Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32861 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32861 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VELLETRI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/05/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato l’istanza con cui NOME COGNOME aveva chiesto di essere ammesso alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena -determinata in anni 1 mesi 8 e giorni 18 di reclusione nel provvedimento di cumulo in data 17 giugno 2020 – inflittagli con più sentenze di condanna, tra l’altro, per i reati di detenzione illecita di stupefacenti, furto con strappo, rapina, commessi nel 2016.
Ha, invece, accolto la domanda, avanzata in via gradata, di concessione della misura della detenzione domiciliare.
A ragione della decisione ha osservato, che, alla luce della personalità negativa del condanNOME, desunta dai precedenti penali, nonché della documentazione prodotta in ordine all’attività lavorativa, estremamente confusa e
ambigua, non è possibile formulare una prognosi favorevole in ordine all’inesistenza del pericolo di recidiva e conseguentemente in ordine alla completa affidabilità esterna dell’interessato ma che, tuttavia, in relazione all’entità della pena da espiare e alla disponibilità di idoneo domicilio, è possibile applicare la misura, più contenitiva, della detenzione domiciliare.
Ricorre COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, articolando un unico motivo con cui denuncia violazione, inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 47 Ord. pen. nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Lamenta che l’apparato giustificativo della decisione di rigetto della domanda di affidamento in prova al servizio sociale non tiene conto dei presupposti indicati art. 47 Ord. pen. ed ha trascurato la documentazione prodotta dal ricorrente e le relazioni in atti, che dimostrano, in linea con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità analiticamente richiamata, una buona prospettiva risocializzante della misura alternativa più ampia.
L’ordinanza impugnata ha valorizzato esclusivamente i precedenti penali del ricorrente, nonostante siano datati; non ha, invece, preso in considerazione la sua situazione familiare. Risulta dagli atti di causa che COGNOME è, da tempo, stabilmente dedit o all’attività lavorativa necessaria al sostentamento della compagna e dei tre figli.
La definizione come ‘ambigua’ della documentazione prodotta dalla difesa sull’attività lavorativa è frutto di un esame superficiale.
Come risulta dagli atti prodotti all’udienza, allegati al ricorso ai fini della sua autosufficienza, sono stati indicati con precisione: la sede dell’attività lavorativa, l’inquadramento, il livello, la qualifica, le mansioni, la retribuzione mensile e il contratto nazionale di lavoro applicabile.
Erroneamente è stata attribuita valenza negativa alla presentazione della documentazione nell’imminenza dell’udienza nonostante la piena osservanza delle regole che disciplinano il procedimento di sorveglianza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale si deve avere esclusivamente riguardo ai risultati del trattamento individualizzato, verificando se gli elementi valutativi disponibili consentano di trarre un giudizio favorevole al reinserimento del
condanNOME nella società. Aspetto, quest’ultimo, che rappresenta l’obiettivo della misura alternativa, sicché lo svolgimento di un’attività lavorativa, lungi dal configurarsi come requisito indefettibile per l’accesso alla misura (Sez. 1, n. 1023 del 30/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274869; Sez. 1, n. 43390 del 22/09/2014, dep. 2014, COGNOME, Rv. 260723; Sez. 1, n. 26789 del 18/6/2009, COGNOME, Rv. 244735), assume rilevanza unicamente quale uno degli aspetti idonei a concorrere alla formazione del giudizio prognostico, ma non tale da rappresentare certamente une condizione ostativa, nel caso in cui detta attività non sia possibile, ad esempio, per ragioni di età o condizioni di salute (Sez. 1, n. 1092 del 1/3/1991, COGNOME, Rv. 186899) o possa essere su rrogata da un’attività socialmente utile, anche di tipo volontaristico (Sez. 1, n. 18939 del 26/02/2013, E. A., Rv. 256024).
2. Discostandosi dai richiamati principi, il Tribunale di sorveglianza, pur in presenza di una prognosi sulla pericolosità sociale del condanNOME non del tutto sfavorevole – in ragione della lontananza nel tempo dei reati oggetto delle condanne in esecuzio ne (commessi fino all’anno 2016) e correlativamente l’assenza di condanne o pendenze per gli anni successivi – e comunque ritenuta non ostativa alla concessione della detenzione domiciliare, ha ritenuto decisivo per il rigetto dell’istanza il tipo di attivi tà lavorativa nella disponibilità del condanNOME (non a tempo indetermiNOME) e l’incertezza sulle sue principali caratteristiche (sede di lavoro, busta paga, entità della retribuzione), che non sarebbero chiaramente evincibili dalla documentazione prodotta in limine litis.
Nell’economia complessiva del provvedimento la mancanza di un’attività lavorativa adeguata è stata, quindi, valutata impeditiva dell’ammissione del condanNOME all’affidamento in prova in modo automatico ed a prescindere dalla ricaduta sul buon esito della prova.
Così operando, il Tribunale non ha compiuto una reale e completa prognosi sull’utilità del trattamento alternativo nel caso concreto; essa, infatti, va sempre condotta ad ampio spettro onde verificare la positiva evoluzione della personalità del condanNOME , l’esistenza di un serio processo, già avviato, di revisione critica del passato delinquenziale e deve essere fondata su dati fattuali obiettivamente certi che non possono essere costituiti soltanto dalla tipologia e gravità del reato per cui è intervenuta condanna e dai precedenti penali, ma devono necessariamente comprendere la condotta serbata dopo la commissione del reato (Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S., Rv. 273985; Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, Rv. 277924, in motivazione, la Corte ha chiarito che rilevano, a tal fine, l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eve ntuale buona prospettiva di risocializzazione).
2.1. Nel formulare siffatto giudizio, parziale ed incompleto, l’ordinanza impugnata, per di più, è incorsa anche nel vizio motivazionale per travisamento segnalato dalla difesa.
Il Tribunale, infatti, ha valutato apoditticamente confusa ed ambigua la documentazione prodotta che, invece, ad un esame più attento contiene tutti i dati indicati come inesistenti: il contratto a tempo determiNOME è stato concluso con RETE HOME 24 ma la prestazione lavorativa può essere eseguita presso più sedi, tra cui quelle della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE; indicate nelle proroghe. Negli allegati al contratto sono puntualmente indicati l’orario di lavoro (40 ore settimanali), l’inqua dramento, il livello, la qualifica e le mansioni del lavoratore (ponteggiatore, operaio livello 1 secondo le previsioni del CCNL RAGIONE_SOCIALE), nonché l’entità della retribuzione mensile.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente al rigetto della richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso, in Roma 30 settembre 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME