimità, l’indirizzo ermeneutico secondo cui «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non potendo prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e dai procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la condotta successivamente serbata dal condannato» (Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S., Rv. 273985), in tal senso deponendo il tenore letterale dell’art. 47, commi 2 e 3, legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui condiziona l’affidamento al convincimento che esso, anche attraverso le prescrizioni impartite al condannato, contribuisca alla sua rieducazione ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati;
che, dunque, il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, NOME, Rv. 202413);
che, se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella misura reputata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena -diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il pericolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745);
che il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia
ordinamentale sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata;
che rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, delle misure alternative – alla cui base vi è la comune necessità di una prognosi positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un unitario accertamento (Sez. 1, n. 16442 del 10/02/2010, Pennacchio, Rv. 247235) e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto;
che le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caroso, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio;
che, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso l’istanza di ammissione alla più ampia misura dell’affidamento in prova al servizio sociale sul rilievo che COGNOME – soggetto rispetto al quale è riscontrabile una, seppur residua, pericolosità sociale, tenuto conto del curriculum criminale e dei procedimenti ancora pendenti a suo carico, ancorché relativi a fatti non recenti -ha avviato un percorso di revisione critica del proprio operato che, tuttavia, è ancora embrionale e necessita di essere consolidato, ma ha ritenuto, al contempo, di ammetterlo alla detenzione domiciliare in considerazione del ridotto quantum di pena da espiare e della circostanza che, a partire dal 2021, egli sembra avere avviato, anche attraverso l’impegno profuso in ambito lavorativo, un graduale percorso di reinserimento sociale;
che, a fronte di un giudizio scevro da vizi logici e saldamente ancorato alle emergenze procedimentali, il ricorrente si limita ad evidenziare le circostanze -attinenti alla perdurante pericolosità del condannato in ragione dei pregiudizi e delle pendenze da lui annoverati – che, a suo modo di vedere, dimostrerebbero l’insussistenza delle condizioni per l’ammissione alla prescelta misura alternativa;
ritenuto che il ricorrente si pone, a ben vedere, in un’ottica di mera confutazione, che non riesce ad individuare fratture logiche nel ragionamento sotteso alla decisione impugnata, incentrato sul parziale avvio di un effettivo processo di emenda e, di conseguenza, sull’attuale inidoneità dell’affidamento in prova, nonché sul vaglio di adeguatezza, al fine di scongiurare la commissione di altri illeciti, della misura alternativa della detenzione domiciliare;
che il provvedimento impugnato resiste, pertanto, alle censure difensive, in quanto legittima manifestazione della discrezionalità riconosciuta al Tribunale di sorveglianza in vista della delibazione dell’istanza del condannato che, nella fattispecie, è stata rigettata sulla scorta di argomentazioni aliene da qualsivoglia deficit di linearità o coerenza razionale e tenendo conto anche di quanto emerso
in ordine alle concrete possibilità di reinserimento sociale del condannato, c sono state delibate alla luce del preminente fattore rappresentato dal manifestata volontà di impegnarsi in un percorso di cambiamento, volontà questa comprovata dall’assenza di procedimenti pendenti relativi a fatti recenti che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 22/02/2024.