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Affidamento in prova: valutazione del rischio sociale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo anziano a cui era stato negato l’affidamento in prova. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, basata su un giudizio di pericolosità sociale derivante da un carico pendente e dall’assenza di un’attività lavorativa stabile, è stata ritenuta espressione di un potere discrezionale correttamente motivato e non sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi logici manifesti, qui assenti.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: Quando la Pericolosità Sociale Prevale sull’Età

La concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta un momento cruciale nel percorso di esecuzione della pena, mirando al reinserimento del condannato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 12151/2024) ha ribadito i principi che governano la valutazione del giudice, sottolineando come la discrezionalità nella formulazione del giudizio prognostico sulla pericolosità sociale sia centrale, anche di fronte a elementi apparentemente favorevoli come l’età avanzata del richiedente.

I Fatti del Caso: Tra Richiesta di Prova e Rischio Sociale

Il caso riguardava un uomo ultrasettantenne che, dopo una condanna, aveva richiesto di essere ammesso all’affidamento in prova. Il Tribunale di Sorveglianza di Trento, pur concedendogli la detenzione domiciliare in virtù dell’età e delle condizioni di salute, aveva rigettato la richiesta di affidamento.

La decisione del Tribunale si fondava su un’analisi approfondita che, se da un lato riconosceva la collaborazione dell’uomo con i servizi sociali e la sua volontà di intraprendere un percorso psicologico, dall’altro evidenziava elementi di rischio ritenuti incompatibili con la misura più ampia. In particolare, il giudice di sorveglianza aveva dato peso a due fattori: l’esistenza di un procedimento penale pendente a carico dell’uomo e l’assenza di una stabile attività lavorativa. Questi elementi, valutati congiuntamente, avevano portato a formulare un giudizio di significativa pericolosità sociale, tale da non consentire una prognosi favorevole circa il successo della misura alternativa.

L’Affidamento in Prova e la Discrezionalità del Giudice

La difesa del condannato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la motivazione del Tribunale fosse viziata. Secondo il ricorrente, l’assenza di un’attività lavorativa non è un requisito indispensabile per l’affidamento, e la sola esistenza di un carico pendente non sarebbe sufficiente a giustificare un diniego. Si lamentava, inoltre, che il giudice non avesse considerato adeguatamente la condotta successiva al reato e il comportamento tenuto durante gli arresti domiciliari.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza dell’operato del Tribunale di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno chiarito che il ricorso si limitava a contestare nel merito la valutazione dei fatti, senza evidenziare un vero e proprio vizio di legittimità (cosiddetto ricorso “confutativo”).

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di esecuzione della pena:
1. Valutazione Discrezionale: Il giudizio sull’idoneità di una misura alternativa a raggiungere le finalità di rieducazione e prevenzione rientra nella sfera di ampia discrezionalità del giudice di sorveglianza. Tale valutazione, se sorretta da una motivazione logica e coerente, non è censurabile in sede di legittimità.
2. Giudizio Prognostico Complessivo: La Corte ha specificato che, per negare l’affidamento in prova, è sufficiente anche una sola ragione, purché plausibile, che faccia ritenere scarsa la probabilità di successo dell’esperimento. Nel caso di specie, il Tribunale non si è limitato a considerare l’assenza di lavoro come un ostacolo assoluto, ma l’ha inserita in un quadro più ampio che includeva anche il carico pendente. L’insieme di questi elementi ha legittimamente fondato un giudizio prognostico negativo.
3. Irrilevanza di Nuova Documentazione: La Cassazione ha inoltre precisato che la documentazione prodotta dalla difesa in sede di legittimità, volta a dimostrare la volontà di avviare un’attività lavorativa, non poteva essere esaminata, in quanto materia per una nuova eventuale istanza al giudice di merito.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un caposaldo del diritto dell’esecuzione penale: la valutazione del giudice di sorveglianza sulla concessione delle misure alternative è ampiamente discrezionale e si basa su un giudizio prognostico complessivo della personalità del condannato. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare che il percorso logico-giuridico seguito sia corretto e privo di vizi manifesti. Pertanto, anche in presenza di fattori positivi come l’età avanzata, elementi di rischio specifici, come un carico pendente, possono legittimamente condurre al diniego dell’affidamento in prova se il giudice li ritiene indicativi di una persistente pericolosità sociale.

L’assenza di un’attività lavorativa impedisce sempre la concessione dell’affidamento in prova?
No, la sentenza chiarisce che l’attività lavorativa non è un requisito indispensabile per la concessione della misura, potendo essere surrogata da attività socialmente utili o di volontariato. Tuttavia, la sua assenza è un elemento che il giudice può legittimamente considerare nel formulare il suo giudizio prognostico complessivo sul rischio di recidiva.

Un singolo carico pendente è sufficiente per negare l’affidamento in prova?
Sì, un carico pendente, specialmente se valutato unitamente ad altri fattori come la mancanza di una stabile occupazione, può essere considerato dal giudice un elemento di rischio idoneo a fondare un giudizio di pericolosità sociale e, di conseguenza, a negare la misura alternativa, rientrando ciò nella sua valutazione discrezionale.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice di sorveglianza sulla pericolosità sociale?
No, se il ricorso si limita a contestare la valutazione dei fatti già operata dal giudice di merito (ricorso “confutativo”). La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della decisione è manifestamente illogica, contraddittoria o viola specifiche norme di legge, ma non può sostituire il proprio giudizio a quello del tribunale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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