Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35834 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35834 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha rigettato la richiesta, finalizzata ad ottenere la concessione della misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, presentata da NOME COGNOME, detenuto in espiazione della pena di anni quattro, mesi due e giorni nove di reclusione, riportata per i reati di rapina aggravata e detenzione illegale di armi, commessi nel 2021.
Ricorre per cassazione NOME AVV_NOTAIO, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo violazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., in riferimento all’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, per manifesta illogicità mancanza della motivazione.
L’ordinanza impugnata prende in considerazione esclusivamente la natura e la gravità dei fatti per i quali è stata irrogata la pena in esecuzione, senza valutare la condotta successivamente serbata dal condannato e, quindi, omettendo di considerare i plurimi indici positivi di revisione critica, emersi durante tale periodo di tempo. Trattasi di un soggetto che non annovera ulteriori carichi pendenti, che ha fruito, inoltre, degli arresti domiciliarí, fino al momento de passaggio in giudicato della sentenza di condanna a suo carico e che ha sempre tenuto una irreprensibile condotta, tanto da essere ammesso a fruire della liberazione anticipata.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, essendo questo volto esclusivamente a provocare una rivalutazione in fatto. L’ordinanza, per contro, ha ritenuto – in base all’osservazione della personalità e in forza di ulterior acquisizioni – la impossibilità di formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale del condannato.
Il provvedimento, sebbene in maniera implicita, evidenzia anche l’elevato grado di pericolosità sociale del detenuto, dimostrata dalla natura dei reati in espiazione, non mancando di valutare adeguatamente le informazioni negative sotto il profilo socio-familiare, nonché considerando anche la recente violazione disciplinare commessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Va ricordato come l’affidamento in prova al servizio sociale postuli che, attraverso la partecipazione all’opera di rieducazione, sia positivamente avviato quel processo di revisione critica dei disvalori che hanno determinato la condotta deviante; inoltre, la concessione della misura richiede il giudizio, ulteriore, d idoneità della stessa al raggiungimento della completa emenda, in base al livello dei progressi compiuti nel trattamento. Rientra nella discrezionalità del giudice di merito – e non è censurabile in sede di legittimità, laddove risulti sorretto da motivazione adeguata, nonché rispondente ai canoni della logica – il giudizio circa l’idoneità, rispetto al raggiungimento di tale risultato finale, delle varie misu alternative (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, COGNOME, Rv. 189375).
Le fonti di valutazione e conoscenza, che il Tribunale di sorveglianza è chiamato a valutare in tale percorso, sono sia il reato commesso, sia i precedenti penali, le pendenze processuali e le informazioni di polizia, nonché la condotta tenuta in ambiente carcerario e i risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione. Ulteriori elementi di valenza favorevole, che sono parimenti da prendere in considerazione, sono l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti passate, l’adesione ai valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante. La complessiva valutazione deve tendere a verificare la sussistenza di elementi di positiva valenza, che facciano ragionevolmente ritenere la proficuità dell’affidamento (Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, M., Rv. 277924).
Nell’ambito di tale giudizio, non configura una ragione ostativa la mancata ammissione degli addebiti; occorre, invece, valutare se il condannato abbia accettato la sentenza e la sanzione inflittagli, in quanto ciò che assume rilievo è l’evoluzione della personalità, successivamente al fatto, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 10586 del 08/02/2019, Catalano, Rv. 274993).
Ne consegue che il diniego dell’affidamento in prova al servizio sociale è da ritenere adeguatamente motivato anche quando, nell’ambito di un giudizio prognostico che – per sua stessa natura – non può che essere largamente discrezionale, venga indicata una sola ragione, purché plausibile, atta a far propendere per la scarsa probabilità di successo dell’esperimento, in relazione alle specifiche finalità dell’istituto, che sono rappresentate dalla rieducazione del reo e dalla prevenzione del pericolo che egli commetta ulteriori reati (in tal senso, si veda Sez. 1, n. 19637 del 10/01/2017, Cocomazzi, n.m.).
Nella concreta fattispecie, il giudice a quo, nel respingere l’istanza volta all’ottenimento della invocata misura alternativa dell’affidamento in prova, ha
fondato sostanzialmente il proprio convincimento soltanto sul curriculum criminale – ritenuto di particolare valenza negativa – dell’odierno ricorrente. Nulla è detto, però, né con riferimento alla deduzione difensiva incentrata sulla corretta condotta serbata dal soggetto, successivamente ai fatti, né in ordine all’esistenza di un suo positivo percorso di reinserimento e recupero ai valori della legalità.
3.1. Circa il profilo della attualità della pericolosità, inoltre, non risult segnalati, nell’incarto processuale, “precedenti di polizia”, né viene evidenziata la presenza di carichi pendenti. Quanto alla condotta inframuraria, viene effettivamente richiamata una recente infrazione disciplinare, dandosi anche atto delle conclusioni raggiunte dalla nota di sintesi, che ha escluso la praticabilità di ipotesi di prosecuzione della detenzione di natura non carceraria.
3.2. Coglie poi nel segno la doglianza difensiva, laddove censura la sussistenza di una forma di contraddittorietà, nell’apparato argomentativo adottato dal Tribunale di sorveglianza.
E infatti, viene anzitutto dato atto della assunzione di responsabilità per i fatti commessi, da parte del condannato, il quale riconnette tali azioni antigiuridiche a cause di natura personale e socio-familiare (segnatamente, individua la scaturigine del proprio discontrollo comportamentale nella mancanza di una figura paterna, oltre che nella natura problematica del contesto ambientale di provenienza); da ciò, però, si trae incongruamente la conclusione della sussistenza di una assoluta carenza di revisione critica e della non ancora raggiunta maturazione della dovuta consapevolezza, circa i valori ai quali è improntata la vita in comunità. Trattasi di una conclusione, evidentemente, distonica rispetto alla premessa, che era invece posizionata sulla falsariga della avvenuta assunzione delle proprie responsabilità, da parte del soggetto, il quale i si era poi addentrato in spiegazione:di carattere personologico e socio-ambientale, senza però sostanzialmente negare il concreto disvalore delle proprie condotte.
3.3. Il Tribunale di sorveglianza, insomma, stima prematura una misura ad ampio raggio come l’affidamento in prova al servizio sociale; tale valutazione è però semplicemente affermata in maniera apodittica, senza che venga delineato un concreto substrato contenutistico e senza che l’asserzione vada a saldarsi a elementi concretamente apprezzabili.
Non è chiarito, in effetti, da quali elementi sintomatici possa evincersi la sussistenza, con il carattere della attualità, di detto pericolo.
3.4. A tanto si aggiunga l’esistenza di una concreta prospettiva risocializzante, rappresentata dall’impegno all’assunzione del detenuto con contratto a tempo indeterminato, formulato dal gestore di un distributore di carburante. Anche con tale dato, in realtà, il Tribunale di sorveglianza manca di
instaurare un dialogo effettivo, finendo in pratica per incentrare la propria attenzione solo sulla caratura criminale dei fatti in espiazione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro.
Così deciso in Roma, il 02 luglio 2024.