Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20040 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20040 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/07/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto che il ricorso venga dichiarat inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19 luglio 2023, il Tribunale di sorveglianza di Catania ha rigettato le istanze di affidamento in prova, detenzione domiciliare e semilibertà proposte da NOME COGNOME in ragione della ritenuta inidoneità delle misure alternative a contenere la pericolosità del richiedente, desunta dalla condanna per il delitto di evasione, commesso nel 2020, da quelle inflittegli per il reato ex art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, dai procedimenti penali in corso e, infine, dall’essere stato egli «rapportato» (sic) in data 27 aprile 2023.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Con il primo, deduce la violazione degli artt. 4-bis e 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, ed il vizio della motivazione, per avere il Tribunale di sorveglianza rigettato, da un canto, l’istanza di affidamento in prova in ragione della mancata ammissione di responsabilità da parte del condannato ed espresso, dall’altro, un giudizio contrastante con quello formulato dall’esperto criminologo in ordine alla persistenza del pericolo di recidiva.
Con il secondo motivo, lamenta la violazione degli artt. 666, comma 5, 678, comma 2, cod. proc. pen., 185 disp. att. cod. proc. pen., 47 e 13 legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché il vizio della motivazione, per avere il Tribunale di sorveglianza omesso di acquisire la relazione di sintesi, già richiesta all’udienza del 17 maggio 2023, e di prendere in considerazione le relazioni dello psicologo e dello psicoterapeuta.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile, posto che il secondo motivo non allega alcun elemento a supporto della omessa acquisizione della relazione di sintesi, mentre il primo si risolve in una non consentita sollecitazione a sindacare le ragioni che hanno indotto il Tribunale a negare l’applicazione delle misure alternative in forza di un percorso argomentativo che, in realtà, appare logico e non contraddittorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che devolve il solo tema costituito dalla legittimità del diniego dell’affidamento in prova al servizio sociale, è fondato.
È pacifico che, ai fini della concessione della misura, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena
in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174 – 01; Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01).
Invero, una delle condizioni fondamentali per la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale è che sia stato positivamente avviato il processo di revisione critica dei disvalori che hanno determinato la condotta deviante (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caroso, Rv. 189375 01).
La predetta valutazione non può prescindere dalla ricognizione degli elementi di giudizio, che si traggono, innanzitutto, dalle relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del condannato.
Il giudice, pur non essendo vincolato alle considerazioni ivi espresse, deve, comunque, apprezzare le riferite informazioni, parametrandone la rilevanza ai fini della decisione alle istanze rieducative sottostanti la misura e ai profili di pericolosità residua dell’interessato (cfr. Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Arzu, Rv. 270016 – 01).
Il Tribunale di sorveglianza, pertanto, deve tener conto dell’esame effettuato dagli organi dell’osservazione, fermo restando che, nella sua autonomia valutativa, può giustificare la decisione reiettiva sulla base di una diversa valutazione degli elementi esaminati dall’equipe o sulla base di elementi diversi, da questa non valutati.
Ciò premesso, il ricorso è fondato con riguardo al secondo motivo, mentre il primo è inconferente rispetto alla motivazione del provvedimento impugnato, che non ha affatto valutato il processo di revisione critica del detenuto.
In ciò risiede l’illegittimità del provvedimento, censurata con il secondo motivo. Sebbene dagli atti, che la Corte può esaminare, quale giudice del “fatto” processuale (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, COGNOME e altri, Rv. 220092), risulti l’esistenza della relazione dell’équipe di osservazione (pervenuta al Tribunale di sorveglianza il 19 luglio 2023), che, secondo il ricorrente, non sarebbe stata acquisita, è certa la mancanza di una motivazione sul suo contenuto, così come sulle ulteriori relazioni in atti.
Invero, il giudice a quo si è limitato a dare conto del curriculum criminale del condannato, senza valutare la condotta da lui tenuta sin dall’ingresso in carcere, al di là di un ambiguo riferimento ad un imprecisato «rapporto».
Ciò, evidentemente, non basta a ritenere che siano stati verificati lo stadio del percorso trattamentale del detenuto e la sua concreta pericolosità.
Né, va opportunamente aggiunto, il riferimento alle pregresse manifestazioni antisociali di COGNOME, alla tenuità delle prescrizioni connesse alla misura alternativa invocata ed alla sfera di autonomia che essa garantisce a chi ne fruisce vale a supportare – in assenza di concrete informazioni in ordine alla più recente evoluzione della sua personalità, per come apprezzate in costanze di detenzione – la formulata prognosi negativa in ordine alla possibilità di sperimentare con successo l’esecuzione della pena in forma alternativa.
Pertinente si palesa, dunque, il richiamo all’indirizzo ermeneutico che esclude l’obbligo, per il Tribunale di sorveglianza, di acquisire di ufficio l relazione sull’osservazione del condannato condotta in istituto nei soli casi – cui quello in esame non è, per le ragioni testé esposte, assimilabile – in cui detta acquisizione risulti superflua in quanto l’osservazione non riguardi un lasso di tempo consistente e il corredo di risultanze documentali in atti sia già di tale evidenza dimostrativa nell’attestare l’inidoneità della misura richiesta per l’accertata pericolosità del condannato, da non richiedere ulteriori approfondimenti (in questo senso, cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 8319 del 30/11/2015, dep. 2016, Padovani, Rv. 266209 – 01).
Le precedenti considerazioni impongono, in conclusione, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Catania per un nuovo esame dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, libero nell’esito ma emendato dal vizio riscontrato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catania.
Così deciso il 26/01/2024.