Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23415 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23415 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con l’ordinanza in preambolo, ha respinto l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), formulata da NOME COGNOME, in relazione alla pena residua di nove mesi e diciassette giorni di reclusione, irrogata a fronte del reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti commesso nel 2017.
A ragione della decisione il Tribunale ha valorizzato le condanne e i carichi pendenti di cui il condannato è risultato gravato, la mancanza di attività lavorativa ovvero di altre prospettive risocializzanti, infine l’inidoneità d domicilio al fine di rendere eseguibile la misura, trattandosi di abitazione posta in mezzo a fitta vegetazione e in condizioni precarie.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia e, con un unico motivo, deduce la violazione dell’art. 47 Ord. pen. e i correlati vizi d’illogicità manifesta, contraddittorietà e, comunque, carenza della motivazione
Il Giudice specializzato avrebbe adottato il provvedimento in assenza della necessaria istruttoria, finalizzata alla verifica della personalità della ricorrente in particolare, ha trascurato il comportamento ineccepibile serbato per i sei anni successivi al fatto per il quale è stato condannato.
Lamenta altresì il vizio d’illogicità della motivazione in punto di affermata assenza di attività lavorativa (invece attestata da busta paga, allegata al ricorso ai fini dell’autosufficienza) e di un’idonea abitazione.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con conclusioni scritte pervenute il 2 gennaio 2024, ha prospettato la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
La base argomentativa offerta dal Tribunale al provvedimento reiettivo della misura dell’affidamento in prova evidenzia i lamentati profili di carenza e illogicità.
Appare utile premettere che, attraverso la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di
condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
Sulla peculiare finalità dell’affidamento, la giurisprudenza di questa Corte è uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione della misura, non possono, di per sé soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna e í precedenti penali, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato» (da ultimo, Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, M., Rv. 277924).
In particolare, è stato chiarito che, per il giudizio prognostico favorevole, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione deve costituire, unitamente ai precedenti (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062), alle pendenze e alle informazioni di Pubblica Sicurezza (Sez. 1, n. 1970 dell’11/3/1997, Caput’, Rv. 207998), il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva (su questo specifico aspetto cfr. Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, Incarbone, Rv. 264602). Si è inoltre precisato che, fra gli indicatori utilmente apprezzabili in tale ottic possono essere annoverati l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985). In ogni caso non può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924; Sez. 1, n. 773 del 3.12.2013, dep. 10/1/2014, Naretto, Rv. 258402).
Neppure è superfluo ricordare che, muovendo dai risultati delle attività di carattere istruttorio che il tribunale di sorveglianza ha il potere-dovere di compiere ai sensi dell’art. 47 Ord. pen., in relazione all’art. 96 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, nella sintesi conclusiva che è chiamato a compiere – pur non
prescindendo dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione (quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto) e sempre valutando in via primaria la condotta successivamente serbata dal condannato attraverso l’indispensabile esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, onde assolvere all’esigenza di accertare l’assenza di indicazioni negative ed anche l’evenienza di elementi positivi tali da consentire il giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (su questo specifico aspetto cfr. Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, Incarbone, Rv. 264602) – può fare ragionata applicazione del principio di gradualità nell’iter finalizzato alla concessione, al contempo, puntuale e proficua delle misure alternative alla detenzione.
In tal senso, si deve ribadire – nell’alveo di una consolidata elaborazione in tema di gradualità della concessione dei benefici penitenziari che, pur non costituendo una regola assoluta è codificata, risponde a un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative di previsione cui è ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario (cfr. Sez. 1 n. 22443 del 17/01/2019, COGNOME, Rv. 267213; Sez. 1 n. 27264 del 14/01/2015, COGNOME, Rv. 264037; Sez. 1 n. 15064 del 06/03/2003, COGNOME, Rv. 224029) – che, prima di ammettere il condannato a misure alternative alla detenzione, il tribunale di sorveglianza, anche quando rilevi l’emersione di elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali onde verificare la concreta attitudine del medesimo ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre, poi, con la concessione delle misure stesse.
Ciò è tanto più giustificato quanto più i reati commessi siano sintomatici di una non irrilevante capacità a delinquere e/o della verosimile contiguità con ambienti delinquenziali di elevato livello.
Il giudice specializzato, nel caso che ci occupa, si è discostato dai sunteggiati principi.
La prognosi di recidiva è stata, invero, formulata esclusivamente sulla base della condanna con riferimento alla quale è stata chiesta la misura alternativa alla detenzione, mentre è stata omessa qualsiasi osservazione della personalità del condannato e si è trascurato di acquisire l’indagine socio-farniliare a cura dell’Uepe; indagine tanto più doverosa a fronte delle perplessità manifestate dallo stesso Tribunale sull’idoneità dell’abitazione e sullo svolgimento di attività lavorativa, quest’ultima invece attestata dall’interessato con l’allegazione della busta paga relativa al contratto di lavoro a tempo indeterminato presso il Comune di Roma.
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L’affidamento in prova è stato, dunque, negato sulla mera scorta delle condanne (arrestatesi al 2018) e in conformità a una valutazione d’inidoneità del domicilio non giustificata da esigenze previste dalla legge ovvero connesse, in concreto, alla funzione della misura.
A tale ultimo proposito, è ben vero che l’affidamento in prova al servizio sociale presuppone la continua reperibilità dell’interessato, sia prima dell’applicazione del beneficio che nel corso dell’esecuzione dello stesso, perché soltanto tale condizione consente il contatto diretto fra la persona fisica dell’affidato e il servizio sociale cui, ai sensi dell’art. 47, comma 9, Ord. per compete di controllare la condotta del soggetto e di aiutarlo a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale (Sez. 1, n. 4322 del 24/06/1996, Messina; Sez. 1, n. 4023 del 14/10/1992, COGNOME) e che è, a tal fine, imprescindibile che il condannato che richiede la misura abbia una dimora o un domicilio effettivo.
E, tuttavia, osserva il Collegio, così individuata la funzione del domicilio, la sua idoneità non poteva essere esclusa – come ha fatto il Tribunale di sorveglianza – sol perché si tratta di un’abitazione di campagna, ma doveva essere valutata in concreto, in relazione all’osservanza e al controllo delle prescrizioni da imporre al condannato, riguardanti appunto la fissazione di una dimora, i rapporti con il servizio sociale, la libertà di locomozione, il divieto certe frequentazioni, il lavoro da svolgere, e quant’altro eventualmente necessario, in concreto, a prevenire un pericolo di recidiva.
Per tali ragioni il provvedimento impugnato dev’essere annullato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma che, libero negli esiti, si atterrà a suindicati principi di diritto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso, il 14 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente