Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12481 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12481 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME NOME. COGNOME per l’annullamento con rinvio quanto alla mancata concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale e per l’inammissibilità nel resto del ricorso;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO che insiste per raccoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Brescia, con ordinanza in data 16/5/2023, ha disposto la detenzione domiciliare e ha rigettato l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale richiesto da NOME.
Il Tribunale di sorveglianza ha fondato il rigetto sulla base degli elementi contenuti nella nota redatta dai Carabinieri di Como dalla quale emergerebbe che l’interessato, che avrebbe un curriculum delinquenziale significativo in quanto risulterebbero precedenti di polizia, è stato anche destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare perché coinvolto in un’operazione antiterrorismo e che, inolre, nel certificato dei carichi pendenti figura una pendenza giudiziaria per un reato di
lesioni commesso nell’anno 2011. Ragioni queste per le quali il giudice ha ritenuto che l’unica misura alternativa applicabile sia la detenzione domiciliare senza l’autorizzazione a svolgere attività lavorativa.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione, anche con riferimento a travisamento della prova in quanto il Tribunale di sorveglianza non avrebbe tenuto nel dovuto conto gli elementi in concreto emersi e avrebbe fatto nella sostanza esclusivo riferimento a condotte e comportamenti antecedenti la condanna, senza considerare il comportamento tenuto successivamente. Del tutto ingiustificato e immotivato, infine, risulterebbe il rigetto dell’autorizzazione a svolgere attività lavorativa pure in regime di detenzione domiciliare.
In data 29 agosto 2023 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il AVV_NOTAIONOME COGNOME chiede l’annullamento con rinvio quanto alla mancata concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale e che il ricorso sia dichiarato inammissibile nel resto.
In data 13 novembre 2023 è pervenuta in cancelleria una memoria con la quale l’AVV_NOTAIO insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
In un unico articolato motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, anche con riferimento a travisamento della prova, rilevando che il Tribunale di sorveglianza non avrebbe tenuto nel dovuto conto gli elementi in concreto emersi e, nello specifico, che il procedimento pendente indicato nella nota dei Carabinieri si è concluso con l’assoluzione per il reato associativo con la formula per non aver commesso il fatto,, che i fatti oggetto dell’ordinanza cautelare citata sono quelli per i quali è stato processato per cui è in esecuzione l’attuale pena e, infine, che le ulteriori pendenze di polizia indicate non hanno avuto alcun seguito. Più in generale, poi, il giudice della sorveglianza avrebbe fatto nella sostanza esclusivo riferimento a condotte e comportamenti antecedenti la condanna e non avrebbe tenuto in considerazione il comportamento tenuto successivamente, tale da consentire una prognosi favorevole quanto al reinserimento sociale del condannato. Del tutto
ingiustificato e immotivato, infine, risulterebbe il rigetto dell’autorizzazione svolgere attività lavorativa pure in regime di detenzione darniciliare, attività di contro necessaria al reinserimento sociale e a mantenere la famiglia del condannato.
Le doglianze sono fondate.
2.1. Lo scopo della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale è quello di attuare una forma di esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa (da ultimo Sez. 1, n. 473667 del 15/9/2023, Taurino, n.m.; Sez. 1, n. 16541 del 10/12/2018, dep. 2019, Rv. 276185 – 01 in motivazione).
Il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto dal quale non si può prescindere, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, è costituito dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione.
Ai fini di una compiuta ed effettiva valutazione, tuttavia, è necessario tenere conto della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche e soprattutto la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (sempre, da ultimo, Sez. 1, n. 473667 del 15/9/2023, Taurino, n.nn.; Sez. 1, n. 46933 del 27/6/2023, Pena Colon, n.m.; Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278174; Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, Incarbone, Rv. 264602 – 01).
In tale prospettiva, pertanto, si è precisato che il Tribunale deve effettuare una valutazione complessiva che tenga conto di tutte le fonti di conoscenza che sono, da una parte, il reato commesso, i precedenti penali, le pendenze processuali e le informazioni di polizia e, dall’altra, la condotta carceraria e i risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, ciò per verificare la sussistenza di elementi positivi che facciano ragionevolmente ritenere la proficuità dell’affidamento, quali l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti passate, l’adesione ai valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante (ancora Sez. 1, n. 473667 del 15/9/2023, Taurino, n.m.; Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924).
Nel giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, quindi, non possono assumere decisivo rilievo, di per sé e da soli, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, d’altro canto, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 41821 del 7/6/2023, Ciucio, n.m.; Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924).
2.2. Nel caso di specie il giudice di sorveglianza, come evidenziato nelle conclusioni del procuratore generale, non si è attenuto ai principi indicati.
Nel provvedimento impugnato si fa esclusivamente riferimento al curriculum delinquenziale del ricorrente e alla nota redatta dai Carabinieri di Como, dalla quale risulterebbero dei precedenti di polizia e la pendenza di un processo.
La motivazione così formulata è carente.
Dalla stessa, infatti, risulta che il giudizio prognostico è stato effettuato senza che il giudice abbia tenuto in alcuna considerazione la condotta successiva al reato e attuale del ricorrente, senza confrontarsi con gli elementi positivi evidenziati dalla difesa e, anche, senza tenere conto che i precedenti di polizia citati sono risalenti nel tempo e che il processo “pendente’ si è concluso con l’assoluzione dell’imputato con la formula per non aver commesso il fatto.
Così operando, pertanto, il Tribunale di Sorveglianza ha omesso di verificare la consistenza degli elementi positivi evidenziati dalla documentazione in atti e, non confrontandoli con quelli negativi valorizzati, non ha motivato in ordine alle ragioni per cui questi ultimi avrebbero dovuto essere, in caso, ritenuti prevalenti.
2.3. Il ricorrente rileva anche che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe inesistente quanto al diniego dell’autorizzazione a svolgere attività lavorativa in regime di detenzione domiciliare.
Anche tale doglianza è fondata.
2.3.1. Diversamente da quanto indicato dal procuratore generale la questione è ammissibile.
I provvedimenti che contengono statuizioni relative alle modalità di esecuzione della detenzione domiciliare che incidono in termini sostanziali, non occasionali e contingenti, sul contenuto effettivo della misura, infatti, sono ricorribili per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell’art. 111 Cost. (Sez. 1, n. 15683 del 13/12/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 224015 – 01; cfr. anche Sez. U, n. 24 del 03/12/1996, dep. 1997, Lombardi, Rv. 206465 – 01 che, in tema di provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 284, terzo comma, cod. proc. pen. circa le modalità di attuazione degli arresti domiciliari relativamente alla
facoltà dell’indagato di allontanarsi dal luogo di custodia, ha ritenuto che questi siano impugnabili in quanto contribuiscono ad inasprire o ad attenuare il grado di afflittività della misura cautelare e devono pertanto essere ricompresi nella categoria dei provvedimenti sulla libertà personale).
2.3.2. I provvedimenti relativi all’autorizzazione del detenuto ammesso al regime di detenzione domiciliare a svolgere attività lavorativa, d’altro canto, devono essere motivati con riferimento alle condizioni economiche del condannato e devono dare conto degli elementi di prova forniti dall’interessato e degli accertamenti eventualmente svolti d’ufficio, non potendo essere tale autorizzazione concessa ovvero negata in assenza di adeguata e specifica giustificazione (Sez. 1, Sentenza n. 45581 del 23/11/2007, COGNOME, Rv. 238920 – 01)
2.3.3. Nel provvedimento impugnato la motivazione quanto al diniego dell’autorizzazione di svolgere attività lavorativa è inesistente. Tale non potendo essere, all’evidenza, il permesso concesso al punto n. 4) di uscire da casa “per provvedere alle indispensabili esigenze di vita dalle ore 10.00 alle ore 11.00”.
Per tutte le ragioni sopra esposte l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Brescia.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Brescia.
Così deciso in Roma il 28 novembre 2023.