Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5043 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5043 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata in Romania il 15/02/1980;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Milano del 16/10/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto la richiesta di affidamento in prova avanzata nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento alla condanna per rapina pluriaggravata e lesioni inflittale dal Tribunale di Parma con sentenza pronunciata il giorno 17 gennaio 2018 e, nel contempo, ha dichiarato inammissibile quella di detenzione domiciliare, ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1-bis, Ord. pen., per l’entità della pena residua superiore ad anni due.
In particolare, con riferimento alla richiesta di affidamento in prova, il Tribunale di sorveglianza ha osservato che la condannata è priva di stabili e verificabili punti di riferimento in Italia, che si è resa irreperibile per molto tempo e che, a suo carico risulta un processo (sospeso per la sua assenza) per associazione per delinquere, due rapine e quattro furti.
Sulla base di tali elementi e dell’entità della pena residua, pertanto, si è ritenuto sussistente il pericolo di fuga con la conseguente reiezione della istanza ex art. 47 Ord. pen.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. at cod. proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
La ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), violazione di legge con riferimento all’art. 47 I. 354/75 ed il vizio di motivazione osservando che l’affidamento è stato negato dal Tribunale di sorveglianza (nonostante la specifica richiesta di rinvio avanzata dalla difesa) senza l’acquisizione (e la valutazione) della relazione di sintesi redatta dal gruppo di osservazione, pervenuta dopo la chiusura del verbale di udienza. Nell’impugnazione viene evidenziato che la citata relazione aveva concluso in senso favorevole alla concessione della più ampia fra le misure alternative alla detenzione, ma che di essa manca alcun riferimento nel provvedimento impugnato.
Inoltre, la condannata contesta la ritenuta mancanza di validi e stabili riferimenti alla luce della opportunità lavorativa ed abitativa la cui effettività è accertata anche dalle forze di polizia; infine, osserva che erroneamente è stato
desunto il pericolo di fuga dalla esistenza del giudizio sospeso a causa della sua irreperibilità deducendo che per esso non ha ricevuto alcuna notifica a norma dell’art. 420-quater del codice di rito e che, comunque, il suo stato di detenzione è precedente alla declaratoria di assenza con la conseguente illegittimità della stessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
2. Come è noto l’affidamento in prova è una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa. I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di Sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali (Sez. 1, 4.3.1999, COGNOME, Rv 213062) nelle pendenze processuali (Sez. 1, cit.) nelle informazioni di polizia (Sez. 1, 11.3.1997, Capiti, Rv.207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine sociofamiliare operata dalle strutture di osservazione in modo che in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra. Certamente nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, devono essere valutati anche i procedimenti penali passati ed eventualmente pendenti a carico dell’interessato, al fine di pervenire ad una valutazione di fronteggiabilità della pericolosità sociale residua con gli strumenti dell’istituto indicato. Del resto, poiché non esiste una sorta di presunzione generale di affidabilità di ciascuno al servizio sociale, ma al contrario devono sussistere elementi positivi sulla base dei quali il giudice possa ragionevolmente “ritenere” che l’affidamento si riveli proficuo, appare evidente che – in relazione agli obbiettivi di rieducazione e di prevenzione propri dell’istituto – la reiezione dell’istanza di affidamento può considerarsi validamente motivata anche sulla sola base delle informazioni fornite dagli organi di polizia e dai servizi sociali, quando esse, lungi dal dimostrare elementi certi del genere anzidetto, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
pongano in luce, al contrario, la negativa personalità dell’istante (Sez. 1, 27.07.1992 n. 2762). In questo ambito, tuttavia, numerosi sono gli altri fattori da valutare per giungere al giudizio prognostico cui prima si è fatto cenno: l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti del passato, l’adesione alle ragioni più profonde di valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante.
2.1. Orbene, nel caso in esame (come risulta dal verbale di udienza che questa Corte è autorizzata a compulsare in ragione del vizio lamentato), la relazione del gruppo di osservazione del carcere ove si trova ristretta la ricorrente è pervenuta dopo la chiusura del verbale; tale relazione era stata chiesta dallo stesso Tribunale di sorveglianza e il difensore della detenuta, nella udienza in camera di consiglio, aveva chiesto un rinvio per acquisirla.
2.2. Pertanto, il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto disporre un rinvio per l’acquisizione della relazione di sintesi per poi valutarla, nell’ambito dei propri poteri discrezionali, ai fini della decisione sulla richiesta di affidamento in prova. La motivazione del provvedimento impugnato ha valorizzato in particolare – per respingere la richiesta di misure alternative – soprattutto i pregressi comportamenti della detenuta, ma ha omesso di considerare i comportamenti serbati nel corso della carcerazione, sia pure al solo fine di ritenerli recessivi rispetto agli altri elementi di valutazione in suo possesso.
2.3. A quanto sopra deve aggiungersi che il difensore della condannata aveva dedotto – con riferimento alla sospensione del processo per irreperibilità disposta dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Varese con ordinanza in data 15 novembre 2013 – la circostanza che la attuale detenzione di NOME COGNOME è antecedente alla data di detto provvedimento; orbene, rispetto a tale profilo il Tribunale di sorveglianza non risulta avere dato alcuna risposta sebbene l’elemento della pregressa irreperibilità abbia rivestito un decisivo rilievo per respingere la richiesta di affidamento in prova.
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Milano per nuovo giudizio, affinché – in piena autonomia decisionale – provveda a colmare le lacune motivazionali sopra rilevate.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Milano.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2025.