Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7873 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 7873  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Catania il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Catania del 05/04/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Catania ha respinto l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il provvedimento del locale Magistrato di sorveglianza in data 15 giugno 2022, con il quale era stata respinta la domanda di affidamento in prova avanzata dal predetto e, nel contempo, era stata concessa la detenzione domiciliare con riferimento alla condanna inflitta dal Tribunale di Catania con sentenza 30 gennaio 2014.
In particolare, il Tribunale di sorveglianza ha integralmente confermato il provvedimento opposto condividendo le valutazioni svolte dal Magistrato di sorveglianza rispetto alla infondatezza della richiesta di ammissione alla più ampia delle misure alternative alla detenzione.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp att. cod. proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
In particolare il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) , violazione di legge e vizio di motivazione ed osserva che il Tribunale di sorveglianza non avrebbe tenuto conto del fatto che egli svolgeva attività lavorativa, che il reato per il quale era stato chiesto l’affidamento risaliva al 2012 e che non era stato chiesto un aggiornamento della relazione dell’UEPE.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato poiché la motivazione impugnata trascura elementi che invece dovevano indefettibilmente fare parte della valutazione complessiva rispetto alla domanda di affidamento in prova.
Al riguardo deve ricordarsi che attraverso la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa. I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di Sorveglianza per pervenire a
tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali (Sez. 1, 4 marzo 1999, Danieli, Rv. 213062) nelle pendenze processuali (Sez. 1, cit.) nelle informazioni di polizia (Sez. 1, 11/03/1997, Capiti, Rv.207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione in modo che in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra.
Certamente nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, devono essere valutati anche i procedimenti penali passati ed eventualmente pendenti a carico dell’interessato, al fine di pervenire ad una valutazione di fronteggiabilità della pericolosità sociale residua con gli strumenti dell’istituto indicato. Del resto, poiché non esiste una sorta di presunzione generale di affidabilità di ciascuno al servizio sociale, ma al contrario devono sussistere elementi positivi sulla base dei quali il giudice possa ragionevolmente “ritenere” che l’affidamento si riveli proficuo, appare evidente che – in relazione agli obbiettivi di rieducazione e di prevenzione propri dell’istitut – la reiezione dell’istanza di affidamento può considerarsi validamente motivata anche sulla sola base delle informazioni fornite dagli organi di polizia e dai servizi sociali, quando esse, lungi dal dimostrare elementi certi del genere anzidetto, pongano in luce, al contrario, la negativa personalità dell’istante (Sez. 1, 27.07.1992 n. 2762). In questo ambito, tuttavia, numerosi sono gli altri fattori da valutare per giungere al giudizio prognostico cui prima si è fatto cenno: l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti del passato, l’adesione alle ragioni più profonde di valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata ha fondato interamente il convincimento finale sulla gravità del reato commesso; tuttavia, non appare focalizzata la collocazione nel tempo di quel reato e, al contrario, si sottovalutano espressamente molti altri fattori; la motivazione censurata non prende in considerazione la opportunità lavorativa e neppure ha ritenuto necessario acquisire la relazione socio familiare del competente UEPE.
Su questi aspetti il Tribunale di Sorveglianza non ha appuntato la sua attenzione, mentre la motivazione avrebbe dovuto affrontare anche questi temi, ponendoli specialmente a raffronto con quelli valorizzati; in altri termini, l’ordinanza impugnata si è limitata apoditticamente a concludere che tutte le note
positive erano da ritenersi sub-valenti rispetto alla gravità del reato commesso, ma non ha dispiegato le argomentazioni in base alle quali detta conclusione si fondava, finendo per rendere monca la motivazione. Il provvedimento di rigetto è stato quindi fondato sul solo argomento della gravità del reato commesso, facendo di esso una considerazione assoluta e ponendolo da solo a sostegno della decisione, senza considerazione adeguata di diversi altri fattori riguardanti l’evoluzione della personalità del ricorrente, successiva alla consumazione della condotta sanzionata, e senza nemmeno acquisire la relazione aggiornata dell’ UEPE.
Al riguardo vanno ribaditi principi ormai consolidati, cui il Collegio aderisce, per cui in tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizi prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto e, quindi, dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n.773 del 3 dicembre 2013, Rv. 258402).
Pertanto il giudice, pur non potendo prescindere, nella valutazione dei presupposti per la concessione di una misura alternativa, dalla tipologia e gravità dei reati commessi, deve, però, avere soprattutto riguardo al comportamento e alla situazione del soggetto successivi ai fatti per cui è stata inflitta la condanna in esecuzione, onde verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e condizioni che rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa (Sez. 1, n. 31809 del 9 luglio 2009; Sez. 1, n. 1501 del 12 marzo 1998).
Ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale, perciò, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione costituisce il punto d partenza per l’analisi della personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta successivamente serbata dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali per valutare l’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e l’assenza di pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 31420 del 5 maggio 2015, Rv. 264602).
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Catania alla luce dei principi sopra illustrati.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente al diniego dell’affidamento in prova al servizio sociale con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di sorveglianza di Catania.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2023.