Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7782 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7782 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Milano il 19/06/1955
avverso l’ordinanza emessa il 22/05/2024 dal Tribunale di sorveglianza di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha
chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 22 maggio 2024 il Tribunale di sorveglianza di Venezia concedeva a NOME COGNOME il beneficio penitenziario della detenzione domiciliare e contestualmente rigettava l’istanza di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, che erano state presentate congiuntamente dal condannato.
Queste misure alternative alla detenzione erano state richieste da NOME COGNOME in relazione alla pena detentiva che il condannato doveva scontare per effetto del provvedimento di cumulo emesso il 21 febbraio 2022 dalla Procura generale presso la Corte di appello di Venezia, che aveva quantificato la pena eseguibile in due anni.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME ricorreva per cassazione, articolando un’unica censura difensiva.
Con tale doglianza, in particolare, si deducevano la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), conseguente alla ritenuta insussistenza dei presupposti del beneficio penitenziario dell’affidamento in prova al servizio sociale, che erano stati valutati dal Tribunale di sorveglianza di Venezia con un percorso argomentativo incongruo, esclusivamente ancorato alla mancanza di risarcimento dei danni provocati dal condannato alle due persone offese dei reati che erano stati posti in esecuzione.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Osserva il Collegio che il ricorso di NOME COGNOME non individua singoli profili del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, ma tende a provocare la rivalutazione dei presupposti per la concessione del beneficio penitenziario dell’affidamento in prova al servizio sociale, che risultano vagliati dal Tribunale di sorveglianza di Venezia in conformità delle risultanze processuali e delle informazioni acquisite.
Il Tribunale di sorveglianza di Venezia, invero, valutava correttamente gli elementi informativi di cui disponeva, sui quali si soffermava con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione della legge penitenziaria,
formulando un giudizio prognostico adeguato sulla personalità di NOME COGNOME la cui elevata caratura criminale, attestata dai reati posti in esecuzione e dalla sua condizione di pregiudicato – tra l’altro, per delitti fallimentari, truffe falsi – non consentiva la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale invocato.
Rispetto a questo giudizio negativo, la mancanza di risarcimento dei danni provocati dal condannato alle persone offese dai reati posti in esecuzione nei suoi confronti non costituiva un elemento di valutazione decisivo ai fini del respingimento del beneficio penitenziario di cui all’art. 47 Ord. pen., ma veniva correttamente correlato al compendio informativo acquisito dal Tribunale di sorveglianza di Venezia, valutato unitariamente.
Il giudizio prognostico negativo, dunque, si riteneva corroborato dalla personalità criminale di NOME COGNOME nel cui contesto, a pagina 2 del provvedimento impugnato, si evidenziava che «il profilo soggettivo del reo, desumibile dalla condanna in esecuzione e dai precedenti penali, unito al rilievo che non vi è stata alcuna iniziativa risarcitoria nei confronti delle due persone offese rende necessaria una misura alternativa con maggiore contenuto afflittivo».
Il Tribunale di sorveglianza di Venezia, pertanto, valutava correttamente gli elementi informativi di cui disponeva, fondando il giudizio prognostico negativo nei confronti di COGNOME su una valutazione complessiva della sua personalità criminale, che appare rispettosa della giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui, ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non «potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602 01).
Né potrebbe essere diversamente, atteso che costituisce espressione di un orientamento ermeneutico parimenti consolidato, pienamente rispettato nel caso di COGNOME, il principio secondo cui, ai fini della concessione dell’affidamento i prova al servizio sociale, non si può prescindere dal vaglio dei comportamenti del condannato, antecedenti e susseguenti alla commissione dei reati in espiazione, in funzione della valutazione prognostica del beneficio penitenziario richiesto. Tale vaglio deve essere effettuato tenendo conto del processo di revisione critica
(-
seguito dall’istante, indispensabile per la formulazione di un giudizio sul suo reinserimento sociale, su cui, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza di Venezia si esprimeva, correttamente, in termini negativi (tra le altre, Sez. 1, n. 10586 del 08/02/2019, COGNOME, Rv. 274993 – 01; Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001 – 01; Sez. 1, n. 18388 del 20/02/2008, COGNOME, Rv. 240306 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 1’8 gennaio 2025.