Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28032 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28032 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOMENOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con l’ordinanza in preambolo, ha respinto l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), formulata da NOME COGNOME, in relazione alla pena residua di anni 2 mesi 5 giorni 20 di reclusione, relativa ad una condanna rumena, riconosciuta in Italia, per il reato di millantato credito.
A ragione della decisione il Tribunale ha valorizzato la mancanza di attività lavorativa ovvero di altre prospettive risocializzanti, nonché l’assenza di un domicilio, dal momento che in quello indicato nell’istanza di misura alternativa, il condannato non era stato reperito.
COGNOME propone ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, deducendo quale unico motivo di ricorso violazione di legge e vizio motivazionale in cui sarebbe incorso il Tribunale.
Osserva il ricorrente come, contrariamente a quanto dedotto dal Tribunale, la relazione dell’Uepe fosse del tutto esaustiva e completa e desse atto dell’attività di volontariato che il COGNOME intendeva intraprendere; ancora rileva il ricorrente come del tutto erroneamente il Tribunale avesse ritenuto che il COGNOME non fosse reperibile all’indirizzo di Roma, INDIRIZZO, indicato come domicilio ai fini della concessione della misura alternativa, dal momento che il ricorrente abita effettivamente lì in forza di un contratto di locazione (allegato al ricorso) e in quel luogo aveva sempre regolarmente ricevuto le notificazioni.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOMENOMECOGNOMENOME COGNOME, intervenuto con conclusioni scritte, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Appare utile premettere che, attraverso la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
In relazione alla peculiare finalità dell’affidamento, la giurisprudenza di questa Corte è uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione della misura,
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non possono, di per sé soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna e i precedenti penali, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (da ultimo, Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, M., Rv. 277924).
In particolare, è stato chiarito che, per il giudizio prognostico favorevole, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione deve costituire, unitamente ai precedenti (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062), alle pendenze e alle informazioni di Pubblica Sicurezza (Sez. 1, n. 1970 dell’11/3/1997, COGNOME, Rv. 207998), il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva (su questo specifico aspetto cfr. Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, Incarbone, Rv. 264602). Si è inoltre precisato che, fra gli indicatori utilmente apprezzabili in tale ottica, possono essere annoverati l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985). In ogni caso non può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924; Sez. 1, n. 773 del 3.12.2013, dep. 10/1/2014, Naretto, Rv. 258402).
Nel caso di specie appare fondata la censura difensiva che lamenta una lettura delle emergenze da parte del Tribunale, che non trova conferma negli atti acquisiti al procedimento.
Contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, appare infatti comprovata l’esistenza di un effettivo domicilio del condannato, in Roma, INDIRIZZO: oltre a rilevare come i contatti con l’UEPE si siano regolarmente instaurati proprio in relazione a detto domicilio, ove il funzionario dell’Ufficio ebbe a fare visita al COGNOME, l’istante ha altresì dedotto di avere allegato all’istanza di affidamento in prova il contratto di affitto regolarmente registrato relativo a detto domicilio, atto effettivamente presente in atti; nonché di avere ivi ricevuto la notifiche relative al procedimento di esecuzione.
Del pari, l’affermazione del Tribunale in ordine all’assenza di una comprovata attività lavorativa e di altre prospettive risocializzanti non trova conforto nel contenuto della relazione dell’UEPE, datata 02/10/2023, che, nel dare parere favorevole all’ammissione del COGNOME all’ampia misura alternativa, evidenzia una serie di elementi positivi, che non risultano essere stati adeguatamente valutati dal Tribunale. Sulla premessa che il COGNOME si trova in espiazione di pena relativamente ad una condanna subìta in Romania per fatti commessi nel 2012, nella relazione si da atto che il condannato, in Italia dal 2016, ha sempre lavorato nel settore edile; che attualmente collabora con una ditta edile rumena, che ha vari cantieri in Italia (come da documentazione prodotta); che il COGNOME si è dichiarato disponibile a svolgere un’attività di volontariato presso un’associazione per 4 ore settimanali aumentabili se necessario (come da dichiarazione dell’associazione prodotta in atti).
L’UEPE ha altresì dato atto che il NOME ha avuto un atteggiamento formalmente collaborativo, che è sempre stato puntuale agli incontri programmati, che ha assunto una posizione critica per le passate scelte, e che «il suo percorso risocializzante sembra essere oggi lontano da un comportamento e atteggiamento deviante».
L’ordinanza impugnata si appalesa pertanto manifestamente illogica e carente per avere respinto l’istanza di affidamento in prova sulla base di elementi che non trovano riscontro in atti, ovvero attraverso la pretermissione di ulteriori dati rilevanti e non analizzati.
GLYPH I precedenti rilievi impongono, in definitiva, l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma in vista di un nuovo giudizio che, libero nell’esito, sia scevro dai vizi riscontrati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso il 10/04/2024