Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4649 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4649 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PERUGIA il 13/12/1967
avverso l’ordinanza del 13/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato che:
l’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato;
«ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174, conforme Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602).
deve essere considerato e ribadito, che «in tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del rigett dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato» (Sez. 1, Sentenza n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924).
le fonti di conoscenza che il Tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare sono sia il reato commesso, i precedenti penali, le pendenze processuali e le informazioni di polizia sia anche la condotta carceraria ed i risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, onde verificare la sussistenza di elementi positivi che facciano ragionevolmente ritenere la proficuità dell’affidamento, quali l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti passate, l’adesione ai valori socialmente condivisi,
l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, COGNOME, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio;
ritenuto che:
nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso l’istanza di ammissione alla misura alternativa valorizzando la ricaduta nella devianza in epoca recente successivamente alla commissione di gravissimi reati che lo avevano portato a subire un lungo periodo di detenzione, in uno con le pessime informazioni provenienti dai Carabinieri;
a fronte di un giudizio scevro da vizi logici e saldamente ancorato alle emergenze procedimentali, il ricorrente si limita ad evidenziare circostanze articolate in punto di mero fatto ponendosi in una prospettiva di mera confutazione inidonea ad individuare fratture logiche nel ragionamento sotteso alla decisione impugnata, articolando due motivi di ricorso in termini di violazione di legge e vizio di motivazione in ragione della genericità della informazioni dei Carabinieri e segnalando indicazioni non decisive, quale l’intervenuta assoluzione per il delitto di ricettazione del 2016;
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/12/2024.