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Affidamento in prova: valutazione completa del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava l’affidamento in prova basandosi esclusivamente sui precedenti penali del condannato. La Corte ha stabilito che per decidere su una misura alternativa, il giudice deve compiere una valutazione completa e bilanciata, considerando anche elementi attuali e positivi come la condotta di vita, l’attività lavorativa e le relazioni positive dei servizi sociali, non potendo limitarsi a una visione parziale incentrata solo sul passato.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: La Cassazione Chiarisce i Criteri di Valutazione

L’istituto dell’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento per favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del Tribunale di Sorveglianza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha annullato la decisione di un Tribunale che aveva negato tale beneficio, fornendo importanti chiarimenti sui criteri che devono guidare il giudizio prognostico del magistrato.

I Fatti del Caso

Un uomo, condannato per furto aggravato, aveva richiesto di poter scontare la sua pena tramite l’affidamento in prova al servizio sociale. Il Tribunale di Sorveglianza, però, respingeva la sua richiesta, concedendogli unicamente la misura della detenzione domiciliare. La decisione del Tribunale si basava su una serie di elementi negativi: i numerosi precedenti penali, la pendenza di un procedimento per un fatto risalente al 2017 e un episodio di evasione commesso durante una precedente detenzione domiciliare. Secondo i giudici, questi fattori indicavano una pericolosità sociale residua che solo la detenzione domiciliare poteva contenere.

Il Ricorso e i Motivi della Difesa

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione. La difesa sosteneva che il Tribunale avesse operato una valutazione parziale e incompleta, omettendo di considerare elementi positivi cruciali. In particolare, il ricorrente evidenziava la sua attuale e positiva condotta di vita, il fatto che svolgesse una regolare attività lavorativa come autista di mezzi pesanti e che l’accusa di evasione si fosse in realtà conclusa con un’assoluzione con formula piena. Secondo la difesa, il Tribunale si era soffermato solo su precedenti penali ormai datati, ignorando il percorso di reinserimento sociale già intrapreso e il concreto rischio che il diniego dell’affidamento gli facesse perdere il lavoro.

Le Motivazioni della Cassazione: la valutazione completa per l’affidamento in prova

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. Il cuore della decisione risiede nella critica mossa alla motivazione del Tribunale, giudicata monca e apodittica. I giudici supremi hanno ribadito che il giudizio per la concessione dell’affidamento in prova non può limitarsi a una mera elencazione dei precedenti penali.

La valutazione deve essere, al contrario, globale e attuale. Il Tribunale, secondo la Cassazione, ha commesso un errore nel fondare il proprio convincimento unicamente sugli aspetti negativi del passato del ricorrente, sottovalutando o ignorando del tutto elementi di segno opposto e di fondamentale importanza, quali:

* La situazione socio-familiare attuale.
* Lo svolgimento di una stabile attività lavorativa.
* L’assoluzione dall’accusa di evasione.
* Una relazione positiva dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) che si era espressa a favore della concessione della misura.

La Corte ha sottolineato come la natura e la gravità dei reati commessi siano solo il punto di partenza dell’analisi sulla personalità del soggetto. Tale analisi deve necessariamente includere la condotta successiva, i comportamenti attuali e tutti quegli elementi che possono indicare l’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e l’assenza di un pericolo di recidiva.

Conclusioni: cosa insegna questa sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio cardine nell’esecuzione della pena: la valutazione per la concessione di una misura alternativa deve essere onnicomprensiva e non può prescindere da un’analisi della situazione attuale del condannato. Un provvedimento di diniego non può fondarsi unicamente sulla gravità dei reati passati, ma deve confrontarsi con tutti gli elementi disponibili, specialmente quelli che testimoniano un’evoluzione positiva della personalità e un percorso di reinserimento sociale in atto. Ignorare una relazione favorevole dell’UEPE, un’attività lavorativa stabile o l’assenza di nuove pendenze rende la motivazione del giudice incompleta e, come in questo caso, censurabile in sede di legittimità.

È sufficiente basarsi solo sui precedenti penali di un condannato per negare l’affidamento in prova?
No. Secondo la sentenza, una valutazione basata esclusivamente sui precedenti penali è incompleta e non valida. Il giudice deve considerare tutti gli aspetti della personalità del soggetto, inclusi quelli attuali e positivi.

Quali elementi positivi deve considerare il giudice nella sua valutazione?
Il giudice deve tenere in considerazione la condotta di vita attuale del condannato, la sua situazione socio-familiare, lo svolgimento di un’attività lavorativa, l’assenza di nuove pendenze giudiziarie e le conclusioni delle relazioni dei servizi sociali (come l’UEPE).

Che peso ha una relazione dell’UEPE che suggerisce la concessione dell’affidamento in prova?
Una relazione positiva dell’UEPE ha un peso significativo. La sentenza evidenzia che il Tribunale di Sorveglianza ha errato nel non prendere in considerazione tale relazione, che si era conclusa favorevolmente alla concessione della misura. Ignorarla senza una valida e contraria argomentazione costituisce un vizio di motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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